La parashà di Pinechàs descrive parte gli eventi degli israeliti negli ultimi mesi del quarantesimo anno nel deserto. Fu in questo periodo che il Signore disse a Moshè che era arrivato il momento di nominare il suo successore. “l’Eterno disse a Moshè: sali su questo monte di ‘Avarìm, dove potrai vedere il paese che do ai figli d’Israele. E quando l’avrai veduto, anche tu raggiungerai i tuoi antenati, (e lascerai questo mondo) come Aharon tuo fratello, perché disobbediste il mio comando nel deserto di Tsin quando l’assemblea si ribellò, e voi non mi santificaste di fronte a loro con quelle acque. Erano le acque della contesa di Kadesh, nel deserto di Tsin (Bemidbàr, 27: 12-14). Moshè rispose: “L’Eterno, l’Iddio degli spiriti d’ogni vivente, destini su questa comunità un uomo che esca e che entri alla loro guida , che li faccia uscire e li faccia entrare, affinché la comunità dell’Eterno non sia come un gregge senza pastore (ibid., 16-17). E l’Eterno disse a Moshè: Prendi Yehoshua’, figlio di Nun, uomo che ha spirito; poserai la tua mano su lui, lo farai comparire davanti al sacerdote El’azar e davanti a tutta la comunità gli darai i tuoi ordini in loro presenza, e lo farai partecipe della tua autorità, affinché tutta la comunità dei figli d’Israele gli obbedisca. (Ibid., 18-20).
Rashì (Troyes, 1040-1105) citando il Midràsh Sifrè commenta: “Queste parole vengono a elogiare i giusti che quando sono in procinto di lasciare questo mondo, invece di occuparsi delle loro cose, si preoccupano dei bisogni della comunità”.
R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modi’in ‘Illit) in Hearòt ve-He’aròt (pp. 183-4) osserva che Moshè chiese che il popolo non rimanesse come un gregge senza pastore, perché senza una guida, ognuno sarebbe andato in una direzione diversa e il popolo d’Israele si sarebbe diviso in gruppi separati. Moshè chiese anche che il nuovo leader si mettesse alla guida del popolo in modo che il popolo lo seguisse. Il leader deve saper adattarsi alle diverse situazioni, ed essere alla guida del popolo sia quando si esce in guerra, sia quando si ritorna.
Rashì aggiunge: “Non come i re delle nazioni che rimangono nelle loro residenze e mandano i loro soldati a combattere. Ma come fece Moshè che combatté contro i re (emorei) Sichon e ‘Og in prima fila e come fece Yehoshua’ e poi anche re Davide che era sempre alla guida dell’esercito”. R. Pacifici commenta che i Maestri dissero che Yehoshua’ non era il “Gadol hador”, la persona più saggia della sua generazione. Era solo uno dei comandanti di cinquantine, di cui si parla nella parashà di Yitrò. Con tutto ciò fu proprio lui la persona prescelta dal Signore ad essere il leader del popolo. Essere il più grande saggio di Torà non è sufficiente per fare il leader. Spesso i saggi di Torà sono a un livello troppo elevato per la comunità e non sono adatti a farsi seguire. Ogni generazione ha bisogno di un leader adatto ai tempi. Un esempio è quello che navì (profeta) Eliyahu (Elia). Il Signore gli disse di nominare al suo posto il profeta Elishà, perché lui, Elia, voleva che il popolo fosse a un livello più alto di quello che era. Questo è anche uno dei motivi per cui Moshè non entrò nella terra d’Israele. Il suo livello era troppo elevato per il popolo che doveva entrare a conquistare la terra d’Israele. E infine, Moshè avrebbe voluto che uno dei suoi figli diventasse il suo successore, con tutto ciò passò il manto della leadership a Yehoshua’ di tutto cuore.