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Mishnah 1
- Il decimo capitolo della Mishnah ha come argomento le regole del Seder di Pesach.
- Nella Mishnah nel trattato di Berakhot (4,1) è scritto che il tempo della tefillah di minchah si ricava dall’offerta del sacrificio pomeridiano. Il sacrificio normalmente veniva offerto alla nona ora e mezzo della giornata (come già illustrato all’inizio del cap. 5). In corrispondenza di questo orario è stato stabilito il tempo di minchah qetanah. Dalla sesta ora e mezza inizia l’orario di minchah ghedolah, basandosi sull’orario in cui veniva macellato il sacrificio perpetuo pomeridiano la vigilia di Pesach. La Mishnah si riferisce qui all’orario di Minchah qetanah, e il tempo immediatamente precedente è valutato in mezz’ora prima dell’orario, quindi dalla nona ora della giornata.
- Il senso è “non si inizi a mangiare” (Ran).
- Si deve evitare di mangiare, per mangiare poi la matzah durante il Seder con appetito, per hiddur mitzwah (lett. abbellimento della mitzwah). Il Rambam (Hilkhot Chametz umatzah 6,12) scrive che è permesso mangiare in piccola misura, senza saziarsi, frutta e verdura. E’ evidente che è vietato mangiare pane, dal momento che è vietato mangiare chametz già da alcune ore prima; è altrettanto evidente però che è vietato mangiare matzah, dal momento che nel Talmud Yerushalmì è scritto che chi mangia matzah la vigilia di Pesach è paragonabile a chi ha un rapporto sessuale con la propria fidanzata a casa del suocero. I primi saggi tuttavia evitavano di mangiare la vigilia di Pesach per accrescere il desiderio di mangiare la matzah durante il seder.
- La sera del seder anche i poveri sono tenuti a poggiarsi sul gomito sinistro, mangiando e bevendo in questa posizione, così come fanno gli uomini liberi, in ricordo del fatto che il popolo ebraico uscì dalla schiavitù verso la povertà. Alcuni intendono la Mishanh in modo differente: i poveri, pur non avendo cuscini, devono mangiare e bere in quella posizione, sedendosi quindi su una panca, perché anche questa posizione è da considerarsi ammissibile (Tosafot, Mordekhai).
- I chakhamim hanno stabilito di bere quattro bicchieri di vino durante il Seder: sul primo bicchiere si recita il qiddush, sul secondo si legge la haggadah (come si spiegherà nella mishnah 4), sul terzo si legge la birkat ha-mazon, sul quarto si legge la hallel. Il Talmud Yerushalmì riporta vari motivi per l’istituzione dell’uso: a) in corrispondenza delle quattro espressioni di redenzione che compaiono all’inizio del capitolo 6 dell’Esodo (questa opinione è riportata da Bertinoro nel suo commento); b) in corrispondenza delle quattro volte che viene ricordato il bicchiere nell’episodio del capo dei coppieri (Gen. 40, 11-13); c) in corrispondenza dei quattro regni ai quali il popolo ebraico era asservito; nei brani riguardanti la punizione di tali popoli viene ricordato per quattro volte il bicchiere; d) in corrispondenza dai quattro bicchieri che il Signore farà bere agli altri popoli della terra come punizione e dei quattro bicchieri di consolazione che farà bere il popolo ebraico.
- I preposti alla distribuzione della tzedaqah non riconoscano ai poveri meno di quattro bicchieri di vino.
- Anche se si tratta di un povero la cui condizione economica lo costringe a prendere il cibo dal tamchui (il piatto per mezzo del quale il cibo viene distribuito), si sforzi comunque con tutte le proprie forze per avere i quattro bicchieri di vino, vendendo per esempio i propri vestiti o ottenendo un prestito (Rashbam). Nel trattato di Peah è scritto che può accedere al tamchui solo chi non abbia cibo per due pasti.
