אם רעב שנאך האכילהו לחם ואם צמא השקהו מים. כי גחלים אתה חותה על ראשו וה’ ישלם לך
“Se il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare il pane e se ha sete dàgli acqua da bere. Perché così facendo gli attizzi braci in testa e H. ti ripagherà” (Mishlè 25,21).
Ci sono due divieti alimentari in vigore ancora oggi per i quali la Torah commina la gravissima pena divina del karèt. Di uno di essi si parla nella Parashah odierna ed è il divieto del sangue (issùr dàm):
Wayqrà 17,14: “Poiché il sangue costituisce la vita di ogni essere di carne: il suo sangue è legato alla sua vita: E Io ho detto ai Figli d’Israel: non mangerete il sangue di nessun essere di carne, poiché la vita di ogni essere di carne è contenuta nel suo sangue e chi ne mangerà sarà punito con il karèt”.
Vi sono almeno quattro motivi differenti per un divieto così rigoroso:
1) Nachmanide: אין ראוי לבעל נפש שיאכל נפש. “Dal momento che l’uomo è l’unica creatura a riconoscere il suo Creatore, Egli ha messo tutte le altre creature a disposizione dell’Uomo. Ma non è opportuno che un essere animato mangi un altro essere animato, perché tutte le anime appartengono egualmente ad H. Pertanto ha permesso la consumazione del corpo degli animali, ma la loro anima, rappresentata dal sangue, avrebbe espiato per loro sull’altare e pertanto non può essere mangiato”;
2) Nachmanide: הנאכל ישוב בגוף האוכל. “Ciò che viene mangiato si ritrasforma nel corpo di chi l’ha mangiato. Pertanto chi mangia il sangue animale comincerà presto a comportarsi come gli animali”.
3) Zòhar: “Dieci dottrine di magia sono scese nel mondo: tutte sono state assorbite in Egitto, tranne una che si è diffusa dappertutto. Gli Egiziani avevano l’abitudine di recarsi in campagna, scavare buche, riempirle di sangue e collocarvi la carne sopra. In questo modo offrivano sacrifici ai loro demoni. Gli Ebrei durante la schiavitù appresero queste arti magiche e le mettevano in pratica”.
4) Ben Ish Chay di Baghdad (II anno, P. Metzorà’, introd.): כל מה שיהיה חולשה בכח הגוף החמרי נוסף כח וחוזק בנפש הקדושה. “Tutto ciò che costituisce debolezza per il corpo materiale accresce forza all’anima. Pertanto H. ha comandato al popolo d’Israel di non mangiare il sangue, perché il sangue aumenta la forza fisica dell’individuo. Se mangiassimo sangue, conseguirebbe un grave danno all’anima: non solo per il fatto che la forza di questa non aumenta, ma anche perché l’anima finisce per materializzarsi e assomigliare sempre più a quella dell’animale”.
Per dissanguare la carne si ricorre al sale. Questa procedura ci ricorda un’altra prescrizione della Torah: l’obbligo di salare tutte le carni sacrificali, che nella Torah segue immediatamente al divieto di portare offerte farinacee di Chametz . A sua volta il sale ha tre caratteristiche:
1) Maimonide (Moreh Nevukhim 3,46): Il sale ha la forza di fare uscire il sangue dalla carne. I pagani offrivano ai loro idoli solo pani lievitati e non salavano i loro sacrifici affinché la carne trattenesse sangue il più possibile. Noi ci comportiamo all’opposto.
2) Da’at Zeqenim: Il sale si conserva e mantiene (davàr ha-mitqayyem). Il trasgressore che offre il sacrificio espiatorio in questo modo non peccherà più.
3) Kelì Yeqàr: Il sale ha due caratteristiche opposte: nasce dall’acqua ma ha la forza del fuoco. Ci insegna che H. domina i contrari e combina insieme i due opposti aspetti della Divinità: la middàt ha-din (giustizia) e la middat harachamim (misericordia).
Esiste dunque un rapporto molto stretto fra sangue e Chametz. Anche l’eliminazione del Chametz prima di Pessach, come il dissanguamento della carne è un dovere che comporta la grave sanzione del karèt per chi lo trascura. Il divieto ha
1) motivazioni storiche: il legame con la vicenda dell’Uscita dall’Egitto, esattamente come il divieto del sangue è motivato da alcuni con i comportamenti dell’antico Egitto;
2) motivazioni religiose: il sangue e il Chametz sono entrambi strettamente legati a rituali idolatrici;
3) motivazioni linguistiche: lechem (=pane) e melach (=sale) si scrivono con le stesse lettere. Per di più il loro valore numerico ammonta a 78, pari a tre volte il Tetragramma;
4) motivazioni biologiche: come il sale che serve a dissanguare la carne ne garantisce meglio la conservazione anche la Matzah si conserva assai meglio del Chametz;
5) motivazioni antropologiche: come il sangue rappresenta la forza materiale che nell’uomo va contenuta e non incentivata, così il Chametz rappresenta l’orgoglio e l’istinto cattivo (yetzer ha-ra’), che vanno tenuti a freno impedendone il rigonfiamento;
6) motivazioni etiche: come il sangue che serve a dissanguare la carne ha due proprietà antitetiche, così i cereali che producono Chametz sono gli stessi con cui si fabbrica la Matzah, ad indicare che male e bene non sono due principi distinti, ma dipendono dalla stessa fonte e dunque sono governabili.
A questo punto comprendiamo il significato del versetto con cui abbiamo cominciato: “Se il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare il pane” (Mishlè 25,21).
I significati possibili sono tre:
1) Metzudat David, senso letterale: Non portare odio o rancore verso il nemico. D’altronde è Mitzwah della Torah restituire al nemico l’oggetto da lui smarrito e aiutarlo quando è in difficoltà;
2) Rashì, interpretazione allegorica: “I nostri Maestri l’hanno spiegato riguardo allo yetzer ha-ra’: se ha fame e chiede di essere rifocillato attraverso trasgressioni, trascinati verso la Casa di Studio e nutrilo con il “pane della Torah”. La fonte è nel Midrash Tehillim 34: “Se una persona si accompagna con un’altra per un’ora, diventano amici. Cosa dire dell’istinto cattivo che nasce con l’uomo e ad ogni età si prodiga per farlo cadere? Non c’è nemico peggiore di questo. Se pertanto ti attacca, dàgli da mangiare il “pane della Torah”, come è detto: “Venite a mangiare il mio pane” (Mishlè 9,5).
3) E’ possibile, peraltro, una variante di questa spiegazione: che il “pane” alluda alla Matzah. L’eliminazione del lievito simboleggia infatti l’eliminazione dello yetzer ha-ra’.
C’è un’ultima lettura che chiude questo grande cerchio. In alternativa al sale, per dissanguare la carne si può arrostirla usando il fuoco: nurà mish’av shaìv, “il fuoco assorbe tutto”. Il fuoco ha una grande importanza anche nei preparativi di Pessach, sia per la cottura della Matzah che per la kasherizzazione dei recipienti. Concludo con le parole degli Avòt de-Rabbì Natan 16: “Lo yetzer ha-ra’ è paragonabile ad un ferro messo a fondere nel fuoco. Fintanto che è a contatto con il fuoco, si può dargli la forma che vogliamo. Così lo yetzer ha-ra’ non ha altro correttivo che le parole di Torah, come è detto: “Invero la mia parola è come fuoco”. “Se così lo nutrirai, sarà come se lo avessi distrutto attizzando braci sul suo capo e H. lo costringerà a rappacificarsi con te” (R. Yesha’yah da Trani).
P. Acharè Mot – Shabbat ha-Gadòl 5774