Nel dodicesimo numero di Torat Chayim Rav M. E. Artom ha pubblicato un breve articolo dal titolo “Cinque anni dalla scomparsa di Umberto M. D. Cassuto – Ricordi di uno scolaro”. In questo breve testo Rav Artom “cerca di soffermarsi sulla figura del suo Maestro in quanto diffonditore della Torà nel popolo, in quanto modello di Ebraismo integrale, in quanto fedele figlio del popolo d’Israele, pieno di preoccupazioni per il suo avvenire spirituale”.
Rav Artom definisce Cassuto “un anello nell’illustre catena dei dotti ebrei d’Italia, che seppero fondere una profonda conoscenza della letteratura ebraica tradizionale con una rigorosa ricerca scientifica, una piena libertà di pensiero con la completa osservanza della tradizione; egli fu il frutto del XX sec. di quella stessa corrente di pensiero che fece sorgere nel secolo scorso uomini come I. S. Reggio … e come S. D. Luzzatto”. Recentemente alla figura di Cassuto è stato dedicato un numero monografico della Rassegna Mensile di Israel, curato da Angelo Piattelli e dal prof. Alexander Rofè, presentato il 2 ottobre scorso presso l’aula magna del Rettorato dell’Università di Firenze. Le registrazione del convegno è visualizzabile sul canale Youtube del Rabbinato di Milano. Il nome della raccolta, in due tomi, riprende un’espressione che Cassuto amava ripetere nel periodo in cui insegnava a Yerushalaim, “Maestro di Bibbia nel paese della Bibbia”. Il primo tomo raccoglie una serie di saggi, principalmente sulla biografia di Cassuto, mentre nel secondo tomo sono pubblicati una serie di scritti di Cassuto, alcuni dei quali mai tradotti prima in italiano, che necessariamente costituiscono solo un piccolo saggio degli interessi dell’autore, vista la vastità e la complessità dei suoi scritti. Nel primo volume si segnala il saggio di Angelo M. Piattelli, sugli anni della formazione di Cassuto e sulle sue polemiche con Alfonso Pacifici, altra personalità notevole dell’ebraismo fiorentino di inizio secolo. Molte volte negli ultimi decenni l’impostazione degli studi biblici di Cassuto è stata messa in discussione, definendola ad esempio “apologetica sub specie philologiae”, mentre spesse altre volte il suo apporto agli studi biblici è stato semplicemente ignorato.
Umberto Cassuto nasce a Firenze nel 1883. E’ figlio di Gustavo ed Ernesta Galletti. Inizia a frequentare il Collegio Rabbinico di Firenze nel 1899. Completa gli studi universitari a Firenze nel 1906. Viene ordinato rabbino del 1908. In quegli anni viene profondamente influenzato da Rav Margulies, ma con ogni probabilità l’insegnante che più lo ispirò nella prosecuzione dei suoi studi fu Tzvì Peretz Chajes. Fino al 1922 ricopre la carica di segretario e vicerabbino della comunità di Firenze. E’ uno dei grandi protagonisti della rinascita culturale della comunità fiorentina di inizio secolo. E’ molto attivo nell’associazionismo giovanile, interessandosi in modo particolare dell’organizzazione delle scuole ebraiche in Italia, sottolineando la necessità di pubblicare una nuova grammatica ebraica ed un nuovo dizionario ebraico-italiano. In un suo studio sull’argomento pubblicato in quegli anni Cassuto considera la possibilità di aprire le scuole ebraiche alla frequentazione di non ebrei. Con la morte di Rav Margulies nel 1922 Cassuto ne assume gli incarichi, sia come Rabbino della Comunità, sia come direttore della scuola rabbinica. Nel 1925 rinuncia all’incarico rabbinico, per divenire professore di lingua e letteratura ebraica all’università di Firenze. Nel 1933 accetta il medesimo incarico alla Sapienza di Roma. Negli anni romani, Cassuto catalogò i manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana. Con le leggi razziali del ’38 Cassuto lasciò l’Italia, accettando l’incarico presso l’università ebraica di Gerusalemme. La guerra lo colpì in modo significativo, per via della cattura e della deportazione del figlio Nathan, allora presidente della Comunità di Firenze. Morì nel 1951.
L’attività di Cassuto riguarda principalmente tre campi: la storia degli ebrei italiani, gli studi biblici, gli studi ugaritici. E. S. Artom ritiene che vi sia una divisione abbastanza netta fra la fase dedicata agli studi storici e quella degli studi biblici. Sino al 1931, dei 524 scritti che compongono la bibliografia di Cassuto, solo 28 riguardano la Bibbia. Questo non significa chiaramente che Cassuto non fosse già allora un fine e profondo conoscitore del Tanakh. Ne è testimone la sua Bibbia, “che egli portava sempre con sè, e nella quale soleva annotare, con quel suo carattere minutissimo e quasi a lui solo intelliggibile, ogni pensiero, ogni osservazione, ogni interpretazione che gli venisse in mente a proposito del testo biblico”. Artom attribuisce la reticenza di Cassuto ad affrontare gli studi biblici a considerazioni di ordine psicologico, legate in modo particolare al passaggio da uno studio di tipo tradizionale allo studio critico della Bibbia, che apprese da Hirsch Perez Chajes. Cassuto comprese che le interpretazioni dei grandi esegeti ebrei del medioevo non potevano soddisfare le esigenze dello studioso moderno, ma d’altro lato non si sentì di seguire i metodi più generalmente diffusi della critica biblica, né di accettarne le conclusioni.