Mishnah 2
- Come visto nella Mishnah precedente, sul primo bicchiere di vino viene recitato il qiddush. Il verbo limzog serve ad indicarci che anticamente il vino, dal sapore molto forte, veniva mischiato con acqua.
- Secondo la scuola di Shammay si recita prima la benedizione sulla consacrazione del giorno (qiddush) e poi quella sul vino. Secondo la scuola di Hillel l’inverso. Questa discussione compare già nel trattato Berakhot (8,1) sul qiddush della sera di Shabbat e delle festività, e riguarda anche chi recita il qiddush usando non del vino, ma del pane. Secondo la scuola di Shammay si recita prima la benedizione sulla consacrazione del giorno dal momento che è il giorno che comporta che venga il vino, vale a dire che il vino viene utilizzato per la consacrazione del giorno, sia esso Shabbat o un giorno festivo; inoltre la consacrazione del giorno precede temporalmente la recitazione del qiddush. Secondo la scuola di Hillel il motivo per cui recitiamo il qiddush è la presenza stessa del pane o del vino, e per questo si recita prima la benedizione sul vino o sul pane. Inoltre la benedizione sul vino viene recitata più frequentemente rispetto a quella sulla consacrazione del giorno, e un principio generale afferma che “fra una cosa più frequente e una meno frequente, quella frequente ha la precedenza”.
Mishnah 3
- Bisogna premettere alla Mishnah che anticamente si mangiava stando sdraiati vicino a dei piccoli tavoli, e ciascuno aveva un tavolino separato.
- Dopo il qiddush vengono portate delle verdure per invogliare i bambini a recitare delle domande. Si tratta infatti di un comportamento inusuale rispetto al solito (Bertinoro). Secondo alcuni il senso dell’espressione è che veniva portato il tavolino sul quale erano presenti le varie pietanze, dal momento che questo non veniva portato sino al termine della recitazione del qiddush (R. Chananel, Tosafot).
- Aprendo il pasto si usava mangiare diversi cibi intingendoli in liquidi, come aceto e acqua e sale. La Mishnah riferendosi alle verdure parla di chazeret, che nel capitolo 2 (Mishnah 6) era indicata come una delle verdure adatte per il precetto del maror. La ghemarà spiegherà che è opportuno intingere altre verdure, non chazeret. Se tuttavia si dispone solamente di chazeret, anche se verrà successivamente utilizzata per il precetto del maror, la si intingerà anche dopo il qiddush. E’ necessario infatti intingere due volte le verdure, per risvegliare la curiosità dei bambini.
- Secondo alcuni l’espressione parperet ha-pat si riferisce alle erbe amare, secondo altri alla matzah. In base a questa seconda lettura non si mangia alcunché da quando si intinge la verdura, sino a quando si mangia la matzah. Il consumo della matzah viene premesso a quello dell’erba amara, poiché viene menzionato prima nel verso della Torah che afferma che il sacrificio pasquale veniva mangiato con matzot ed erbe amare (Num. 9).
- La mishnah fa riferimento alla chazeret come verdura per il precetto del maror, dal momento che era la specie maggiormente diffusa fra quelle ammesse.
- I due cibi ricordavano uno il sacrificio pasquale (qorban Pesach) e l’altro il sacrificio festivo (qorban chaghigah); al giorno di oggi si usa avvalersi di una zampa d’agnello e di un uovo.
- Il charoset è un impasto di vari frutti (fichi, noci, mandorle, mele), che ricorda la malta. Si usa mettere anche delle stecche di spezie, ad esempio di cannella, in ricordo della paglia, necessaria per impastare i mattoni. Il charoset non costituisce in sè una mitzwah, ma viene solo per attenuare l’amarezza dell’erba amara, svolgendo quindi una funzione terapeutica (Bertinoro).
