Sei mesi nell’olio di mirra e sei mesi nei profumi (Ester 2, 12)
La festa di Pèsach è l’occasione per concentrarsi sul Calendalunario ebraico e cercare di capire qual è il significato delle molte feste che costellano l’anno ebraico e qual è il rapporto tra loro. Per fare quest’ analisi scegliamo come spunto un passo del Cantico dei cantici che leggiamo sia di Shabbat che di Pèsach e che descrive il processo cui erano sottoposte le donne prima di essere presentate al Re Assuero per essere scelte, metafora del processo che deve fare l’uomo per presentarsi al Signore.
L’esperienza umana è contrassegnata dal dualismo (bene e male ecc): secondo i Maestri, questa situazione viene messa in evidenza dalla lettera Beth con cui inizia la Bibbia. La Beth ha valore numerico pari a due e rappresenta il mondo reale in cui l’uomo vive. La tensione verso l’Unità è uno degli elementi che caratterizza l’ebraismo: pur prendendo atto del fatto che l’uomo non può vivere al di fuori della realtà duale, in che modo la Torà cerca di risolvere questa contrapposizione?
La vita dell’uomo e il calendario che ne scandisce il tempo sono piene di dicotomie: l’ebraismo cerca di affrontarle e di risolverle in qualche modo. Ecco alcuni problemi la cui soluzione potrebbe chiarire qual è la struttura intima del tempo ebraico.
La contrapposizione Luna – Sole
a) Nel sistema della divisione dei tempi, vi sono anni di 12 mesi e di 13 mesi (embolismici)
b) Le tre feste del pellegrinaggio hanno un chiaro significato nazionale e un valore universale e ci si chiede:
– in che relazione si pongono tra loro le feste dell’anno ebraico?
– È possibile individuare un’idea portante che unifica le feste?
– Che funzione ha il settimo mese – Tishrì – in cui sono concentrate ben quattro feste?
– Come si pone lo Shabbath – la festa per eccellenza – rispetto alle altre feste?
E infine, che relazione esiste tra le feste stabilite dalla Torà e quelle introdotte dai Maestri?
Cerchiamo qualche risposta.
Il Sole e la Luna
Il Calendalunario ebraico è caratterizzato dal fatto che tiene conto sia del ciclo solare che di quello lunare. Il primo è caratterizzato dalle stagioni, in corrispondenza delle quali dovrebbero esserci quattro feste (e non solo i tre pellegrinaggi). Sheminì ‘azeret (Simchàt torà) che chiude la festa di Sukkot ed è una festa a sé stante, è la quarta festa: con essa ha inizio la stagione delle piogge e proprio per questo il pellegrinaggio diventa impossibile. Il calendario civile (solare) anche se è basato sui mesi, in realtà non ha nessuna relazione con il ciclo lunare: invece, dovrebbe essere diviso in quattro “periodi” in cui equinozi e solstizi rappresentano dei giorni segnalati che separano le quattro stagioni.
L’anno basato sul ciclo lunare è caratterizzato dalla divisione in mesi e, per l’ebreo, nel ciclo sono fondamentali il primo e il settimo mese, in cui sono segnalati:
– il giorno della luna nuova:
– il 10° dedicato alla preparazione alla festa
– il 15° del mese, giorno di luna piena:
Non ci sarebbe alcun bisogno di ricorrere al ciclo solare, se la Torà non stabilisse che la festa di Pèsach debba cadere in primavera: infatti troviamo scritto: Shamòr, Osserva – conserva il mese della primavera (Aviv) e farai Pèsach al Signore tuo Dio poiché nel mese della primavera il Signore tuo Dio ti fece uscire dall’Egitto di notte, (Deuteronomio 16, 1): ecco perché il calendario ebraico deve tener conto delle stagioni.
Ricordiamo che il sistema di conteggio del tempo non è basato sul sistema delle decine, ma su quello delle dozzine secondo il sistema sessagesimale babilonese: l’ora è composta da sessanta minuti e l’anno è suddiviso in due semestri.
