“Mi sono soffermato molto sulle parole di R. Yehudah e vi ho trovato una sapienza prodigiosa, ancora più grande di ciò che si sente dire di lui… Emana una grande luce, vedendo la quale gli occhi non reggono, per la forza della sua luminosità e splendore…” E’ quanto un illustre contemporaneo scrive di R. Yehudah ben Eli’ezer ha-Levi Mintz, che fu Rabbino di Padova per 47 anni. Quando visse esattamente? Sappiamo che aveva lasciato Magonza nel 1462, allorché gli Ebrei furono espulsi dalla città tedesca e morì ultracentenario nel 1508. Cinque giorni più tardi gli fu sepolto accanto R. Itzchak Abrabanel nel cimitero vecchio di Padova, detto Coda Longa. Lo stesso cimitero che l’anno successivo fu devastato per il Sacco di Padova. “Ma noi maggiorenti della Comunità – asserisce un testimone – abbiamo l’usanza di visitare le tombe di questi giusti ogni vigilia di Kippur affinché D. ricordi a nostro favore i loro meriti”. Il nome Mintz è certamente legato alla città di provenienza.
“Padre degli Ashkenaziti”, era allineato su posizioni anti-filosofiche, come se proprio l’attitudine degli Ebrei spagnoli alla filosofia avesse portato su di essi la cacciata del 1492. A questo proposito ebbe una controversia con R. Eliahu Del Medigo, finché questi due anni più tardi se ne tornò nella nativa Candia. Maestro di Pico della Mirandola, Del Medigo difendeva la filosofia nei confronti della religione, asserendo che lo studio della metafisica, sebbene pericoloso per le masse, è permesso per i dotti in quanto per suo tramite possono giungere a comprendere meglio la Causa Prima.
Tutti gli scritti di R. Yehudah furono distrutti nel Sacco di Padova. Solo sedici responsi furono riscoperti successivamente e pubblicati insieme a quelli del marito di sua nipote R. Meir Katznellenbogen (Venezia, 1553). Essi contengono molti dati interessanti sulla storia e i costumi del suo tempo. In alcuni di essi si schiera al fianco di donne povere e indifese. A proposito di una sposa la cui onorabilità era stata oggetto di calunnia conclude: “Quanti ignoranti abbiamo oggi i quali, privi di dignità propria, credono di farsi onore gettando discredito sugli altri? Ecco perché si moltiplicano i maldicenti!” In quest’ ottica va anche letto il Resp. n. 16 sui travestimenti con abiti del sesso opposto in occasione di Purim. R. Yehudah permette esplicitamente quest’uso, anche se comporta che un uomo si mascheri da donna e viceversa in contrasto con un chiaro divieto biblico. Secondo Rav Mintz la proibizione si applica infatti solo quando vi è la precisa intenzione di potersi nascondere fra gli uomini per adire a comportamenti licenziosi. Se invece lo si fa al solo scopo di incrementare l’allegria non costituisce problema.
Nel Resp. n. 11 R. Yehudah affronta il delicato problema dei marrani. Sotto il profilo del diritto matrimoniale dobbiamo considerare i loro atti come aventi valore ai sensi della Legge Ebraica, oppure no? Egli è di parere positivo. Benché essi si comportino all’apparenza esteriore come non ebrei, in segreto fanno in modo di celebrare matrimoni ebraici. Se pertanto tornano all’Ebraismo dichiarando di volersi risposare secondo il rito ebraico con un’altra persona occorre esigere regolare divorzio rabbinico dall’unione precedente, contratta dopo l’abiura. Il rigore nella procedura fa avvertire l’apertura nella sostanza.
Come lavorava? In calce a un responso R. Yehudah scrive: “mi sono prima consultato con il Bet Din e con coloro che con me studiano”. Rav Bonfil commenta che la Yeshivah di Padova, per certi aspetti parallela ad un istituto universitario, funzionava come un Sinedrio in miniatura, in cui i casi concreti venivano presentati agli studenti-colleghi e sottoposti al loro giudizio in sede di studio. Emergendo dal consenso di una comunità di studiosi esperti con la mediazione del Rosh Yeshivah, le decisioni assunte da questi avevano un peso particolare, “quasi come se fossero state emanate direttamente da D.”