- Secondo R. Eli’ezer Berabbì Tzaddoq intingere l’erba amara nel charoset è una mitzwah, dal momento che ricorda la malta per mezzo della quale gli ebrei erano asserviti in Egitto e i meli sotto i quali le donne ebree partorivano senza sofferenza (Berrtinoro). Il Rambam scrive che secondo questa opinione c’era persino una benedizione specifica per il consumo del charoset (‘al akhilat charoset), ma la regola finale non segue questa opinione. Secondo alcuni, per risvegliare la curiosità dei bambini, dopo aver intinto la verdura la prima volta, il tavolino veniva portato via, e il padre dice che verrà riportato una seconda volta, cosicché il figlio chiederà perché si intinge la verdura due volte, al contrario di quanto si fa abitualmente. In ogni caso il tavolo viene riportato quasi subito, per recitare la haggadah quando la matzah e l’erba amara sono davanti a sè (Tosafot).
- Quando c’era il Santuario ed il Seder veniva svolto a Gerusalemme, si portava anche la carne del sacrificio pasquale e del sacrificio festivo.
Mishnah 4
- Nella baraità riportata nella ghemarà hanno insegnato che se il figlio è sapiente, pone le domande al padre, altrimenti la moglie, altrimenti interroga se stesso, e persino due sapienti esperti delle regole di Pesach si interrogano a vicenda.
- Non si dice che si mangiano solo erbe amare, poiché all’inizio del seder si mangia verdura intinta.
- La Mishnah segue l’opinione del Tanà Qamà secondo il quale qorban chaghigah (sacrificio festivo), al pari del qorban Pesach, si mangia solo arrostito. Questa domanda viene posta solo quando c’è il Santuario e vengono offerti i sacrifici.
- Anticamente si usava mangiare verdure intinte prima del pasto, mentre durante il seder vengono intinte due volte, una subito dopo aver recitato il qiddush, ed una quando si intinge il maror nel charoset. Secondo alcuni il testo della mishnah è differente e la domanda è “tutte le sere non si intinge (la verdura) neppure una volta…”. Rambam (Hilkhot chametz umatzah 8,2) aggiunge una domanda: “tutte le sere mangiamo, sia seduti che poggiati, e questa sera solo poggiati”. Secondo alcuni questa domanda è stata aggiunta dopo la distruzione del Santuario, mentre ai tempi del Santuario quella domanda non era rilevante, dal momento che si era abituati mangiare in quella posizione durante tutto l’anno.
- La narrazione segue uno schema ben preciso, si inizia biasimando Israele, poiché inizialmente si era rivolto all’idolatria ed era stato schiavizzato al Faraone, e si termina lodandolo, dal momento che il Signore lo aveva avvicinato al proprio servizio e lo aveva liberato con prodigi e miracoli, gli ha dato la Torah, e lo ha fatto entrare in terra d’Israele.
Mishnah 5
- Ci riferisce non al semplice ricordo, ma della spiegazione del motivo per cui compaiono i tre elementi menzionati.
- Si parla di obbligo di narrare ai propri figli, o quello di raccontare l’uscita dall’Egitto.
- Rambam riporta un testo differente della mishnah: nella sua versione un persona deve mostrarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto, e non “deve vedersi”.
- Il consumo del Qorban Pesach era accompagnato dalla recitazione della Hallel. Si recita la Hallel la sera di Pesach in ricordo di cinque eventi: l’uscita dall’Egitto, l’apertura del Mar Rosso, il dono della Torah, la resurrezione dei morti, le doglie messianiche.
Mishnah 6
- Secondo la scuola di Shammai si recita solo un salmo dell’Hallel, perché i bambini non si assopiscano.
- Secondo la scuola di Hillel si recita anche un secondo salmo, perché il primo non menziona l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto e l’apertura del Mar Rosso. Nella Tosefta è riportato che la scuola di Shammai non è d’accordo con la scuola di Hillel, poiché l’uscita del popolo ebraico avvenne attorno alla mezzanotte, e quindi è opportuno ricordare l’uscita degli ebrei dopo aver consumato il qorban Pesach, che veniva consumato poco prima della mezzanotte. La scuola di Hillel ribatte che anche se si aspettasse il canto del gallo, sarebbe comunque presto, perché il popolo ebraico uscì a mezzogiorno.