L’anno lunare è composto da 354 giorni (29, giorni e mezzo per 12), mentre l’anno solare è composto da 365/366 giorni, con una differenza di 11/12 giorni: ecco perché ogni tre anni il calendario lunare ha un ritardo di circa 30 giorni, e per mantenere il collegamento con le stagioni bisogna aggiungere un 13° mese al Calendalunario. L’anno di 13 mesi si chiama me’ubbèret, embolismico. Nel ciclo di 19 anni sono embolismici il 3°, il 6°, l’8°, l’11°, il 14°, il 17° e il 19°. Il mese aggiunto è di 30 giorni e si chiama Adàr shenì, cioè secondo Adàr, e viene inserito prima del mese di Nissan, il mese in cui cade Pèsach che deve appunto cadere in primavera.
Il Capomese . Rosh Chòdesh
Anticamente il Capo-mese aveva una particolare importanza e viene spesso citato nella Bibbia assieme al Sabato. Dato che il mese lunare è di 29 giorni e mezzo, il 30° giorno successivo alla luna nuova precedente doveva comunque essere dichiarato Capo Mese. Tuttavia, per dichiarare Capo-mese una giornata, era necessario che venissero dei testimoni che dichiaravano di avere osservato la Luna Nuova. Dato che non sempre si presentavano dei testimoni al Sinedrio di Gerusalemme, il 30° giorno dall’inizio del mese precedente veniva comunque considerato Capo-mese: se i testimoni arrivavano in tempo, il Capo-mese era di un solo giorno, altrimenti veniva considerato Capo-mese anche il giorno successivo (come dire il 31° che era il 1° del mese successivo). Ecco perché i mesi ebraici sono alternativamente di 29 giorni e di 30 giorni e sonoconsiderati giorni di Capo-mese anche il 30° di ogni mese.
Tuttavia gli anni lunari possono essere di 353, 354, 355 giorni: questa differenza ha lo scopo di evitare che la festa di Kippur cada di venerdì o domenica, e la festa di Hoshanà rabbà (settimo giorno di Sukkòt) cada di sabato, giornata in cui non si potrebbero fare le cerimonie previste dalla tradizione. Ecco spiegato perché gli anni del Calendalunario ebraico possono essere “Anni normali” di 12 mesi con 353, 354, 355 giorni, e “Anni embolismici” di 13 mesi sono di 383, 384, 385 giorni.
Due semestri
Qual è l’idea portante che si vuole realizzare attraverso l’anno luni –solare?
Per rispondere a questa domanda osserviamo innanzi tutto che possiamo dividere i dodici mesi dell’anno ebraico in due semestri: il primo è dedicato alla costruzione dell’identità particolare e nazionale; il secondo a dare una sostanza universale a questa identità, per tornare poi a ribadire nell’ultimo giorno delle feste, a Sheminì azèret, l’importanza del ruolo di Israele all’interno della Società delle Nazioni. Al rapporto speciale che esiste, attraverso la Torà, tra popolo ebraico e Hashem è dedicato l’ultimo giorno delle feste del periodo “universale”: la vocazione universale di Israele si esprime attraverso la sua specificità, e cioè la Torà.
Il primo semestre è dedicato a raggiungere e rafforzare la propria identità nazionale: il Capo Mese del primo mese ricorda la creazione del popolo ebraico, mentre il primo giorno del settimo mese ricorda la creazione dell’uomo e quindi dell’umanità. La libertà deve essere raggiunta sia in senso fisico mediante il raggiungimento della liberazione (Pèsach), sia in senso spirituale (Shavuot, dono della Torà): per Israele la libertà viene raggiunta con Pèsach, e per Israele e per l’uomo – la cui creazione è ricordata il giorno di Rosh hashanà – la vera libertà si raggiunge solo con la liberazione dal bisogno, rappresentata da Sukkot, la festa del raccolto.
