Pacifici: questa onorificenza è un risarcimento a lui. «Il cardinale di Genova, Pietro Boetto, gli aveva procurato un passaporto. ma lui restò fin all’ultimo al suo posto»
Paolo Conti
«Questa onorificenza che il capo dello Stato ha voluto concedermi mi onora moltissimo. E mi commuove anche perché rappresenta, ai miei occhi, un risarcimento dello Stato italiano nei confronti di mio nonno Riccardo, rabbino capo di Genova, che fu nominato da Vittorio Emanuele III Cavaliere della Corona d’Italia e poi, con le leggi razziste, perse i diritti civili e venne privato anche di quell’onorificenza… Infine fu prima torturato e poi trucidato ad Auschwitz. Anche mia nonna Wanda morì lì».
La nomina di Mattarella
Riccardo Pacifici, esponente di spicco della comunità ebraica italiana, è stato nominato dal capo dello Stato Sergio Mattarella Commendatore dell’ordine al Merito della Repubblica italiana. Pacifici è stato presidente della Comunità ebraica romana dal 2008 al 2015, fondò da ragazzo — con Dario Coen e Maurizio Molinari — il Movimento culturale studenti ebrei. Negli anni ha strenuamente difeso i diritti e le ragioni dell’ebraismo italiano favorendo il dialogo culturale, sociale e interreligioso. Oggi è nell’Executive board dell’Israeli Jewish Congress, ed è nel collegio della Fondazione Museo della Shoah. Una vita di impegni molto densi, ecco la ragione della nomina: «L’idea originaria fu dell’allora sottosegretario Maria Elena Boschi. L’iter si è concluso con la firma del presidente Mattarella e dell’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Mi piace che sia una iniziativa bipartisan… Ma per me, ripeto, è un simbolo legato a mio nonno Riccardo».
Cavaliere della Corona
La storia del rabbino Riccardo Pacifici è un capitolo dell’ebraismo italiano. Nato a Firenze del 1904, si laureò in Lettere nel 1926 e nel 1927 diventò rabbino maggiore al Collegio Rabbinico di Firenze. Fu vicerabbino a Venezia e poi fu proprio Benito Mussolini, racconta ora il nipote omonimo, a favorire il suo incarico a Rodi per dirigere il Collegio rabbinico: «Ai tempi l’isola greca era un colonia italiana e occorreva “italianizzare” anche la comunità ebraica. Samuel Modiano fu un allievo di mio nonno. Risale a quel periodo, credo fosse il 1934, la nomina a Cavaliere della Corona d’Italia. Ricordo che mio padre Emanuele, in casa, teneva all’ingresso tre documenti affissi alle pareti: la laurea di nonno, la sua nomina a Rabbino e quella a Cavaliere del Regno firmata da Vittorio Emanuele III. Lo stesso re che avrebbe sottoscritto l’ignominia delle leggi razziste, è bene definirle così e non “razziali”, nel 1938».
Capo rabbino a Genova
Il rabbino Riccardo Pacifici poi lasciò Rodi per assumere il compito di capo rabbino a Genova nel 1936. Due anni dopo le leggi razziste e l’azione di Riccardo Pacifici, onorato oggi come un eroe dalla comunità ebraica di Genova: favorì da quel porto l’esodo verso l’America del Nord e del Sud di circa 5.000 ebrei grazie al sostegno del Delasem, Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei, l’organizzazione di resistenza ebraica che operò tra il 1939 e il 1947. Riccardo Pacifici riuscì anche a riorganizzare rapidamente un sistema di istruzione per i bambini e i ragazzi ebrei espulsi dalle scuole pubbliche. Dopo l’8 settembre molti lo implorarono di mettersi in salvo ma Pacifici, che riuscì a mettere in salvo i figli, non volle lasciare la sua gente. Ricorda il nipote: «Il cardinale di Genova, Pietro Boetto, gli aveva procurato un passaporto, documento rarissimo ai tempi per un ebreo. Ma mio nonno restò fino all’ultimo al suo posto». Venne arrestato dalla Gestapo e deportato a Auschwitz dove morì nel dicembre del 1943. Oggi, simbolicamente, l’onorificenza negata dalle leggi del 1938 va a un altro Riccardo Pacifici, suo nipote.
(Corriere della Sera, 15 giugno 2019)