- R. Tarfon a R. Aqivà discutono sulla struttura della benedizione che chiude la recitazione della haggadah. Secondo R. Tarfon infatti la formula è più breve e comprende una sola benedizione in apertura; R. Aqivà prevede invece una struttura più composita con due benedizioni, una in apertura e una in chiusura, aggiungendo una richiesta per il futuro, non compresa nella formula di R. Tarfon (questa aggiunta giustifica l’inserimento della benedizione in chiusura). La regola finale segue l’opinione di R. Aqivà.
Mishnah 7
- Il terzo bicchiere viene bevuto al termine della birkat ha-mazon.
- Sul quarto bicchiere si conclude la recitazione dell’hallel, iniziata prima del pasto.
- Secondo alcuni si conclude con Yehalelukha H. Eloqenu kol ma’asekha, definita birkat ha-shir in quanto è una benedizione di lode; secondo altri si recita nishmat kol chay, brano che nei Sabati e nelle festività segue la recitazione dei pesukè de-zimrà. L’uso è quello di recitare entrambi i brani. Alcuni usano recitare l’hallel ha-gadol, includendo pertanto anche il Salmo 136, e così si usa.
- Se si vuole bere altro vino fra la prima e la seconda coppia, è consentito, dal momento che il vino bevuto durante il pasto non porta ubriachezza.
- Fra il terzo e il quarto bicchiere è vietato bere vino, poiché ci si preoccupa che ci si ubriachi non portando a termine il seder. Se si vuole bere altri bicchieri prima del pasto, fra il primo e il secondo, è consentito, perché il vino consumato prima del pasto è assimilabile a quello durante il pasto. L’unico divieto riguarda pertanto il consumo di altro vino fra il terzo e il quarto bicchiere.
Mishanh 8
- Si usava mangiare il qorban Pesach quando si era già sazi, quindi al termine del pasto. Dopo averlo consumato, non si mangiava altro, affinché rimanesse in bocca il sapore del sacrificio, e quindi non si portavano quei cibi, dolciumi o altro, che abitualmente chiudevano il pasto. 2) Secondo alcuni il termine maftirin va inteso come “iniziare a dire”, secondo altri “accomiatarsi (dal pasto in un certo luogo)”, per proseguire da un’altra parte. E’ vietato infatti consumare il qorban Pesach in due luoghi differenti. Se però si desidera mangiare altro senza spostarsi, la cosa è consentita, a patto che non si prosegua il pasto con un gruppo differente (Bertinoro).
- Il termine afiqomen è di origine greca, e si riferisce alla parte conclusiva del pasto, in cui si beveva vino e si mangiava frutta e dolciumi. Nella ghemarà il termine è inteso come una parola composta – afiqù man, fate uscire il cibo, quindi non si dice di portare altro cibo dopo il qorban Pesach.
- Nella ghemarà c’è una discussione sul tempo in cui non viene offerto il sacrificio. La domanda è se è proibito mangiare altro dopo la matzah. La regola finale segue l’opinione secondo cui al termine del pasto si mangia l’equivalente del volume di un’oliva, che prende appunto il nome di afiqomen.
- Se alcuni del gruppo si erano addormentati mangiando il sacrificio, dal momento che gli altri non hanno distolto la propria attenzione, risvegliatisi possono continuare a mangiare.
- Se tutti i componenti del gruppo si sono addormentati, non sarà consentito tornare a mangiare, perché il risveglio è assimilabile a un cambiamento di luogo, e secondo l’opinione di R. Yehudah non è consentito consumare il qorban Pesach in due luoghi differenti. Si tratta di un comportamento rigoroso. La regola si applica anche per la matzah al giorno d’oggi (Bertinoro).
