La famiglia si difende. La risposta a Riccardo Di Segni.
Gadi Luzzatto Voghera
La discussione accesa attorno all’opportunità o meno di lamentare una perdita di identità ebraica come una delle conseguenze del Risorgimento in Italia rischia di prendere una piega personale che non fa giustizia delle questioni messe sul tavolo dall’intervento di David Bidussa. Purtroppo, l’insistere sull’assenza di identità non costituisce di per sé un’affermazione dell’identità stessa: magari la “cura” potesse essere solo questa.Quando Dante Lattes scriveva – certamente con passione – a proposito della perdita di conoscenze e di coscienza dell’ebraismo diasporico, non aveva in mente neppure il vocabolo “identità”, che è patrimonio della sociologia contemporanea. Il suo era un disegno culturale alto, fatto di apertura e confronto in una prospettiva nazionale dichiarata (il sionismo spirituale alla Achad Ha’am) in cui ebrei secolari e religiosi si confrontavano costruendo una nuova pagina di ebraismo e affermandone la modernità.
“E’ il problema dell’individuo – scriveva Lattes – è quell’interiore dissidio e laceramento che tormenta gli ebrei moderni, abbeveratisi alla cultura del mondo europeo eppur ansiosi di risolvere in sé il loro essere ebraico innegabile. E’ la posizione dell’individuo di fronte al passato, di fronte alla gloria del suo popolo, in sostanza di fronte a sé medesimo. Ma c’è anche il problema dell’ebraismo nei rispetti degli altri popoli e dell’umanità; si tratta cioè di vedere ciò che in questo popolo vi ha di eterno e di singolare; quale forma fondamentale della vita umana si sia effettuata nell’ebraismo più fortemente che in qualsiasi altro popolo; per qual fine l’umanità ebbe bisogno ed ha ancora bisogno di questa gente. Son cose che non riguardano più l’individuo singolo né gli interessi speciali di una data collettività, ma son cose che riguardano l’umanità intera”.
Il ragionamento su cui si è invece accesa la discussione mi sembra volto a criticare forme insistite di richiamo a identità perdute non ben definite, che rischiano di trovarsi accanto, nella povera Italia che abbiamo la ventura di vivere, all’invenzione dei ‘padani’ delle valli bergamasche.
E in questo caso non sembra molto appropriato il richiamo al lavoro di Dante Lattes (mio bisnonno, affettuosamente chiamato il ‘nonno barba’), il quale nei circoli della ‘pro-cultura ebraica’ predicava negli anni ’10 e ’20 del ‘900 la rinascita di una coscienza ebraica nelle comunità italiane.
Dalla Newsletter L’Unione Informa