In filosofia si definisce determinismo la concezione per cui ogni fenomeno, anche storico, ha una causa diretta e necessaria. Ad essa si contrappone il volontarismo che identifica nella volontà la sola sostanza del mondo, conferendo risalto al valore dell’azione umana. Come si colloca il pensiero ebraico in merito?
Shabbat 10b: Diceva Ravà bar Mechassya a nome di Rav Chama bar Gurya a nome di Rav: Mai un padre tratti uno dei figli meglio degli altri, perché è per via di quei due sela’im di lana pregiata che Ya’aqov aveva donato a Yossef in più rispetto agli altri suoi figli che i fratelli furono gelosi di lui e le cose sono “rotolate” (nitgalghel ha-davàr) al punto che i nostri Padri sono scesi in Egitto.
Come conciliare questa affermazione con il versetto in cui D. aveva già detto ad Avram: “Sappi che la tua discendenza sarà straniera in una terra non loro, li asserviranno e li affliggeranno per 400 anni; ma anche il popolo che essi serviranno io giudicherò: dopodiché usciranno con grandi ricchezze” (Bereshit 15,13)?
Tossafot ad loc., s.v. Nitgalghel: Sebbene l’afflizione in Egitto fosse già stata decretata, forse non sarebbe stata così pesante: ai 400 anni se ne aggiunsero infatti 30 anni in più (Shemot 12,40).
‘Iyun Ya’aqov ad loc.: La profezia ad Avram non specificava che si sarebbe trattato proprio dell’Egitto. Questa è stata una aggravante, dovuta all’odio fra Yossef e i suoi fratelli. Per contrappasso essi furono mandati in Egitto, che si comportò con odio verso di loro.
Ben Yehoyadà’ ad loc., s.v. Nitgalghel: E’ come se l’azione “rotolasse” dal Cielo, dove viene disposta, sulla terra, dove si materializza.
Le giustificazioni citate sono deboli. Trent’anni in più rispetto a 400 non è un aggravio determinante, né qualsiasi altro oppressore si sarebbe comportato con noi in modo differente rispetto agli Egiziani. La spiegazione sta piuttosto nell’affermazione dei nostri Maestri per cui: מגלגלין זכות על ידי זכאי ומגלגלין חובה על ידי חייב“La Provvidenza provoca (fa “rotolare”) un atto meritorio servendosi di persone meritevoli e provoca (fa “rotolare”) un atto punitivo mediante persone colpevoli” (Y. Nachshoni, I, p. 142). E’ quanto si evince dal versetto seguente:
Devarim 22,8: Quando costruirai una casa nuova farai un parapetto al tuo tetto, affinché tu non metta della violenza in casa tua quando dovesse cadere da esso colui che è destinato a cadere.
Rashì ad loc. (cfr. Shabbat 32a): Sebbene costui sia comunque destinato a cadere, evita che la sua morte sia provocata (lett. fatta “rotolare”) da te, dal momento che si fa “rotolare” un atto meritorio servendosi di persone meritevoli e si fa “rotolare” un atto punitivo mediante persone colpevoli.
