“Mosè eresse il Tabernacolo, pose le sue basi, collocò le sue assi, mise le sue traverse e tirò su le sue colonne” (Esodo 40:18). Il Midrash Tanchuma svela un piccolo retroscena riguardo l’ordine divino a Mosè di assemblare il Tabernacolo. Davanti a questo comando divino, Mosè rispose che non era in grado di farlo da solo. Il Signore allora gli disse: “provaci e si erigerà da solo e poi scriverò nella Torah che l’hai fatto tu”.
I maestri del Midrash, svelando questo dialogo nascosto, ci insegnano un principio molto importante riguardo al nostro ruolo nel servizio al Signore. Solo perché qualcosa può sembrare oltre le nostre capacità non significa che non dovremmo provare a realizzarla. Perché, dopotutto, noi ci limitiamo a seguire i movimenti ma è il Signore che sta effettivamente realizzando quell’opera.
Il filosofo e rabbino Bahya ibn Paquda, visse a Saragozza, in Spagna, durante la prima metà dell’XI secolo. La sua opera principale, “Chovot Halevavot/Il dovere dei cuori”, rappresenta uno dei primi trattati di etica ebraica. Fu scritta in giudeo-arabo (ma con caratteri ebraici) verso il 1040 e tradotta in ebraico, da Yehuda ben Shaul ibn Tibbon negli anni 1161-80. Rabbì Bahya, nell’introduzione alla sua opera, racconta che nel momento in cui si apprestava a scrivere il libro, si sentì indegno di una simile impresa. Considerava la sua forza insufficiente, la sua conoscenza inadeguata e le sue facoltà intellettuali troppo deboli per afferrare tutti gli argomenti e così decise di rinunciare a scrivere. Ma poi, si rese conto che stava solo cercando delle scuse e che forse era la sua pigrizia a spingerlo a non scrivere. Inoltre, ragionando ancora meglio, pensò che dovevano esserci state molte opere, potenzialmente grandiose, andate perdute nel tempo a causa di queste preoccupazioni. Se ogni persona che avesse potuto comporre una buona opera o chiunque avesse potuto insegnare alle persone il giusto percorso da seguire, avesse aspettato di ritenersi degno prima di fare, nessuno avrebbe mai pronunciato una parola dopo i Profeti. Ognuno deve fare la sua parte anche se si ritiene di non esserne degni. Rabbì Bahya inoltre scrisse riguardo al suo libro: “Lo porterò a termine fino in fondo e prego di ricevere aiuto dl Signore. Porrò la mia fiducia in Lui e gli chiederò di insegnarmi la retta via che Lui desidera e che Gli è gradita, nelle parole e nelle azioni, nella condotta interiore ed esteriore”.
L’opera di Rabbì Bahya ha aiutato innumerevoli persone a perfezionarsi e ad avvicinarsi al Signore. Cosa avrebbe perso il mondo se l’autore avesse deciso di non scriverlo a causa di quella che riteneva fosse inadeguatezza. Dobbiamo provare a fare, poi sarà il Signore a decidere la realizzazione di quell’opera.
Non importa chi sei o quali credenziali tu abbia, dobbiamo sperare di essere pronti e di avere grande fiducia nel Signore per fare il bene in questo mondo. Bisogna sempre provarci nella consapevolezza che Il nostro compito è fare ma quello di realizzare, è compito del Signore. Shabbat Shalom!