Come è risaputo, il piut Shalom ‘Alekhem, composto nel XVII sec., si canta il venerdì sera, prima del Qiddush e del pasto sabbatico. Di Shabbat e Mo’ed ci sono varie opinioni fra gli acharonim se recitarlo. Si narra che il Chafetz Chayim, quando aveva ospiti, lo recitasse durante il pasto. Difatti, se c’erano delle persone affamate, gli angeli potevano certamente aspettare!In generale pertanto, quando si hanno ospiti, non ci si dovrebbe dilungare nei piutim prima del qiddush. Il piut compare per la prima volta nei Tiqqunè Shabbat (Praga 1641). E’ bene recitarlo appena arrivati a casa, senza dedicarsi a cose vane prima del qiddush.
L’autore del piut è ignoto, anche se è molto probabile che provenga da circoli mistici. Il componimento è basato su una ghemarà in massekhet Shabbat (119b): “R. Yosi bar Yehudàh dice: due angeli, uno buono e uno malvagio, accompagnano l’uomo dal bet ha-keneset a casa sua la sera dello Shabbat. Quando arriva a casa propria, se trova il lume acceso, la tavola apparecchiata e il letto sistemato, l’angelo buono dice: “sia la Sua volontà, che sia così un altro Shabbat” e l’angelo malvagio suo malgrado risponde amen; altrimenti l’angelo malvagio dice: “sia la Sua volontà, che sia così un altro Shabbat” e l’angelo buono suo malgrado risponde amen”. Chiaramente quanto scrive la ghemarà è esemplificativo: l”Arukh ha-Shulchan raccomanda che tutta la casa sia sistemata per onorare lo Shabbat.
Il piut è composto da quattro strofe, che vengono ripetute tre volte, dove variano solo le prime parole. I sefarditi aggiungono una strofa (beshivteckhem leshalom). La ripetizione per tre volte, oltre a rafforzare il concetto, potrebbe avere un’altra spiegazione: infatti si dice che la neshamàh yeteràh (anima aggiuntiva) sia accompagnata da tre malakhim, Mikhael, Gavriel e Uriel. Se così fosse, non ci si riferirebbe ai due malakhim del trattato di Shabbat. Altri ritengono che la ripetizione dipenda dai tre aspetti (lume, tavola e letti) che i malakhim vengono a verificare. Nella prima strofa alcuni leggono malakhè ha-shalom, come nelle altre, altri malakhè ha-sharet. Alcuni fanno seguire al piut il verso tratto dal Salmo 91 (v.11) “poiché darà ordine ai Suoi angeli che ti facciano guardia in tutte le tue vie”, e un verso del Salmo 121 (v.8): “Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri da ora e per sempre”. Alcuni poseqim sono contrari alla recitazione di questo piut, come alla recitazione di tutti i piutim che si rivolgono ai malakhim. R. Ya’aqov Emden (lo Ya’vetz) si opponeva alla sua recitazione, perché non ci si deve dilungare in richieste di Shabbat, e per questo motivo i chakhamim hanno accorciato la formula della ‘amidàh di Shabbat.
In realtà si deve segnalare che in merito c’è una discussione fra lAvudraham, che proibisce in ogni caso, e l’Or Zarua, che permette di formulare richieste uguali per tutti gli individui, che sono simili alle formule della tefillàh. Lo Ya’vetz riteneva anche che il testo contenesse vari elementi incomprensibili, come la mem di miMelekh. Alcuni anche nei testi a stampa eliminano la mem, a dire che i malakhim provengono dall’Eccelso, Re dei re dei re. Per questo è importante non fare alcuna pausa fra ‘elion e Melekh. Era contrario anche Chayim di Volozin, che temeva che si desse l’impressione di credere che i malakhim abbiano il potere di benedire o maledire gli uomini, mentre tutto arriva da H. I Malakhim non hanno difatti alcun potere. L’unica cosa che fanno, anche secondo la ghemarà, è registrare il nostro comportamento e regolarsi di conseguenza. Anche secondo lo Yerushalmi (Berakhot 9,1) è vietato chiedere alcunché a Gavriel o Mikhael, ma ci si deve rivolgere esclusivamente ad H. che ci risponderà prontamente. Anche il Pachad Ytzchaq (voce tzerakhav) ed il Gaon di Vilna si scagliarono contro i componimenti di questo genere.
Un motivo ulteriore per non recitarlo è che al giorno d’oggi non ci consideriamo all’altezza di rivolgerci ai malakhim, e per questo il piut non compare nel Siddur secondo il Chatam Sofer. Il Maharam Shiq tuttavia testimonia che il Chatam Sofer recitasse il brano sottovoce. Il Chidà in Machaziq berakhàh (262,2) riporta l’opinione di un chakham di non recitare la strofa “zetchem leshalom”, e scrive di concordare con questo punto di vista. Infatti si potrebbe dare l’impressione di voler cacciare i malakhim, e per questo alcuni modificano il testo in “bezetchem leshalom”. Alcuni giustificano l’espressione, poiché la stessa ghemarà in Shabbat scrive che gli angeli accompagnano le persone a casa, e non che si trattengono tutto il pasto. Secondo Shem miShim’on l’espressione boakhem leshalom è riferita all’angelo buono, mentre zetchem leshalom a quello malvagio. In ogni caso il Chidà conclude di mantenere l’uso consolidato, vista la sua diffusione. In base a quanto scrive l’Or ha-Chayim in parashat Ki tissà (31,169, commentando l’espressione “benì uvenekhem”, riferita allo Shabbat, la dimensione dello Shabbat riguarda solo noi e H., e quindi con l’inizio del pasto i malakhim non devono esserci, perché questa dimensione trascende anche il loro mondo. Shem miShim’on ritiene che è necessario che i malakhim escano prima del qiddush, che è una testimonianza circa la creazione del mondo. Se fossero presenti, si potrebbe pensare che li riteniamo parte della creazione.
Rav Quq in ‘Olet reiàh difende il piut: difatti dovremmo avere degli angeli che ci accompagnano sempre, quando abbiamo un segno (ot) con noi: anticamente si portavano i tefillin tutto il giorno, e gli angeli ci accompagnavano anche duranti i giorni feriali. Ora abbiamo con noi il segno dello Shabbat, e per questo alla sua entrata è giusto invocare i malakhim. Lo Sfat Emet (parashat Wayetzè) giustifica l’espressione commentando il verso “ed ecco gli angeli del Signore salivano e scendevano su di essa”, dicendo che all’entrata dello Shabbat gli angeli dei giorni feriali salgono, per lasciare spazio a quelli dello Shabbat. Lo stesso è riportato in Shem miShemuel (parashat Chayè Saràh). Ma non ci sono solamente detrattori del piut: ad esempio il Rashash riporta il testo, sostenendo che la richiesta di benedizione ai malakhim non è vietata, come la chiediamo agli tzadiqim, e sappiamo come la berakhàh, anche se di una persona qualsiasi, non deve essere sottovalutata.