Suddiviso in dieci capitoli, la Meghillat Ester (Rotolo di Ester) è un testo biblico che racconta la storia di Ester, giovane donna ebrea che – divenuta moglie del re Assuero – salverà il suo popolo dall’annientamento voluto dal consigliere del re persiano, il perfido e violento Amman. La lettura della Meghillah segna il momento fondamentale del Purim ed è ascritta tra le quattro prescrizioni proprie di questa ricorrenza assieme al dono di cibo a parenti e amici (“Mishloach Manot”), all’assistenza ai bisognosi (“Tzedakah”) e al pasto festivo. Due sono i momenti di raccolta in sinagoga: la sera del 13 e la mattina del 14 del mese di Adar. Durante la lettura è abitudine fare rumore ogni volta che viene pronunciato il nome di Haman. Scritta originariamente in ebraico, la sua stesura definitiva – a opera di ignoti – è collocata verso la fine del secondo secolo prima dell’era volgare in Mesopotamia e con tutta probabilità a Babilonia. Ricca di simbologie, la Meghillah – unico testo biblico assieme al Cantico dei Cantici in cui non compare il nome di Dio – contiene al suo interno segreti e riferimenti allegorici non facilmente intuibili senza una guida esperta che possa esplicarne i significati più reconditi. “Non sono ossessioni paranoiche. La ricerca delle millot mafteach, di quelle parole che aiutano a fare i collegamenti serve a una comprensione più esaustiva” spiega il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, accettando di svelare per i nostri lettori alcuni segreti di un testo profondo, affascinante, radicato nella storia ma ancora straordinariamente attuale.
מגילת אסתר, Meghillat Ester. Il fascino di uno dei testi più allusivi e misteriosi della tradizione ebraica inizia dal significato che si cela nel suo nome. “È un testo in codice”, esordisce rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. E grazie al rav cercheremo di svelare alcuni dei misteri contenuti nella storia della regina Ester, del benedetto (baruch) Mordechai e del maledetto (arur) Haman. Un viaggio nelle radici delle parole ebraiche, nei riferimenti biblici, nelle millot mafteach – parole chiave – del racconto che ogni anno gli ebrei leggono per celebrare e ricordare Purim. Perché? Perché “quei giorni dovevano esser commemorati e celebrati di generazione in generazione, in ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città; e quei giorni di Purim non dovevano cessar mai d’esser celebrati fra gli ebrei, e il loro ricordo non doveva mai cancellarsi fra i loro discendenti” (Ester 9:28). Le dor vaDor, di generazione in generazione, gli ebrei ricordano come Haman, primo ministro del re persiano Achashverosh (Assuero) nonché simbolo dei persecutori del popolo di Israele, cercò di distruggerli; di come Mordechai (Mardocheo) scoprì il progetto del malvagio Haman e lo rivelò a Ester, divenuta contro la sua volontà la sposa di Achashverosh, e di come Ester riuscì a intercedere per il suo popolo, supplicando il sovrano di salvare gli ebrei e la sua stessa vita (rivelando così al re la sua origine, fino ad allora tenuta nascosta su consiglio di Mordechai).
Nel libro sono così riassunti alcuni dei leitmotiv dell’intera storia ebraica: un popolo che, nonostante i tentativi dei suoi nemici di cancellarlo, è riuscito ad attraversare i secoli e a salvare se stesso e la sua identità. La cui sorte – in ebraico Pur, che indica, per quanto riguarda la festa, il fatto che Haman tirò a sorte il giorno in cui far eseguire il suo crudele piano (il 13 di Adar) – e sopravvivenza è affidata a Dio, anche quando non si rivela in modo palese, come nel caso di questa vicenda. Chiudendo questo breve excursus, torniamo con il rav all’etimologia del titolo di quella che probabilmente è la più conosciuta delle cinque Meghillot della tradizione ebraica. “La radice di Meghillah, in ebraico מגילה – spiega rav Di Segni – è גלל (GLL), arrotolare, ed è vicina alla parola גילה , scopre, all’infinito scoprire, rivelare. Giocando ancora con la lingua, prendiamo ora la radice di Ester ( אסתר ), ovvero סתר (STR) che indica il segreto, il celarsi e il mistero.