Raggiunta anche la libertà dal bisogno, si corre il rischio di dimenticare che funzione fondamentale di Israele è quella di dedicarsi allo studio e all’osservanza della Torà, ecco perché Sheminì ‘atzeret torna a ricordarci qual è il fine ultimo della vita dell’uomo: libertà fisica, libertà spirituale, libertà economica come strumento e non come fine: il fine è la Torà: “Non vi è persona libera se non chi si occupa della Torà”.
La Torà scritta e la tradizione orale segnalano le seguenti date:
Primo semestre “identità nazionale”(aspetto materiale: l’olio di mirra) | Secondo semestre “identità universale”(aspetto spirituale: i profumi) | |||
1 -1° mese | Creazione del popolo ebraicoInizio della sua storia | 1/7° mese | Creazione dell’uomoInizio della sua storia | |
10-1° mese | scelta del capretto per il sacrificio pasquale | 10/7° mese | Kippur, sacrificio del capro espiatorio purificazione per Sukkot | |
15-1° mese | Pesach: liberazione fisica dalla schiavitù egiziana | 15/7° mese | Sukkot: festa del raccolto, liberazione dell’uomo dal bisogno | |
Quarantanove giorni dell’omer | Quarantanove giorni dell’omer (virtuali)[1] | |||
6/3° mese | Shavuot, Dono della ToràLiberazione spirituale | 6/9° mese(anticipato al 22 /7°) | Sheminì Azeret. Gioia della Torà.Ritorno all’intimità nazionale |
[1] Secondo i Maestri, nella stagione delle piogge sarebbe stato difficile per gli ebrei recarsi a Gerusalemme. Pertanto la festa di Sheminì ‘azèret (simchat torà – che avrebbe dovuto cadere 49 giorni dopo il primo giorno di Sukkot) è stata anticipata e cade a ridosso di Sukkot, al fine di facilitare il pellegrinaggio: i 49 giorni sono concentrati nei sei giorni di Sukkot, 16-21 di Tishrì. La festa con cui si conclude il secondo trimestre ricopre lo stesso ruolo che ha Shavuoth, la festa parallela, nel primo semestre.
La Torà dà libertà e verrà incisa (Haruth, Heruth libertà) nel cuore come i comandamenti sulle tavole.
Accanto alla libertà donata da Dio all’uomo è necessaria anche la libertà che l’uomo conquista dedicandola a Dio. Questo si esprime attraverso tre stadi: ecco perché sono necessarie tre feste stabilite da Hashem e tre feste stabilite dall’uomo: la libertà si conquista andando inpellegrinaggio a Gerusalemme, con un messaggio che viene dall’alto verso il basso (It’arutà dile’ela) e queste sono
Le feste feste che Hashem ha dato a Israel (It’arutà dile’ela):
1. Pesach libertà dalla schiavitù fisica;
2. Shavuot libertà spirituale;
3. Sukkot libertà dal bisogno.
Ma questa libertà ha bisogno di essere consolidata con un impegno che deve venire dal basso verso l’alto (It’arutà dilata) e questo viene rappresentato dalle tre feste stabilite da Israel:
Le feste date dall’uomo ad Hashem (It’arutà dilata)
1. Purim, la liberazione del corpo operata da Ester e Mordechai;
2. Hannukkà, la liberazione dello spirito con la riconsacrazione del tempio profanato dagli ellenisti;
3. Yom ‘Azmaut, giorno dell’autonomia/indipendenza, rappresenta la raggiunta autonomia nella propria terra, è il giorno di indipendenza nella terra di Israele.
Ma qual è il simbolo di questa idea che sottende tutto l’anno ebraico: è il Maghen David, lo scudo da di David, composto da due triangoli equilateri che si incrociano: uno ha un angolo rivolto dall’alto in basso e l’alto, l’altro dal basso verso l’alto: a ogni festa della Torà, si contrappone e la completa una festa stabilita dall’uomo. Hashem ha messo a disposizione dell’uomo la mirra e l’uomo la completa inondandolacon il suo profumo.
Scialom Bahbout