Giulio Meotti
“La differenza è che gli israeliani considerarono questi profughi dei fratelli per cui sacrificarsi pur di accoglierli in casa loro, mentre, al contrario, gli Stati arabi considerarono i palestinesi carne da cannone da sacrificare alla loro politica oppressiva”.
Scriveva così Sergio Romano sul Corriere della Sera del 6 giugno 2005. Ora ci si chiede: possono o no gli ebrei che fuggirono o furono scacciati dal Marocco, dall’Iraq, dall’Egitto e da altri paesi arabi e musulmani ottenere un risarcimento per le proprietà che furono costretti ad abbandonare nel 1948? Sì, secondo il ministro israeliano della giustizia Meir Sheetrit, ex profugo dal Marocco, che durante il suo primo mandato come ministro della giustizia aveva già istituito una commissione incaricata di approntare un database con la documentazione delle proprietà pubbliche e private appartenute ad ebrei che lasciarono i paesi arabi. Secondo l’ex ministro israeliano Moshe Shahal, che presiede un’organizzazione mondiale di ebrei originari dei paesi arabi, i profughi ebrei che fuggirono dai paesi arabi (Iraq, Siria, Libano, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco) tra il 1922 e il 1952 furono costretti ad abbandonare sul posto beni e proprietà per una cifra pari a 30 miliardi di dollari.
Shahal sostiene che un accordo che ponga fine al contenzioso arabo-israeliano deve tenere conto degli 850 mila ebrei che un tempo vivevano nei paesi arabi. Molti di loro furono spogliati dei loro beni ed espulsi negli anni immediatamente successivi alla fondazione di Israele nel 1948. Più di 600 mila profughi dai paesi arabi si riversarono in Israele, dove furono accolti e integrati. Anche l’ex presidente Bill Clinton, dopo i colloqui di Camp David del luglio 2000, aveva fatto riferimento alla necessità di affrontare il problema degli profughi ebrei da paesi arabi che ora vivono in Israele e in altri paesi. Il professore Ya’akov Meiron, che per trent’anni ha guidato l’unità del ministero della giustizia israeliano per le questioni legali con i paesi arabi, ha confermato che la maggior parte degli ebrei che migrarono in Israele dai paesi arabi lo fece a causa delle crescenti persecuzioni ad opera delle autorità arabe. L’organizzazione “Giustizia per gli ebrei dai paesi arabi” ha pubblicato un rapporto ricco di dettagli sui circa 850 mila ebrei che furono espulsi o costretti a fuggire dai paesi arabi. Secondo lo studio, presentato alle Nazioni Unite, prima del 1948 vivevano nei paesi arabi circa 900 mila ebrei, contro gli ottomila che vi risiedono oggi.
Stanley Urman, capo del gruppo che ha redatto il rapporto, sostiene che la comunità internazionale “ha riservato un trattamento sproporzionato e selettivo ai profughi palestinesi”, mentre si è disinteressata completamente della sorte di quelli ebrei. Secondo il giornalista Itamar i due paesi principali in cui sono rimaste grandi proprietà ebraiche sono l’Iraq e l’Egitto. “Nello stesso periodo in cui ci furono i profughi palestinesi, ci furono anche centinaia di migliaia di profughi ebrei – ha ricordato Sheetrit – La differenza è che il mondo arabo ha fatto di tutto per mantenere i profughi palestinesi nei campi, mentre Israele ha accolto e integrato i profughi ebrei. Non abbiamo cercato di usarli come un’arma politica”. Anche il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una mozione di valore storico sulla questione dei profughi in Medio Oriente. La mozione non riguarda solo i profughi arabi ma anche i profughi ebrei e i loro discendenti. La mozione afferma che, a causa di una vera e propria politica di “pulizia etnica”, 850.000 ebrei dovettero fuggire dai paesi arabi dove avevano vissuto per decine di secoli, e furono costretti ad abbandonare “terreni, abitazioni, proprietà private, affari, beni comunitari e uno storico patrimonio ebraico antico di migliaia di anni”. A leggere l’articolo che Carol Basri, lettrice alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università della Pennsylvania, ha pubblicato sul periodico del World Jewish Congress “Gesher”, si resterà scioccati dalle similitudini fra le azioni del regime iracheno, già prima della risoluzione Onu per la spartizione della Palestina mandataria (1947), e quelle attuate dai nazisti verso gli ebrei nella Germania degli anni Trenta: punizioni collettive, pogrom violenti, esecuzioni, licenziamenti in massa degli ebrei, negazione dei diritti civili (comprese due leggi irachene molti simili alle Leggi di Norimberga tedesche: negazione della cittadinanza agli ebrei e confisca delle loro proprietà). Una soluzione non sarà facile, non solo a causa dell’arabismo delle Nazioni Unite, ma della sterminata mitologia asimmetrica con cui si trattano i profughi dei due diversi schieramenti.
30 ottobre 2006
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