- Secondo R. Yosè se non si erano addormentati, ma solo assopiti, potranno continuare a mangiare, ma se si addormentati, anche se gli altri avevano continuato a mangiare, non sarà consentito loro tornare a mangiare. Secondo alcuni la posizione di R. Yosè è più facilitante di quella espressa in precedenza: anche se tutti i membri del gruppo si sono assopiti, sarà consentito tornare a mangiare, ma se si sono addormentati tutti, no.
Mishnah 9
- La ghemarà spiegherà che la mishnah segue l’opinione di R. El’azar ben ‘Azariah, che ritiene che è vietato consumare il qorban Pesach dopo la mezzanotte, poiché viene usata un’espressione analoga (in questa notte) a quella utilizzata per la decima piaga, che si verificò alla mezzanotte. Dopo la mezzanotte pertanto la carne del sacrificio non è più consumabile ed è quindi da considerare notar. I chakhamim dissentono da R. El’azar ben ‘Azariah, e ritengono che il qorban Pesach possa essere consumato sino all’alba, il momento della concitazione (chipazon) dell’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, dal momento che durante la notte non potevano uscire dalle proprie abitazioni. Il chipazon è uno degli elementi caratterizzanti del consumo del qorban Pesach per la Torah. L’espressione sulla quale è basata l’opinione di R. El’azar ben ‘Azariah viene secondo i chakhamim ad insegnare che il sacrificio deve essere consumato di notte, e non di giorno (si intende il giorno della vigilia, quando l’animale viene macellato). Secondo i chakhamim pertanto la carne diviene notar solo dall’alba. Tuttavia per disposizione rabbinica è vietato consumare il sacrificio dopo la mezzanotte, per allontanare l’uomo dalla trasgressione, così come spiegato all’inizio del trattato di Berakhot nella prima mishnah.
- Chi compie una delle operazioni principali dell’offerta del sacrificio, per mangiarne la carne o bruciarne le interiora oltre il tempo massimo consentito, invalida il sacrificio rendendolo pigul. La carne del sacrificio avanzata dopo il termine consentito diviene notar. La Mishnah insegna che il pigul ed il notar rendono impure le mani. Questa misura porta le persone a non attardarsi nel consumo del sacrificio.
- Quando c’era il santuario, assieme al qorban Pesach veniva portato il qorban chaghihah (sacrificio festivo), che veniva consumato prima del qorban Pesach, affinché quest’ultimo venisse consumato quando si era sazi. Prima di mangiare il qorban chaghigah si recitava la benedizione che si conclude con le parole ‘al akhilat ha-zevach (sul consumo del sacrificio), o secondo un’altra opinione leekhol et ha-zevach (di mangiare il sacrificio); poi si recitava la benedizione sul qorban pesach (sul consumo o di mangiare il Pesach). Secondo l’opinione di R. Yishma’el se le benedizioni venivano invertite, e si recitava prima la benedizione sul qorban Pesach, non si recitava l’altra benedizione. Non è vero però il contrario, che la benedizione sul sacrificio festivo dispensa dalla benedizione sul qorban Pesach.
- Secondo R. ‘Aqivà le due benedizioni sono indipendenti l’una dall’altra, e quindi in ogni caso è necessario recitarle entrambe. Secondo R. Aqivà infatti la tecnica dell’offerta era differente nei due casi, perché in uno il sangue veniva versato sull’altare e nell’altro veniva spruzzato da lontano, e questo comportava una irriducibilità di fondo fra i due sacrifici. Secondo la logica di R. Yishma’el aspergere il sangue è un modo di versarlo, mentre il versare il sangue non è una forma di aspersione. Per questo se il sangue del qorban Pesach veniva asperso, e non versato, l’operazione non era valida, mentre se il sangue del sacrificio festivo veniva versato e non asperso, l’azione era comunque valida. Secondo questa logica la benedizione del qorban Pesach comprende in sé anche il qorban chaghigah, ma non viceversa. La regola finale segue l’opinione di R. ‘Aqivà (Bertinoro).