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Cultura ebraica a tutto campo

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Maamàr

מאמר Articoli scientifici su argomenti specializzati

Ebrei di Roma. Il ghetto e il potere: una convivenza difficile

Benè Romi. La presenza ebraica a Roma nel Settecento, in Et ecce gavdivm, Gli ebrei romani e la cerimonia di insediamento dei pontefici a cura di Daniela Di Castro, Roma, Araldo De Luca Editore, 2010, pp. 12-21

Giancarlo Spizzichino

1 - Battesimi forzati

Sin dai primi secoli dell’e.v. il Cristianesimo, contrapponendosi all’Ebraismo, iniziò ad elaborare una teoria della “sostituzione”, presentandosi come suo naturale erede e come il “verus Israel” che aveva il compito di succedere a quello che un tempo era il “popolo eletto”[41].

Tuttavia i Padri della Chiesa, impegnati a farsi accettare da un mondo ancora pagano, non pretendevano di convertirlo con la forza. Il primo caso di battesimo imposto noto si fa risalire al tentativo del re visigoto Sisibuto passato dall’Arianesimo al Cristianesimo, il quale, nel 613, con un editto tentò di convertire a forza gli ebrei spagnoli. Questa conversione fu ritenuta valida da un concilio nel 617. Contro questa pratica della costrizione si schierò Gregorio Magno che stabilì la necessità della spontaneità, affinché una conversione fosse valida. Il principio che il battesimo una volta effettuato non poteva “essere rifiutato”, e che pertanto esso è valido qualsiasi siano le modalità della somministrazione, ha quindi origini antiche come pure antica è la pratica di battezzare con la forza.

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