Il trattato Pesachim è il terzo trattato dell’ordine Mo’ed. Viene dopo i trattati Shabbat e ‘Eruvin, e prima di Sheqalim. Secondo Rav Reuven Margulies i trattati sono ordinati in base alla loro estensione, dal più lungo (Shabbat, 24 capitoli), al più breve (Sheqalim, 8 capitoli). Il Rambam, citato anche da Tosafot Yom tov, nell’introduzione alla Mishnah spiega l’ordine dei trattati.
Shabbat ha una chiara preminenza per via della sua santità e della sua frequenza, cadendo ogni sette giorni. Inoltre lo Shabbat apre sempre la sequela dei mo’adim nella Torah. Il trattato di ‘Eruvin è collegato allo Shabbat e quindi viene inserito subito dopo. Pesach è invece il primo precetto che il popolo ebraico ha ricevuto da Mosheh, ed è sempre accostato allo Shabbat nei brani sulle festività, e per questo viene inserito subito dopo.
Pesach inoltre è la prima festività dell’anno ebraico (Rosh ha-shanah 4a), come peraltro emerge dalla Torah (Es. 12,2) “Questo mese è per voi il capo dei mesi; sarà cioè per voi il primo dei mesi dell’anno”. Il trattato è composto da dieci capitoli, che a livello macroscopico sono costruiti seguendo un ordine cronologico, caratteristica condivisa con altri trattati della Mishnah, come Yomà, che parte dalla sera del 14 di Nissan, momento in cui viene effettuata la ricerca del chametz, e arriva sino alla sera successiva, quando si svolge il Seder di Pesach.
Analizzando i versi della Torah emerge che la festa di Pesach è in realtà composta da due ricorrenze, ciascuna con le proprie caratteristiche speciali e le proprie regole, che sono state combinate per via della loro prossimità nel calendario: a) Chag ha-Pesach, che cade il 14 di Nissan, giorno in cui veniva sacrificato il qorban Pesach, che veniva mangiato in piccoli gruppi alla sera, in ricordo dell’uscita del popolo ebraico dall’Egitto; b) Chag ha-matzot, che ricorda l’Esodo dall’Egitto in senso più ampio; secondo la Torah inizia il 15 di Nissan e dura sette giorni. Il nucleo fondamentale di questa festività è collegato al consumo di matzot e dall’astensione dai cibi lievitati. Queste due feste sono l’oggetto del trattato di Pesachim. La Torah affronta le regole di Pesach in otto distinti passi: Es. 12, 1-28; 13, 3-8; 23, 14-15; 34,18; Lev. 23, 4-8; Num 9, 1-14; 28, 16-25; Deut. 16, 1-8.
Alcuni dividono il trattato in due parti, a) Pesach Rishon, che ha come argomento principale le regole del chametz e della matzah, e comprende i cap. 1-2-3-4-10, e b) Pesach Shenì, che tratta del qorban Pesach. tema dei capitoli dal 5 al 9. Il Meiri nella sua introduzione al trattato menziona questa divisione, attribuendola all’epoca dei gheonim. Questa divisione è chiaramente visibile nell’edizione Vilna del trattato alla fine del quarto capitolo (57b) e del nono (99a). Queste due pagine hanno fra l’altro la particolarità di essere eccezionalmente brevi. Nelle edizioni posteriori in quelle pagine è stato inserito un sommario delle leggi relative al Qorban Pesach e al Pesach Shenì, tratte per lo più dall’opera del Rambam, assenti invece nell’edizione di Venezia del 1522, evidentemente perché ci si rapportava ancora a Pesachim come due distinti trattati. Alcuni ritengono invece che il nome del trattato al plurale derivi dai due sacrifici, il qorban Pesach (Pesach Rishon) e il Pesach Shenì, il sacrificio che veniva portato il 14 di Yiar da coloro che erano stati impossibilitati a portare il qorban Pesach a tempo debito.
Molti dei commentatori si sono dedicati a spiegare i capitoli del trattato che hanno maggiori implicazioni pratiche in assenza del Santuario. Solo pochi fra i Rishonim, i primi commentatori del Talmud, hanno commentato l’intero trattato.
La Torah non spiega esplicitamente il motivo per cui durante Pesach è vietato consumare cibi lievitati, ma questo divieto presenta delle evidenti analogie con quanto avveniva all’interno del Santuario nel contesto sacrificale durante tutto l’anno, ed è possibile pertanto sostenere che questo atteggiamento presenti degli aspetti di santità e purità (Rav Steinsaltz). La durezza della punizione attribuita a chi mangia il chametz durante Pesach (il karet) spinge i Maestri del Talmud ad affrontare approfonditamente l’estensione del divieto.
