Marco De Martino – 20/10/2006
Il comico inglese Sacha Baron Cohen, in «Borat», storia di un giornalista kazaco in giro per l’America alla ricerca di Pamela Anderson. Chi è il comico inglese che, nei panni di un giornalista, va offendendo femministe, gay, ebrei. Ha creato una crisi diplomatica tra Usa e Kazakistan. E sbeffeggia il presidente. Il suo film Borat debutta al Festival capitolino.
Gira l’America in un camioncino dei gelati alla ricerca di Pamela Anderson, che vuole sposare dopo avere fatto «una esplosione di amore cosmico sul suo seno». Si stupisce che i gay americani non indossino un cappellino blu come quello che devono mettersi in Kazakistan, il paese che lo ha mandato in missione a esplorare gli Stati Uniti.
Agli americani il giornalista Borat Sagdiyev spiega di avere rapporti incestuosi con sua sorella, che è la quarta prostituta del paese e che, quando festeggiano, i kazachi rincorrono gli ebrei come gli spagnoli fanno con i tori a Pamplona.
Grande collezionista di sperma equino, Borat è anche sorpreso dal fatto che gli americani non caccino più i pellerossa, e quando visita le piantagioni di cotone del Sud chiede dove vengono tenuti gli schiavi neri.
Alle donne che incontra chiede sempre: «Quanto?». E a un gruppo di femministe domanda se non è un problema che le donne abbiano il cervello più piccolo di quello dei maschi. Poi spiega: «In Kazakistan funziona così: Dio, uomo, cavallo, cane, e solo poi donna e topo».
È quasi impossibile riuscire con un solo film a offendere le donne, gli ebrei e i gay. E poi a provocare una crisi diplomatica tra il governo degli Stati Uniti e la repubblica del Kazakistan prima e tra kazachi e uzbechi poi.
Eppure, l’impresa è riuscita a Sacha Baron Cohen, il comico inglese il cui film Borat debutta al Festival di Roma prima di uscire, il 3 novembre, in tutto il mondo portandosi già l’etichetta di un classico del cinema, quello che con una risata ha seppellito una volta per tutte la correttezza politica.
E non è un caso che a riuscirci sia stato proprio un ebreo ortodosso che all’inizio della sua carriera si esibiva nel Violinista sul tetto, musical di culto della cultura ebraica.
Sacha Baron Cohen, 34 anni, si è anche laureato a Cambridge con una tesi sul ruolo degli ebrei nell’era dei diritti civili americani. Il primo personaggio a renderlo celebre in tv in Gran Bretagna è stato il rapper Ali G, sintesi di tutti gli stereotipi della cultura hip hop nera, capace di non abbandonare il linguaggio del ghetto neppure per intervistare i deputati del parlamento inglese.
Poi è stato il turno di Bruno, un giornalista austriaco di moda che lavora per la Gay tv e non concepisce che qualcuno sia eterosessuale.
Il suo personaggio di maggiore successo, Borat, è nato per caso: «Se ricordo bene abbiamo deciso che Borat fosse del Kazakistan senza sapere bene cosa fosse» ricorda Andrew Newman, che produsse i primi show di Cohen e ora guida la programmazione degli spettacoli di Channel 4 in Gran Bretagna. «Sembrava un posto lontano, e pensavamo che non sarebbe stato facile controllare l’accuratezza di quel che dicevamo».
Mai previsione si rivelò più sbagliata. Per rispondere all’attacco portato da Borat all’immagine del Kazakistan il governo ha deciso di investire 40 milioni di dollari nella produzione del kolossal Nomad, storia del guerriero Mansur e della sua guerra contro gli invasori mongoli.
In occasione della sua visita a Washington poi il presidente Nursultan Nazarbayev ha fatto acquistare quattro pagine di pubblicità sul New York Times per raccontare agli americani il vero Kazakistan.
Ma tutti i suoi tentativi di recupero si sono infranti contro la guerriglia mediatica di Cohen, che il giorno della visita si è presentato vestito da Borat al cancello della Casa Bianca con un invito al cinema per il «potente signore della guerra» George Walker Bush. Poco prima Borat aveva tenuto una conferenza stampa davanti all’ambasciata del Kazakistan: «Dire che i kazachi trattano le donne alla pari degli uomini o tollerano la religione non è altro che una disgustosa bugia di quei diabolici idioti dell’Uzbekistan».
Per coinvolgere ignari americani nel film i produttori si presentavano come giornalisti della Bielorussia.
Un attimo prima dell’arrivo di Borat, nel momento di maggiore concitazione, veniva fatta firmare una liberatoria.
Ed è stato così che Bobby Rowe, organizzatore di rodei, ha capito solo all’ultimo di essere caduto in una trappola. A quel punto Borat aveva già impugnato il microfono per salutare così George W. Bush: «Che possa tu bere il sangue di ogni uomo, donna e bambino dell’Iraq».
Negli Stati Uniti, dove è diventato famoso per l’Ali G show, i teenager hanno già adottato il saluto kazaco di Borat: «Jagshemash!». Oltre a comparire in televisione, Cohen appare in Talladega nights accanto a Will Ferrell, il comico nato al Saturday night live.
Ormai residente a Los Angeles, Cohen vive con l’attrice australiana Isla Fisher. I due hanno già deciso di sposarsi, ma per ora sono stati costretti a rimandare la cerimonia. Per i troppi impegni e perché Fisher sta studiando per convertirsi all’ebraismo prima del matrimonio.
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