Non sono necessari molti giri di parole, per comprendere bene l’importanza della visita che il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha compiuto alla moschea della capitale. Si è trattato di un avvenimento di grande significato simbolico, che le scadenze elettorali alle porte e i rischi ad esse connessi di ogni genere di strumentalizzazione non sono riuscite ad offuscare. E si è trattato anche di raccogliere i frutti del lavoro di un’amministrazione comunale, quella romana, avveduta ed intelligente nell’affrontare i grandi temi della multiculturalità e della diversificazione che tormentano la società italiana contemporanea.
L’incontro ha costituito un’occasione cui l’ebraismo italiano ha con tutta evidenza risposto in maniera serena e adeguata. Ma al di là dell’avvenimento sporadico che questo appuntamento eccezionale ha rappresentato, cerchiamo di guardare avanti.
In questa stagione ricca di dichiarazioni di principio e scarsa di fatti concreti, non possiamo rischiare di essere utilizzati come pedine o come comparse che si muovono sulla base di una sceneggiatura di cui non conosciamo le motivazioni.
Lo storico incontro di Roma, di conseguenza, assumerà un significato forte a condizione che ai gesti simbolici seguano fatti e scelte di campo determinate.
Molti segnali inquietanti all’orizzonte fanno temere che una prosecuzione costruttiva del dialogo con una minoranza islamica che sta crescendo rapidamente in Italia non sarà facile. Ma altri, al di là dei gesti simbolici, lasciano sperare. A condizione che agli atti formali seguano fatti concreti.
Gli islamici che abitano nel nostro Paese e hanno cominciato a rappresentare una minoranza consistente solo in questi ultimi anni non rappresentano un fronte perfettamente coerente. Alcuni di loro, come è tristemente noto, hanno sposato le tesi del terrorismo e dell’antisemitismo, dell’oppressione e della violenza, altri al contrario vogliono sinceramente partecipare alla costruzione di una società aperta e progredita.
Che futuro attende l’Italia, e che futuro dovremo affrontare noi, dipende anche da come si svilupperà questo confronto interno al mondo islamico.
In questo dialogo complesso e delicato la minoranza ebraica italiana nel suo complesso, non solo la Comunità ebraica di Roma, ha parecchio da dire.
Potrà farlo efficacemente se riuscirà a non perdere di vista le ragioni che fanno della nostra presenza in questo Paese un elemento determinante, il sigillo di garanzia di un futuro di pace e di progresso: il nostro dovere di diffondere e praticare la cultura dell’accoglienza e della giustizia, il nostro dovere di opporci alla corruzione, alla sopraffazione, alla bigotteria e alla superstizione, il nostro diritto di essere rispettati per quello che siamo, vogliamo essere e che dobbiamo essere.
Tutto questo potrà tradursi in realtà, e in una vera occasione di crescita, se l’incontro di Roma riuscirà a costituire il punto di partenza di un confronto concreto e sincero, di una nuova collaborazione fra tutte le minoranze che arricchiscono con il loro patrimonio di vita e di cultura la società italiana.
Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)
http://www.mosaico-cem.it/mostra_prima_di_tutto.php?id=16
Il rabbino capo di Roma Riccardo Disegni alla moschea della capitale
«Uniti contro islamofobia e antisemitismo»
Storico incontro tra comunità ebraica e musulmana. L’auspicio che «le differenze di religione non si traducano mai in ostilità»
ROMA – «La lotta contro l’Islamofobia e l’antisemitismo devono procedere parallele. Con lo stesso spirito di rispetto dobbiamo vigilare per impedire che la violenza e l’odio, da qualsiasi parte provengano non si alimentino con la religione»: queste le parole del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha parlato nella Grande Moschea della capitale. Una visita storica, la prima per un rabbino capo di Roma, promossa da entrambe le comunità all’indomani delle polemiche legate alle caricature di Maometto pubblicate in Danimarca e in altri paesi tra cui l’Italia. Già allora il rabbino Di Segni aveva espresso «solidarietà al mondo musulmano» e condannò «ogni violenza e ogni eccesso».
Alle 10.50 il rabbino capo di Roma accompagnato dal presidente della Comunità ebraica, Leone Paserman e da altri rappresentanti ha visitato la moschea e ha incontrato il presidente della Lega musulmana Mario Scialoja e il segretario del centro culturale islamico, Abdellah Redouane.
PACE – «Salam aleikum», ha detto Redouane. «Shalom» gli ha risposto Di Segni. È con queste parole, che significano entrambe «La pace sia con te, la pace sia su di voi», che si è aperto il primo incontro ufficiale nella Grande Moschea di Monte Antenne tra la comunità musulmana e quella ebraica di Roma. Redouane ha espresso «grande soddisfazione» per la visita ed ha parlato di «una giornata in cui due comunità possono dialogare e costruire insieme un futuro sotto il tetto romano e italiano».
