L’Istituto di statistica nota che il numero dei matrimoni civili è in progressivo aumento (nell’Italia del nord sarebbero due terzi del totale e nel meridione un terzo); molte altre manifestazioni – un tempo esclusivamente religiose (funerali, nascite) – vengono oggi celebrate in modo laico con l’aiuto di un celebrante che, come segnala un articolo recentemente pubblicato *, ha seguito dei corsi abilitanti per organizzare la cerimonia concordandone i contenuti con gli interessati. Questa nuova figura del celebrante va a sostituire quella del “sacerdote” ed ha la funzione di ritualizzare il momento di passaggio che non si vuole che sia un atto puramente burocratico, come spesso avviene ad esempio nei matrimoni civili fatti in fretta e in serie.
Come si pone l’ebraismo di fronte a questo fenomeno?
Innanzi tutto va sottolineato quanto la vita dell’ebreo sia costellata da riti che non sono affatto banali e che vengono osservati da gran parte degli ebrei, più o meno religiosi, e questo perché molti riti sono espressione immediata dell’identità ebraica, al di là del significato “religioso” che essi hanno. Questo vale per la Milà, per il matrimonio, per un funerale e per tutti i “riti” che un ebreo compie a casa e non nelle sinagoghe: quanti ebrei mantengono la propria iscrizione alla Comunità perché in ogni caso desiderano essere sepolti in un cimitero ebraico? quanti ebrei non rinunciano fare il seder di Pèsach e a essere presenti il giorno di Kippur, espressione della religiosità più completa?
La società moderna ha spesso reso anonimi e privi di identità gli eventi di passaggio più importanti della vita dell’uomo, burocratizzandoli e arrivando così a eliminarli del tutto. Nell’ebraismo coloro che svolgono la funzione “sacerdotale”, cioè spesso i rabbini, non sono assolutamente necessari: in realtà ogni persona può svolgere le stesse finzioni e la funzione non si limita a ripetere formule vuote, ma viene sempre accompagnata da riflessioni sulla figura della persona scomparsa, sulla famiglia, sul momento: questa è la funzione dell’Hespèd durante il funerale e in tutte le altre circostanze, quando ognuno è chiamato a ricordare una persona venuta a mancare, affinché attraverso le parole di chi l’ha conosciuta e apprezzata possa continuare a rimanere viva.
Tutti i riti ebraici posso essere svolti in qualsiasi luogo e non nelle Sinagoghe: la casa è il luogo in cui molti riti vengono svolti, anche se talvolta si ricorre alla Sinagoghe in quanto luogo che ha le dimensioni adatte ad accogliere un pubblico numeroso: ricordiamo che Beth hakeneset, signifca casa di riunione.
Gli ebrei hanno quindi un patrimonio unico che devono salvaguardare: compito dei rabbini è di insegnare come fare questa operazione, ma la salvaguardia è compito di ogni ebreo/a.
Più che di rabbini abbiamo quindi bisogno di ebrei consapevoli e capaci di trasmettere la propria identità.
Scialom Bahbout
(* “Mai più figli di un rito minore” – “Il Venerdì” di Repubblica, 20 maggio)