Abbiamo così che la Meghillah di Ester può corrispondere alla “rivelazione del segreto”. Sin dal titolo, dunque, si gioca tutto sul doppio senso, sull’ambiguità di un testo a cui possiamo ricondurre diversi messaggi”. La dualità nascosta – svelata, come vedremo dalle spiegazioni del rav, è uno dei fili conduttori della vicenda di Purim. E il richiamo continuo alle radici, alle questioni linguistiche è importante per capire questi intrecci. “Non sono ossessioni paranoiche. La ricerca delle millot mafsul popolo ebraico con Haman che ne minaccia l’esistenza e la regina Ester, assieme a Mordechai, a salvarne le sorti. “In questo racconto il Signore non si rivela ma la sua presenza è evidente: come un burattinaio muove i fili della storia perché si compia il disegno divino”, afferma Di Segni che poi ricorda come la parola ester – alef א, samech ס, tau ת, resh ר – compaia per la prima volta in Bereshit 4:14 (“sarò rimosso dal tuo cospetto”) in riferimento a Caino. Qui però è il fratricida Caino che teme di essere “nascosto” al cospetto di Dio, ovvero essere abbandonato dal Signore per aver ucciso Abele. Fermiamo ora i rinvii testuali per accostarci a uno dei passaggi che secondo il rabbino capo di Roma risulta essere chiave nella Meghillah. Siamo al capitolo 4 verso 14, “Poiché se tu in questo momento taci, liberazione e salvezza sorgeranno per gli ebrei da un altro luogo; ma tu e la casa di tuo padre perirete; e chi sa se non sei pervenuta ad esser regina appunto per un tempo come questo?”.
Mordechai, scoperto l’efferato progetto omicida di Haman, si rivolge duramente alla regina Ester: tocca a lei intervenire, deve agire di fronte alla sofferenza della sua gente o ne pagherà le conseguenze. “Chi non usa la propria condizione privilegiata per aiutare gli altri pagherà in prima persona l’essersi eclissato di fronte alle proprie responsabilità”, ci ricorda il rav. Si è già detto come su consiglio di Mordechai, la regina abbia tenuto nascosta al sovrano la sua identità, una precauzione per evitare eventuali ripercussioni. Apriamo qui un inciso, accompagnato da un salto temporale di diversi secoli: al tempo dell’inquisizione, “i marrani elessero la Meghillat Ester a proprio libro fondamentale”, nota Di Segni. Il perché, ripercorrendo quanto raccontato fino ad ora, appare chiaro. Come la regina biblica, i marrani furono costretti a celare la propria identità per evitare le persecuzioni.
Obbligati dal pericolo a convertirsi, attesero tempi migliori per rivelare il proprio segreto. Segreto – riavvolgiamo il nastro per tornare all’immagine biblica – che Ester non può più tenere per sé. Il suo tempo di uscire dal nascondiglio identitario è arrivato. Se si comporterà da egoista sarà la prima, assieme alla sua famiglia, a pagarne le conseguenze. Perché l’inerzia di fronte alla sofferenza del proprio popolo si paga con la morte, propria e della famiglia, mentre gli ebrei – ammonisce Mardocheo – si salveranno in ogni caso. C’è un tempo per agire e un tempo per tacere: “Nella Torah troviamo il momento del silenzio e il momento della parola – spiega Di Segni – ne è un esempio la parashah Beshallach quando è il Signore a combattere per Israele contro gli egiziani, aprendo al popolo guidato da Mosè il Mar Rosso (‘Il Signore combatterà per voi e voi rimarrete in silenzio’ Esodo 14:14). Più avanti però saranno gli ebrei a dover agire, prendendo le armi per sconfiggere il nemico Amalek (Mosé invita Giosué a combattere, ‘Scegliti alcuni bravi guerrieri e va’ a combattere Amalek’ Esodo 17:9)”. Nella vicenda di Purim, perché Haman (discendente di Amalek) sia sconfitto, si prefigurano due possibilità: o Ester interviene in prima persona usando i privilegi ottenuti salendo al trono di Persia al fianco di Achshaverosh, oppure la salvezza giungerà “da un altro luogo”. Il disegno divino si compirà ugualmente perché, nell’espressione richiamata da rav Di Segni, il Signore è il “burattinaio” che controlla tutti i fili della storia. Si è citato Achashverosh, o meglio hamelech (il re) Achashverosh. Ebbene proprio alla parola hamelech è legato un segreto della Meghillah, svelato dal rav. “Lavorando sul ripetersi delle parole nel testo, ho trovato 17 parole ricorrenti che rappresentano ben il 29% della Meghillah. Tra queste, la citazione più presente è hamelech che troviamo 177 volte. Una frequenza che definirei ossessiva”. E quale il significato di questa ridondanza regale? “Il messaggio potrebbe essere il divario tra apparenza e realtà.
