La proposta per eliminare la passione politica e consegnare il potere ai tecnici, in una Comunità ricca di consigli e povera di (aspiranti) consiglieri…
Ruben Pescara
1. LO SPIN-OFF DELLA SCUOLA
La Scuola è il futuro della nostra Comunità, ma l’attuale modello di organizzazione e gestione della Scuola non ha futuro, e ciò è sotto gli occhi di tutti. Oggi la Comunità è l’ente gestore/proprietario della Scuola: la Scuola è “governata” da un Assessore, dalla Giunta e dal Consiglio, quindi da persone armate delle migliori intenzioni, ma con poco tempo da dedicare alla loro carica e non necessariamente tra di loro allineate. Un modello dove non c’è un responsabile (o, il che è lo stesso, ce ne sono troppi) non premia il merito e non incentiva gli insegnanti migliori. La turnazione ogni quattro (o meno) anni di Assessore, Giunta e Consiglio rischia di vanificare qualsiasi sforzo organizzativo. Un ciclo di studi, dalla materna al liceo, dura 16 anni, cioè (almeno) quattro Assessori, Giunte e Consigli.
La Scuola è solo una voce di un più ampio bilancio, quello comunitario, che non dà conto di come sono spesi i soldi, e di conseguenza non è nemmeno appetibile per i donatori.
Nell’immediato, la Scuola deve avere conti separati dalla Comunità e dev’essere “governata” da un board in cui siedano rappresentanti dei genitori, ex-alunni, imprenditori (sponsor), il Rabbino capo ed un rappresentante della Comunità e gestita da un rettore che riporti al board. A tendere, la Scuola deve diventare un ente autonomo (tipo una fondazione).
2. LA GOVERNANCE DELLA COMUNITA’
L’attuale modello di “organizzazione” della Comunità non funziona: la Comunità è retta da un Presidente, eletto da una Giunta, eletta da un Consiglio, eletto dagli iscritti, che una volta l’anno si riuniscono in un’assemblea che non ha alcun potere. Il Presidente e gli Assessori (politici in senso non deteriore del termine) si occupano attivamente dell’amministrazione della Comunità.
Ed invece, già lo Statuto dell’Ebraismo italiano (http://www.ucei.net/documenti/documenti-interni/statuto/) prevede che
a) la Giunta ha funzioni di indirizzo e di controllo, e le competono determinate categorie di atti amministrativi (fissare i tributi ed i corrispettivi per i servizi, costituire e risolvere i rapporti di lavoro e poco altro) (art. 24 dello Statuto);
b) il Presidente vigila sull’amministrazione della Comunità, e “firma gli atti, la corrispondenza, i documenti contabili ed i mandati di pagamento, con facoltà di delega al segretario per singole categorie di atti” (art. 26, co. 1, lettere b) e c) dello Statuto);
c) al Segretario è affidata l’amministrazione della Comunità poiché esso “è responsabile della gestione e della organizzazione dei servizi, predispone e controfirma i bilanci preventivi e consuntivi della Comunità; controfirma i mandati di pagamento, gli ordini di incasso e firma tutti gli atti connessi all’amministrazione, ove non sia specificamente richiesta la firma del legale rappresentante […]provvede all’esecuzione delle delibere del Consiglio, della Giunta, delle disposizioni del Presidente ed ha in genere le attribuzioni ed i compiti relativi agli atti ed alle attività della Comunità, assicurando il loro buon svolgimento per il raggiungimento dei fini istituzionali” (art. 27 dello Statuto). Evidentemente, per fare tutto ciò, il Segretario deve essere affiancato da persone qualificate e numericamente adeguate, per gestire ciascun settore di attività e per le altre funzioni di staff (amministrazione, controllo di gestione, personale, ecc.).
Questo modello, però, è solo abbozzato nello Statuto, ed è indebolito dall’attivismo di Presidenti ed Assessori (che lo Statuto nemmeno contempla): la Comunità deve dotarsi di un regolamento ai sensi dell’art. 3 dello Statuto dell’Ebraismo italiano, che imponga una separazione tra “politici” a staff, ed un modello efficiente.
3. CONCLUSIONE: VIA DALLA COMUNITA’ LA POLITICA ED I VOLONTARIEGGIANTI
Lo scopo delle elezioni comunitarie è di scegliere un Consiglio, e quindi una Giunta ed un Presidente, che governino bene la Comunità. Ed invece, alle elezioni (e quindi dopo le elezioni, in Consiglio ed in Giunta) gli schieramenti sono sovente politici: sinistra contro destra, laici contro religiosi, nemici ed amici di Israele. Questo nuoce gravemente alla vita della Comunità e deve finire.
Le questioni politiche nazionali e internazionali devono essere affrontate all’interno dell’UCEI, che dispone di un Consiglio composto di 52 membri (quindi il 2 per mille del totale degli ebrei italiani, come se il parlamento italiano fosse composto di 116.000 membri…). Agli eletti locali restano sufficienti compiti: l’indirizzo dell’amministrazione comunitaria, la verifica del raggiungimento dei risultati e dell’adeguatezza della struttura, la cultura, la sicurezza, i rapporti con gli enti locali.
Altro handicap delle nostre Comunità: il “volontarieggiato”, vale a dire il volontariato (campeggistico) di persone armate delle migliori intenzioni che si trovano a dover “amministrare” i diversi settori dell’amministrazione comunitaria (Presidente ed Assessori), e che “piantano le tende” in Comunità per tutta la durata del loro mandato. Dopo quattro anni (quando va bene, di solito due) queste persone lasciano la carica e si ricomincia daccapo. Abbiamo visto che, salvo rare eccezioni, questo nuoce gravemente alla Comunità, che invece deve essere dotata di strutture amministrative interne autosufficienti e continuative.
In sintesi:
1. LO SPIN-OFF DELLA SCUOLA
La Scuola deve essere separata dalla Comunità, governata da un board in cui siedano rappresentanti dei genitori, ex-alunni, imprenditori (sponsor), il Rabbino capo ed un rappresentante della Comunità e gestita da un rettore che riporti al board.
2. LA GOVERNANCE DELLA COMUNITA’
La Comunità deve essere amministrata dal Segretario, che deve essere dotato da adeguato staff. Consiglio e Giunta devono avere solo funzioni di indirizzo. La Comunità deve dotarsi di un regolamento ai sensi dell’art. 3 dello Statuto dell’Ebraismo italiano.
3. CONCLUSIONE
Le questioni “politiche” devono essere affrontate all’interno dell’UCEI. La Comunità deve essere dotata di strutture amministrative interne autosufficienti e continuative, e non deve essere amministrata (a turno) dagli eletti.