TERRORISMO – «Per noi ebrei è stato scontato, anche in questa cittá, reagire e protestare contro le vignette satiriche nei confronti di ciò che è sacro all’Islam, e manifestarvi la nostra solidarietá», ha detto Di Segni nel suo discorso ricordando la recente vicenda delle vignette su Maometto. «Il terrorismo in nome di Dio è una bestemmia», ha sottolineato il rabbino capo, aggiungendo che: «Il Talmud, come il Corano, affermano il principio per cui “chi salva una vita umana è come se salvasse un mondo intero e chi la distrugge è come se distruggesse un mondo intero”. Dobbiamo preservare la coscienza che la differenza di religione non debba mai tradursi come tale in ostilitá».
IL CONCEDO TRA SORRISI E INSHALLAH – Pacche sulle spalle, sorrisi, inviti reciproci e l’esponente della comunità ebraica che, parlando in arabo, invoca Inshallah. Così si è conclusa intorno alle 12.20 la visita. Tra i rappresentanti delle due comunità c’è stato un finale scherzoso con battute reciproche. I saluti però sono stati incentrati in modo informale, anche sull’importanza della visita e sulla necessità che il rapporto, già da tempo avviato tra ebrei e musulmani non si esaurisca nella visita ufficiale di oggi. A tale proposito sono state ricordate analoghe iniziative in Spagna e in Francia in particolare.
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/03_Marzo/13/moschea.shtml
La visita di Riccardo Di Segni a Monte Antenne
Roma, il rabbino alla moschea
“Il terrorismo è una bestemmia”
ROMA – “Salam aleikum”, ha detto Abdullah Redouane. “Shalom” gli ha risposto Riccardo Di Segni. E’ con queste parole che significano entrambe “La pace sia con te, la pace sia su di voi”, che è iniziato il primo incontro ufficiale nella grande Moschea di Monte Antenne di Roma tra la comunità musulmana e quella ebraica di Roma.
Stamattina alle 10.50 il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, accompagnato da alcuni esponenti della comunità ebraica romane, è arrivato alla moschea. Ad accoglierlo il direttore della Lega Musulmana Mondiale in Italia, Mario Scialoja, ed il segretario del Centro culturale islamico, Abdellah Redouane e decine di cronisti. Un momento storico: è la prima volta che un alto rappresentante della comunita’ ebraica capitolina si reca in visita ufficiale al luogo di culto dei musulmani. “E’ ora di parlarsi” ha commentato Di Segni entrando nella moschea.
“Per noi ebrei è stato scontato – ha detto Di Segni, che ha inviato Redouane e Scialoja in sinagoga – anche in questa città, reagire e protestare contro le vignette satiriche nei confronti di ciò che è sacro all’Islam, e manifestarvi la nostra solidarietà. La lotta contro l’Islamofobia e l’antisemitismo devono procedere parallele. Con lo stesso spirito di rispetto dobbiamo vigilare per impedire che la violenza e l’odio, da qualsiasi parte provengano non si alimentino con la religione”.
E la tesi che le religioni non debbano dividere è stata rilanciata anche da Redouane: “Le religioni devono essere momenti che uniscono e non dividono. A Dio dobbiamo rivolgerci nei momenti difficili e se l’aiuto di Dio è salutare, l’impegno di ciascuno di noi è indispensabile. Invochiamo Dio affinchè ci guidi tutti sulla retta via”.
Nel suo discorso, Di Segni ha ricordato che “l’afflusso in massa in Europa di fedeli dell’Islam in brevissimo tempo ha posto problemi di integrazione”. Essi, ha aggiunto, “non sono per noi una novità, ma rappresentano una costante della nostra esperienza comunitaria, spesso dolorosa”. Secondo Di Segni, “quando ad esempio si parla del rischio attuale di “ghettizzazione” delle nuove comunità immigrate, non si può ignorare che il ghetto era il luogo di residenza coatta degli ebrei e che in questa città è finito solo nel 1870. Conosciamo i problemi che vi preoccupano per questi motivi riteniamo che la nostra esperienza possa esservi quanto mai utile in questo processo difficile di integrazione e siamo pronti a comunicarvela”.
Poi, alle 12.20, la delegazione della comunità ebraica ha lasciato la moschea. Prossimo appuntamento alla sinagoga di Roma: “”Non c’è nessun problema e nessuna riserva. C’e’ solo da concordare la data” ha detto Redouane.
Positivi i commenti all’incomtro, a partire da quello del sindaco di Roma Walter Veltroni che parla di “evento epocale”: “A Roma le diverse religioni, le diverse culture si parlano e si incontrano, trasmettendo al mondo un importantissimo segnale di speranza.
http://www.repubblica.it/2006/c/sezioni/cronaca/visitamosche/visitamosche/visitamosche.html