L’antico e spregiudicato sistema per analizzare i testi sacri
Giulio Busi
Nell’immaginario europeo il midrash è ancora oggi terra incognita, di cui talvolta si è sentito parlare, ma che quasi nessuno ha davvero potuto percorrere. Foresta di parole, lussureggiante di doppi sensi, una sorta di Eden alla rovescia in cui le ambiguità sibilano minacciose, e in cui spadroneggiano maestri scorbutici, pronti a rigirare le frasi quando meno te lo aspetti. L’impenetrabilità della lingua ha difeso per secoli questo luogo favoloso. Simile all’angelo che rotea la sua spada di fuoco davanti al paradiso, l’ebraico fa guardia impietosa.
Come afferrare allora il significato di un esercizio ermeneutico antico di più di duemila anni, grazie al quale le pagine della Bibbia ebraica restano vive e difficili per il giudaismo? Nel suo La lettura infinita David Banon, professore dell’Università di Strasburgo, tenta la strada filosofica. Nume tutelare del saggio – apparso in francese alla fine degli anni Ottanta e ora riproposto da Jaca Book – è Emmanuel Lèvinas, che ne firmò la prefazione. E molto del maestro è passato in queste pagine, sia del suo razionalismo, accorato fino all’apprensione, sia della sua apologetica sempre elegante ma non per questo meno efficace.
Midrash significa propriamente “interpretazione” o anche “interrogazione’. Tuttavia, come scrive Banon con una punta d’ironia, lo si potrebbe rendere anche con “interrogatorio”, quasi un terzo grado inflitto al testo biblico per spremerne la verità. Non si può negare che vi sia qualcosa dell’indagine poliziesca in questo voltare e rivoltare le frasi della Scrittura, anche quelle apparentemente più innocue, per metterne a nudo ogni minima asperità. Ai maestri del midrash basta infatti poco, un lieve scostamento dalla media linguistica, un attimo di esitazione degli autori biblici, un anacoluto o un cambio di persona, un aggettivo fuori posto: individuata la falla, subito comincia il lavorio interpretativo per allargarla, per farsi strada verso i sensi nascosti, sempre più a fondo, verso l’impensato.
Sembrerebbe un metodo simile all’allegorismo cristiano ma, a differenza di quanto avviene nella tradizione interpretativa della Chiesa, per i maestri ebrei un precetto va sempre osservato nella sua formulazione letterale e anzi questo è il presupposto per poter cercare tra le pieghe della Bibbia i semi gettati dalla sapienza divina. Quasi a rovesciare l’antico giudizio di San Paolo, secondo cui la lettera uccide, il midrash afferma che l’obbdienza alle norme bibliche rende liberi. In effetti l’immenso patrimonio del pensiero midrashico dà prova di una spregiudicatezza a volte strabiliante, e da qui è nata l’accusa di arbitrarietà che gli è stata spesso rivolta.
Banon ha buon gioco nel dimostrare che i maestri ebrei sono consapevoli del rischio cui vanno incontro. Il testo sacro non è per il giudaismo un porto sicuro ma piuttosto una vertiginosa sfida intellettuale col trascendente.
David Banon, «La lettura infinita», prefazione di Emnianel Lévinas, Jaca Book, Milano, pagg. 288,4 € 34,00.
Il Sole 24 Ore 11/10/2009