Gli elementi della devozione
http://www.anzarouth.com/2010/10/mesilat-yesharim-19-devozione-elementi.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
E nel Sifri dissero anche, riguardo al versetto (Deut. 12, 11): “Tutta la scelta delle vostre offerte”, che [l’espressione “scelta” indica che] bisogna portare solamente offerte scelte. E l’abbiamo già visto riguardo a Caino e Abele: l’offerta di Abele [al Creatore] proveniva dai primogeniti del suo gregge e dai loro grassi prelibati, mentre quella di Caino dagli scarti degli ortaggi, come spiegarono i Maestri di benedetta memoria (Midrash Bereshit Raba 22, 5); e quale fu il risultato? Che (Genesi 4, 4) “Hashem accettò l’offerta di Abele ma non quella di Caino”. Ed è detto (Malachia 1, 14): “Maledetto il truffatore che ha un animale maschio nel suo gregge eppure ad Hashem promette e offre [solo] una bestia menomata – perché sono un gran Re”.
E quanti avvertimenti abbiamo ricevuto dai Maestri di benedetta memoria affinché non manchiamo di rispetto alle Mitzvot… E dissero anche (Talmud Bavli, trattato Shabbat, 14a): “Chi tiene un rotolo di Torà a mani nude finirà sepolto nudo[1]“, per aver mancato di rispetto alla Mitzvà. E la cerimonia di offerta delle primizie sarà la nostra guida per capire in cosa consista l’impreziosimento delle Mitzvot, poiché è insegnato (Mishnà, trattato di Bikkurim, cap. 3): “Il toro avanza davanti a loro, con le corna ricoperte d’oro e una corona di [foglie] d’olivo[2] sulla testa, eccetera”. E aggiunsero (ibid.): “I ricchi portano le loro primizie dentro teche in oro; e i poveri in cestelli di vimini intrecciati ecc.”. E più avanti è detto: “Ci sono tre categorie di primizie: le primizie, le aggiunte alle primizie[3] e le decorazioni delle primizie[4] ecc.”. Ecco un esempio esplicito di quanto sia appropriato aggiungere alla Mitzvà ciò che serve a impreziosirla e da qui impariamo a fare altrettanto anche riguardo a tutte le altre Mitzvot della Torà.
Questa regola richiede anche di onorare i sabati e le feste, poiché chi li osserva con grande lustro dà certamente una grande soddisfazione al suo Creatore, visto che al riguardo ci è stato ordinato (Isaia 58, 13): “E lo 16 onorerai”. E una volta appurato che onorarlo è una Mitzvà, ci si trova di fronte a un’ampia scelta di modi di rendergli onore: la regola dice che dobbiamo mettere in atto tutto ciò che mette in luce l’importanza dello Shabbat. Perciò i primi Maestri preparavano lo Shabbat ognuno a modo suo[5] (Talmud Bavli, trattato Shabbat 119a): “Rabbi Abahu si sedeva su un seggio in avorio e soffiava sul fuoco[6] […] Rav Safra arrostiva la testa di un animale, Rava salava un pesce, Rav Huna accendeva il lume[7], Rav Papa preparava la miccia [delle candele], Rav Hisda affettava le rape, Raba e Rav Yossef tagliavano la legna, […] Rav Nachman portava oggetti avanti e indietro dicendo: se Rav Ami e Rav Asi venissero a trovarmi, non farei lo stesso in loro onore?” E va notato il paragone fatto da Rav Nachman, che ci propone un insegnamento importante: egli si chiedeva cosa avrebbe fatto generalmente per una persona che intendeva onorare – e di conseguenza proprio in quel modo onorava lo Shabbat. Di questo è detto (Talmud Bavli, trattato Berakhot 17a): “L’uomo deve sempre agire con astuzia [per procurarsi] il timore di Hashem”, cioè conoscere e riconoscere le cose le une dalle altre e scoprire nuovi accorgimenti per dare soddisfazione al proprio Creatore in ogni maniera che riveli la Sua immensità rispetto a noi; di modo che tutto ciò che Lo riguarda deve essere per noi altamente rispettabile. E poiché D-o benedetto, con la Sua grande bontà e modestia e malgrado la nostra bassezza, ha voluto onorarci comunicandoci le parole della Sua santità 17, perlomeno facciamo loro onore e dimostriamo quanto per noi esse siano preziose. E vedrai che questo è il vero timore di D-o, perché esso consiste, come abbiamo detto, nel timore dell’immensità (come abbiamo già ricordato), che implica un sentimento di onore simile all’affetto (come spiegheremo in seguito, con l’aiuto del Cielo), ciò che invece non è il caso per il timore della punizione, che non è essenziale e che non genera sentimenti di quel livello.