Il divieto del chametz di Pesach presenta infatti vari aspetti differenti: a) divieto di mangiare (o godere) del chametz; divieto che si veda o si trovi del chametz nella nostra proprietà (bal yeraè uval immatzè); c) obbligo di eliminare il chametz prima di Pesach.
L’eliminazione del chametz secondo la Torah deve avvenire già entro mezzogiorno (chatzot) della vigilia, poiché è scritto (Es. 23,18) “Non verserai presso il pane lievitato il sangue del Mio sacrificio”.
L’eliminazione del chametz può avvenire attraverso due distinte modalità: a) distruggendolo; b) annullandolo, escludendolo pertanto dalla propria proprietà.
Sino a quando il chametz non è annullato, c’è l’obbligo di ricercarlo secondo la Torah allo scopo di eliminarlo.
I rishonim (primi commentatori del Talmud) si interrogano sul motivo per cui i Chakhamim hanno imposto di ricercare il chametz, annullarlo ed eliminarlo. Inoltre si chiedono se l’obbligo di ricercare segua l’obiettivo di preservare l’uomo dalla trasgressione, o piuttosto si tratti di un precetto specifico e comunque obbligatorio.
Secondo il Ritvà l’obbligo discende dal verso (Es. 12,15) “ma prima che giunga il primo giorno, toglierete dalle vostre case ogni lievito”; l’Orchot Chayim ritiene che l’obbligo della ricerca deriva dal rischio di incorrere nel divieto di avere chametz nella nostra proprietà.
Secondo le Tosafot (2a) invece l’obbligo (di origine rabbinica) di ricercare sussiste anche quando si è annullato il chametz. I Maestri infatti hanno ritenuto che il solo annullamento del chametz non sia sufficiente, perché sussiste sempre il rischio di consumarlo inavvertitamente, poiché si è abituati a mangiare chametz durante tutto l’anno.
Secondo il Ran c’è l’obbligo sia di cercare il chametz che di annullarlo, perché esiste la possibilità che non si ricerchi il chametz in modo abbastanza approfondito, lasciandone una parte, e per non trasgredire per via del chametz non trovato i Maestri hanno previsto l’annullamento, in aggiunta alla ricerca. D’altra parte, poiché si teme che l’annullamento non sia completamente sincero, i Maestri hanno previsto la ricerca e l’eliminazione fisica del chametz. In questo modo eventuale chametz rimasto in circolazione non sarebbe oggetto di trasgressione, poiché è stato annullato precedentemente.
La seconda parte del trattato (i capitoli dal quinto al nono), che ha come argomento principale il qorban Pesach, afferisce concettualmente ad un altro ordine della Mishnah, il seder Qodashim, e le questioni affrontate nei capitoli sul sacrificio rispondono a criteri e logiche propri di quell’ordine. Per comprendere a pieno le norme trattate il riferimento d’obbligo è il Pesach Mitzrayim, il sacrificio che venne offerto quando gli ebrei uscirono dall’Egitto, che influenzerà molti dei comportamenti che caratterizzeranno i sacrifici degli anni successivi (Pesach dorot).
Il Meiri nella sua introduzione indica gli argomenti principali di ognuna delle due parti del trattato. Nella prima parte vengono affrontati sei temi: a) la ricerca del chametz; b) i tempi del divieto, l’eliminazione del chametz e l’assorbimento del chametz da parte degli utensili; c) quali specie di cereali possono lievitare e al contempo sono adatte per preparare le matzot, e quali erbe sono adatte per il precetto del maror (erbe amare); d) quali categorie di chametz devono essere eliminate, e quali invece non devono essere più considerate chametz e non vanno eliminate; in questo modo si evidenzieranno le differenze fra il chametz vero e proprio e miscugli che contengano chametz; e) il divieto di lavorare durante la vigilia di Pesach; f) il Seder di Pesach.
La seconda parte del trattato affronta principalmente il tema del qorban Pesach, e include sei argomenti principali: a) la macellazione e le modalità per mezzo delle quali l’animale viene sacrificato; il tempo del sacrificio; quali azioni sono consentite quando la vigilia di Pesach cade di Shabbat; b) l’arrostitura e il consumo del qorban Pesach; c) questioni di purità relative al sacrificio; d) chi può essere ammesso nei gruppi che offrono il sacrificio; e) chi offre il Pesach Shenì (secondo Pesach) e quali sono le differenze fra i due sacrifici; f) come ci si deve comportare in casi particolari, ad esempio se il sacrificio viene perduto o si mescola con altri animali.
Il Meiri scrive che come negli altri trattati del Talmud, anche in Pesachim vengono affrontati molti altri argomenti, che non riguardano direttamente la festa di Pesach, in particolare sul tema della purità e dell’impurità.