Chi è colpevole di non avere predisposto il parapetto al suo tetto diventa strumento della punizione di colui che cade sebbene quest’ultimo fosse a sua volta passibile di morte. Come commenta E. Munk (a Shemot 21,13) “i fatti apparentemente accidentali, estranei al libero arbitrio, lungi dall’essere gioco del puro caso, hanno la loro origine in D. Possono costituire dei mezzi provvidenziali al servizio della giustizia punitiva verso persone a loro volta colpevoli eppure non perseguibili. Gli individui possono divenire strumenti della Provvidenza nell’esecuzione dei suoi disegni. Pertanto ogni essere umano deve prendere tutte le precauzioni necessarie per evitare di essere la causa di un’avversità o di un evento negativo”. Come un fine ideale si realizza solo mediante persone pure e oneste, allo stesso modo il male e le disgrazie si propagano solo mediante soggetti colpevoli e malfattori. Nello stesso tempo la Giustizia prima o poi, in un modo o in un altro, fa il suo corso”. Esistono piani d’azione differenti. Determinismo e volontarismo si incontrano: è dato al singolo individuo dotato di libero arbitrio contribuire ai disegni imperscrutabili della Provvidenza. Ciascuno deve sapere che scegliendo di comportarsi bene o male di fatto asseconda piani Divini positivi o negativi rispettivamente. E’ quanto accaduto in relazione con la discesa dei nostri Padri in Egitto. La lite fra i figli di Ya’aqov ha solo fornito il presupposto perché il progetto Divino si realizzasse. Ma siamo così certi che si sia trattato di una chovah, cioè di un fatto negativo e non di una zekhut? Il Midrash seguente capovolge il quadro:
Midrash Bemidbar Rabbà 13,18: I figli di Ya’aqov erano giusti assoluti e non hanno mai commesso altra trasgressione che la vendita di Yossef. Ce lo dice il versetto: “Si dissero l’un l’altro: siamo colpevoli verso nostro fratello” (Bereshit 42,21), nel senso che si fecero un esame di coscienza dopo essere stati trattenuti in Egitto e non trovarono altra trasgressione che questa: parlando del male da essi compiuto il Testo tesse la loro lode! D’altronde la vendita di Yossef fu fonte di merito (zekhut) per lui perché lo ha condotto a regnare; e per i suoi fratelli perché Yossef fu così in grado di mantenerli negli anni di carestia. Per questo fu venduto tramite loro, perché si fa “rotolare” un atto meritorio servendosi di persone meritevoli.
Un’ulteriore Midrash mette in luce il fatto che la vicenda di Yossef e la discesa in Egitto furono fonte di meriti a più ampio raggio ancora.
Bemidbar 9,5-8: E fecero il Pessach la sera del 14 Nissan (un anno dopo l’Esodo) nel deserto del Sinai. I figli d’Israel si attennero a tutte le prescrizioni di H. a Moshe. Ma c’erano degli uomini impuri per contatto con una salma che non poterono eseguire il Qorban Pessach il giorno giusto e in quel giorno si rivolsero a Moshe e Aharon. Quegli uomini dissero: noi siamo impuri per contatto con una salma, perché saremmo impediti dal portare il sacrificio di H. a suo tempo in mezzo ai figli d’Israel? Moshe rispose: Aspettate che ascolti che cosa comanderà H. a vostro riguardo.
Rashì ad loc. (cfr. Sifrè): Questo brano (relativo al Pessach Shenì) avrebbe meritato di essere reso noto tramite Moshe come tutta quanta la Torah, ma invece sono stati i postulanti a meritare (zakhù) di renderlo noto, perché si fa “rotolare” un atto meritorio servendosi di persone meritevoli.
Sukkah 25b: Chi erano quegli uomini? Secondo R. Yossè ha-Ghelilì erano i trasportatori della bara di Yossef.
Il detto popolare “è bene tutto ciò che finisce bene” assume nel pensiero ebraico un significato assai più profondo. Situazioni complesse si prestano a un giudizio positivo o negativo a seconda delle conseguenze pratiche che generano. In qualche caso il lieto fine ribalta il giudizio e ci consente di considerare in modo diverso anche ciò che appare terribile. Sofferenze immani possono essere giudicate positivamente se portano a compiere azioni meritorie. Questo è certamente il caso della schiavitù d’Egitto. Non importa chi o cosa l’abbia provocata. Nella nostra coscienza nazionale essa rimane essenzialmente in quanto fonte di numerose Mitzwòt. E’ dunque una zekhut (merito) e in quanto tale non può che aver avuto come protagonisti uomini meritevoli.
Bereshit 50,20: “Voi avevate pensato di farmi del male ma D., invece, l’ha pensata per il bene al fine di ottenere quello che avviene oggi, di mantenere in vita un grande popolo”.
Shemot 13,8: E racconterai a tuo figlio quel giorno dicendo: Per questo scopo H. ha agito in mio favore quando sono uscito dall’Egitto.
Rashì ad loc.: Allo scopo che osservassi le sue Mitzwòt: Pessach, Matzah e Maròr.