Hamelech ripetuto così tante volte sembrerebbe dimostrare lo strapotere regale che, però nello svolgersi della storia, rimane sulla carta, si dimostra di fatto solo superficiale”. Rimaniamo sui numeri e chiediamoci quando nella Torah ritroviamo il numero 127: “Sappiamo, leggendo la Meghillah, che il dominio del re persiano si estende su 127 province, un numero che nella Bibbia compare una sola volta in precedenza: sono gli anni di Sara. Troviamo così, attraverso il raccordo numerico, un collegamento tra le due donne, entrambe notoriamente bellissime che condivisero in parte un destino comune. Sara contro il suo volere fu presa dal faraone mentre Ester, allo stesso modo, fu presa dal sovrano persiano in moglie. Proprio il verbo prendere si ripropone in ebraico in entrambe le storie, altro collegamento linguistico tra i testi”. Un’altra donna bellissima della tradizione ebraica è Rachel da cui discende la tribù di Beniamino, da cui a loro volta, come annunciato dalla Meghillah, discendono Ester e Mordechai. “Una dinastia regale temporanea di cui fa parte il primo re del Regno di Israele, Saul (dinastia che si alterna con quella messianica di David, legata alla figura di Leah).
Sarà Saul a combattere la tribù di Amalek, risparmiando però – contro la volontà divina che aveva ordinato la distruzione totale degli amalechiti – il sovrano da cui discenderà Haman, il nemico sconfitto da Mordechai e Ester”. Continuano i richiami e le connessioni di figure della tradizione ebraica e del loro significato. A volte capitano anche interpretazioni contraddittorie, sottolinea rav Di Segni, come quella legata a Vashtì, diventata per alcuni simbolo dell’indipendenza delle donne, eroina del femminismo nonché vittima dei soprusi maschili. “Un finto mito, spiega il midrash, di donna virtuosa, i cui festini erano tutt’altro che irreprensibili e che, tra i vari comportamenti immorali, costringeva le sue ancelle ebree a lavorare di Shabbat. Il mito nasce dalla ribellione di Vashtì nei confronti del re Assuero: la regina si rifiutò di mostrare la sua bellezza, senza veli, al pubblico della festa regale, vicenda con cui si apre la Meghillah. Un rifiuto che non fu però dettato da pudore e dietro cui si nasconde una questione dinastica: il matrimonio tra Assuero e Vashtì rappresentava l’affermarsi della dinastia persiana sulla casa reale babilonese, di cui la regina rappresentava l’erede. Insomma una questione di successioni al trono”. La figura femminile positiva nella Meghillah però c’è, perché infatti dimenticarsi della protagonista? “Ester è una donna che con grande abilità e arguzia salva il suo popolo, organizzando una trappola ben congegnata per fermare il malvagio Amman, suscitando la gelosia del sovrano e portandolo a uccidere il suo primo ministro”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, marzo 2014
https://moked.it/blog/2014/03/14/purim-5774-dentro-i-segreti-della-meghillah-con-il-rabbino-capo/