E torniamo all’argomento dello Shabbat. I Maestri dissero (Talmud Bavli, trattato Shabbat 119a): “Rav Anan vestiva di nero[8]“, cioè alla vigilia dello Shabbat indossava un abito nero per dare maggiore risalto all’onore dello Shabbat, durante il quale indossava invece dei bei vestiti. Ciò che ne risulta è che l’onore dello Shabbat non include solamente la sua preparazione; anzi, perfino l’assenza di [sfarzo e onori durante la vigilia di Shabbat] fa parte della Mitzvà, poiché rende ancora più visibile l’onore reso allo Shabbat. Inoltre, proprio in onore dello Shabbat i Maestri vietarono (Talmud Bavli, trattato Ghittin 38b) di consumare un pasto regolare alla vigilia dello Shabbat; e così altre regole di questo tipo.
Note del traduttore:
[16] Il versetto citato si riferisce in particolare allo Shabbat. Ricordiamo ai più distratti che secondo numerosi riti questo versetto viene recitato nel secondo Kiddush di Shabbat.
[17] La Torà, ovvio.
Commento
[1] Visto che non ha attribuito kavod alla Torah non avrà una sepoltura onorevole per gli uomini. Questa regola è codificata anche nello Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim 147,1). La ghemarà in Shabbat spiega che l’espressione non va intesa alla lettera, ma che chi si comporta così verrà sepolto nudo di mitzwot. Successivamente la ghemarà, stupendosi di un trattamento così rigoroso, arriverà alla conclusione che sarà nudo di quella mitzwah che stava compiendo toccando il sefer torah a mani nude, sia che stesse studiando, sia che lo stesse arrotolando.
[2] Il motivo per cui viene scelto l’olivo, è perché è il più bello fra i frutti di Israele (Rambam). Inoltre è il più vicino alla parola eretz nel versetto della Torah in cui i frutti sono elencati (Eretz zet shemen). Altri dicono che l’olio simboleggia il regno e il sacerdozio (Kehati).
[3] Le primizie non hanno misura, e per questo si aggiunge alla misura minima.
[4] Sono i frutti più belli che vengono messi sul cesto per impreziosirlo.
[5] I Maestri non adottavano personalmente tutti gli abbellimenti, ma solo alcuni aspetti, perché erano impegnati nello studio, ma tenevano comunque a fare qualcosa personalmente perché è meglio fare una mitzwah personalmente che attraverso un proprio inviato (Qiddushn 41a).
[6] Si noti che R. Abbahu onorava lo shabbat sfoggiando la propria proverbiale ricchezza.
[7] Molti si sono stupiti di questo fatto, poiché si tratta di una mitzwah spiccatamente femminile, poiché “le donne si trovano in casa e si occupano delle faccende domestiche”. Secondo il Maharshal accendeva dei lumi, affinché poi la moglie accendesse quelle di mitzwah; secondo lo Ya’vetz non era sposato, o la moglie era malata; il Gri”z spiega che ci sono due aspetti differenti nell’accensione dei lumi di Shabbat: quello dell’oneg (delizia), che prevede che vi sia un lume acceso durante lo shabbat, ed è una mitzwah prevalentemente femminile, e quello del kavod, che prevede che vi sia un lume acceso quando è ancora giorno, come tutti gli altri aspetti relativi al kavod dello shabbat descritti nella ghemarà.
[8] Rashì spiega che durante la vigilia dello Shabbat non bisogna indossare un vestito al quale teniamo molto e temiamo di sporcare, perché ci porterebbe ad astenerci dal preparare i pasti sabbatici.