All’inizio del secolo Cassuto inizia ad essere conosciuto in ambiente accademico per via di alcuni articoli, per lo più pubblicati sulla Rivista Israelitica. Alcuni di questi studi, come Dante e Manoello, hanno grande significato ancora oggi. In quegli anni Cassuto catalogò anche i manoscritti ed incunaboli ebraici di varie biblioteche fiorentine. Il suo principale lavoro in ambito storico, Gli ebrei a Firenze nell’età del rinascimento, vide la luce nel 1918. Quest’opera ottenne nel 1920 il premio dell’Accademia dei Lincei. Questo lavoro ancora oggi costituisce uno dei contributi fondamentali agli studi sulla storia degli ebrei italiani. E. S. Artom nella commemorazione pronunciata nell’aula magna dell’università di Firenze nel 1952 ricorda che Cassuto “per lunghi anni si dedicò ad esaminare testi italiani ed ebraici, a stampa e manoscritti, dispersi nelle varie biblioteche del mondo, documenti di archivio e testimonianze di varia natura”. L’opera venne definita dal prof. Dinaburg, allora ministro dell’istruzione nello stato di Israele “la migliore fra le monografie storiche sule varie comunità ebraiche che sia stata composta”. Le caratteristiche proprie del testo fanno in modo che “il lettore non sa se ammirare più il rigore scientifico o la bellezza e l’attrattiva della forma”. Fu autore di 319 lemmi dell’Encyclopaedia Judaica e di 127 voci su argomenti ebraici nell’Enciclopedia Italiana. Quelli sulla letteratura ebraica vennero riuniti nella Storia della letteratura ebraica postbiblica (1938). Altri ambiti di interesse importanti furono le iscrizioni ebraiche dell’Italia meridionale e i dialetti giudeo-italiani. Ma l’ambito che rese celebre Cassuto fu quello degli studi biblici. In questo campo si distinse principalmente per via della sua opposizione alla cosiddetta ipotesi documentaria, che lo condusse a formulare delle intuizioni che anticiparono il lavoro degli studiosi tedeschi e scandinavi negli anni ’30 e ’40. Cassuto riteneva infatti che il Pentateuco avesse un unico redattore. Per questo critica duramente l’ipotesi documentaria esaminando a fondo i cinque pilastri su cui poggia, a) l’uso di diversi Nomi divini, b) variazioni di linguaggio e di stile, c) contraddizioni e divergenze di vedute, d) duplicazioni e ripetizioni, e) segni di una struttura composita, demolendoli uno ad uno. Nella sua analisi torna più volte la domanda “c’è un modo più semplice per spiegare le difficoltà?”. I diversi Nomi divini ad esempio hanno ciascuno un proprio significato. Il Tetragramma indica l’alleanza, mentre Eloqim la dimensione universale. L’unione dei due Nomi che compare nel secondo capitolo di Bereshit serve ad indicare che la divinità che stringe l’alleanza è la stessa che ha creato il mondo. I diversi Nomi non sono pertanto indicatori di fonti separate, ma uno strumento per richiamare l’attenzione su un certo attributo. In generale A. Rofè, il più giovane dei suoi allievi, sottolinea il rifiuto di Cassuto del midrash nell’esegesi della Bibbia. “Il midrash è istruttivo per se stesso, ma nell’interpretazione della Scrittura può sviare l’esegeta”. L’interprete non deve poi mai cercare nei testi dei segreti profondi o delle rivelazioni sublimi. “Il testo biblico va spiegato sul livello naturale, umano”.
In ambito accademico le sue opere principali furono i commenti ai libri di Bereshit e Shemot, molto più breve e conciso del precedente, pubblicati negli anni ’40 in ebraico, e successivamente tradotti in inglese, e una raccolta di contributi intitolata The Documentary Hypotesis del 1961. Quest’opera costituisce un sommario del suo principale lavoro in italiano, la Questione della Genesi del 1934. Fu curatore della Enziklopaedia mikrait, partecipando attivamente all’impostazione e alla preparazione dei primi volumi.
Fu uno dei primi studiosi a comprendere l’importanza dei ritrovamenti archeologici di Ugarit a partire dal 1929 e delle similitudini che la letteratura ugaritica presentava con la Bibbia, usando questi materiali coerentemente nell’esegesi biblica, come emerge da vari dei suoi studi monografici. L’uso di questi materiali secondo gli studiosi avviene in due direzioni: inizialmente si avvale del testo biblico per spiegare antiche iscrizioni, mentre in un secondo momento usa il materiale epigrafico per spiegare la Bibbia. Durante la sua permanenza a Yerushalaim iniziò a lavorare alla pubblicazione di una Bibbia basata sulle sue ricerche sui testi antichi e le loro varianti. A questo scopo ricevette il permesso di esaminare il Codice di Aleppo, che poi sarebbe andato parzialmente perduto. Le note di Cassuto sono molto utili per ricostruirne la parte mancante. Cassuto terminò il lavoro preliminare per questa edizione, ma morì prima di completare il progetto. E. S. Artom conclude la sua commemorazione illustrando il metodo di lavoro di Cassuto: “Egli attendeva contemporaneamente a studi diversi, andava di mano in mano notando ed ordinando il materiale con appunti destinati a un suo uso esclusivo, e solo alla vigilia del giorno in cui doveva consegnare il manoscritto per la stampa lo redigeva e gli dava forma”.