L’idolatria può essere invece una barzelletta
È’ lecito, secondo la tradizione ebraica, ironizzare e schernire altre religioni? La risposta a questa domanda è chiara e sorprendente: “ogni tipo di scherno è proibito, tranne quello della ‘avodà zarà” (TB Sanhedrin 63b). ‘Avodàh zarà significa letteralmente “culto estraneo” ed è il termine con cui si indicano i culti non monoteistici ed idolatrici. In questo caso l’ebraismo non è politically correct rispettando tutti allo stesso modo, ma impone una distinzione netta tra cose che si devono rispettare e altre che non solo non vanno rispettate, ma possono anche essere schernite.
Il Talmud, quando stabilisce questa regola, non si inventa niente di nuovo, ma prende atto e codifica una tradizione radicata nell’ebraismo dalle sue più lontane origini. Infatti la Bibbia ebraica è piena di manifestazioni di scherno per l’idolatria e i suoi malvagi rappresentanti. Vediamo qualche esempio.
Belzebù, in Italiano, indica un diavolo. A quest’uso in Italiano si è arrivati attraverso il Nuovo Testamento (Mt 10:25 ecc.) dove Beelzebul, nel testo greco, è il principe dei demoni. Se andiamo a controllare le fonti vediamo che questo nome compare già nella Bibbia ebraica (2 Re 1:2), non come diavolo, come una divinità cananea. E se controlliamo con attenzione scopriamo una significativa differenza. Nella fonte ebraica il nome è Ba’al Zevuv. La differenza con il nome greco (dove Ba’al diventa Beel) è soprattutto nella lettera finale, v in ebraico, l in greco. Chi ha sbagliato? Nessuno. Il nome originale era certamente Ba’al Zevul, che significa “signore della dimora sacra” (da cui anche il nome Zevulun), ma nel testo ebraico la “dimora sacra” diventa, con una piccola variante, zevuv, “mosca”. Non è un errore ma una presa in giro intenzionale del nome della divinità pagana al quale gli idolatri attribuiscono sacralità.
Insieme alle divinità si ironizzava sui nomi di persone odiose. La regina Izevel (da cui Isabella), famigerata moglie del re Achav, introduttrice e sostenitrice di culti idolatrici, probabilmente non si chiamava proprio così, il nome originale indicava qualcosa come “moglie del Signore del Zevul”, ma nella versione ebraica suona come “isola di letame”. L’ironia sui nomi avrebbe avuto una lunga storia successiva, che ancora oggi non si interrompe: il leader della grande rivolta contro Adriano (132-135) si chiamava Bar Kosba, veniva chiamato dai sostenitori Bar Kokhba (“figlio della Stella”) e dai detrattori Bar Koziba (“figlio della menzogna”).
La presa in giro degli idolatri non si ferma nella Bibbia ai giochi sui nomi, ma è esplicita in numerose circostanze. Il profeta Elia sul Carmelo davanti ai profeti del Ba’al, che cercavano inutilmente il miracolo, li schernisce (wayeahatel, 1 Re 18:27): “chiamatelo – il vostro dio – ad altra voce, perché sta conversando o si è ritirato o è per la strada, o forse dorme e bisogna svegliarlo”. Isaia (44 vv. 14-17) ironizza sul fabbricatore di idoli che si sceglie un pezzo di legno pregiato “una metà la brucia nel fuoco, e se ne serve per mangiare, ci fa l’arrosto e se ne sazia, ci si riscalda e dice: – che piacere, mi sono scaldato, ho visto il fuoco-e con quello che resta ci fa un dio, la sua immagine, gli si inchina, gli si prostra e lo prega dicendo:- salvami che tu sei il mio dio -”. Altri esempi, citati dal Talmud, sono Isaia 46:1-2 e Osea 10:5.
Commentando la regola talmudica rav Nebenzahl scrive: “Significa forse che è proibito raccontare una barzelletta sulla Russia o su Arafat? Non penso che questo sia il senso letterale della regola. Il senso è che è proibito schernire una cosa che ha valore. Le mitzwòt, la Torà, sono valori. Su questi non si scherza. I sapienti d’Israele, i profeti d’Israele, anche loro hanno valore. Anche su di loro è proibito scherzare. Questo è lo scherzo proibito. Ma l’idolatria, al contrario, la dobbiamo annullare come polvere della terra, capire che non porta alcun vantaggio, e per questo lo scherzo è permesso, perché serve ad annullare l’idolatria, annullare i nemici di Israele, rendersi conto che non avranno successo”.
Rav Hutner spiega che la forza del servizio del Creatore è quella del dare importanza, la forza della lode e della celebrazione, e il contrario di questa forza è la forza del disprezzo e della profanazione, che sono scatenate dallo scherno. L’idolatria è “il luogo dove l’uomo dà la più grande importanza alla menzogna più grande” e per questo è permesso schernire l’idolatria per profanare e annullare l’importanza che viene data a una entità vana.
Da queste considerazioni generali ad una precisazione finale e fondamentale intorno ai fatti di attualità. Nella valutazione dei nostri Maestri l’Islam non è in alcun modo una religione idolatrica. Pertanto ogni forma di scherno nei suoi confronti è proibita.
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