Dovrebbe essere letto da ogni ebreo, non importa dove ci si trovi nell’ampio spettro tra rigorosa osservanza religiosa ed il rifiuto determinato della stessa.
Andrew Pessin* (Traduzione di Roberto Maggioncalda)
Maghen – uno studioso israeliano della legge Islamica, di origine americana, ma anche un tipo un po’ so-tutto-io-ma-non-in-modo-arrogante – ha letteralmente inventato un nuovo genere di scrittura, giustamente auto-intitolato “una furia filosofica” (“a Philosophical Rampage”), che potrebbe essere meglio descritto come l’equivalente letterario di tre parti caffè forte, due parti di Red Bull, e una parte la fusione nucleare. Si prende questa cosa in mano e praticamente vi esplode una supernova. Ma se ce la si fa a proseguire si è imbarcati per una cavalcata indiavolata, chiunque si sia.
Nel suo modo altamente energetico ed divertente, JL&J riguarda fondamentalmente la questione del perché, se sei ebreo, tu debba essere ebreo, vale a dire rendere la tua ebraicità una parte fiorente della tua identità – nonostante il fatto che sottolineare la propria affiliazione con una antica tribù sembri essere, in questo 21° secolo, non solo obsoleto e scomodo, ma anche assolutamente irrazionale. Perché essere ebrei, dopo tutto, quando ci sono tante altre cose meravigliose che si può essere: moderni, progressisti, scientifici, laici, multiculturali, americani, europei (ecc.), Cittadini del Mondo, o forse solo individui senza etichette e basta? Ma Maghen è giustamente consapevole che questo tipo di domanda non può essere affrontata correttamente senza prima rapidamente spaziare a fondo in questioni di interesse ed urgenza molto generali.
Scena iniziale: all’aeroporto di Los Angeles Maghen viene avvicinato da tre Hare Krishna. Solo che questi Hare Krishna hanno un accento che, con sua costernazione, riconosce immediatamente. Quasi certamente infatti Shira, Ofer, e Doron sono nativi del paese adottivo di Maghen. “Ma perché”, chiede loro, “siete qui, a promuoverequel libro, quando dovreste essere, beh, a casa, a studiare il vostro libro?!”
Così vengono presentati, l’universalismo, il razionalismo, e l’inerzia, sono le tre sfide principali che si pongono per qualsiasi persona moderna e pensante che consideri se essere o non essere ebreo. JL&J è la risposta di Maghen ai suoi tre connazionale ed ex-patrioti.
Si deve leggere il libro per i dettagli entusiasmanti (oltre che per scoprire perché John Lennon è nel titolo). Basti dire che Maghen discute per lo più a gran voce (ed in modo politicamente scorretto) contro l’ideale universalistico di Shira in favore dell’ideale di “amore preferenziale”: gli esseri umani vivono per l’amore, e l’amore per sua natura significa fare preferenze, il che significa preferire alcune persone ad altre persone , e tutto ciò è molto molto bene. Per quanto riguarda Ofer, beh, Maghen ammette, le credenze e le pratiche ebraiche sono un po’ folli. Ma forse avere senso non è la cosa più importante: la ragione potrebbe non meritare la nostra più alta ammirazione, dopo tutto, perché nulla di veramente significativo ha, in ultima analisi, un senso. E per quanto riguarda sfida di Doron, ancora una volta Maghen è d’accordo: ci vuole energia per impegnarsi in qualcosa, non solo di anacronistico ed irrazionale, ma che anche, come noto, arriva insieme ad inquisizioni e pogrom ed olocausti. Maghen è breve in questa parte perché, dopo tutto, cosa si può dire? Questa inerzia non è qualcosa che può essere confutato con argomentazioni, in modo esatto. Invece può solo essere contrastata da una scrittura forte e toccante, e che, alla fine, è ciò che JL&J è – un lungo pezzo di scrittura, fortemente energetico, molto toccante.
Quasi certamente non si sarà d’accordo con tutto ciò che Maghen dice, dato è che spesso provocatorio e controverso e controintuitivo. Ma si sarà certamente messi alla prova da esso; e non importa dove ci si trovi nello spettro sopra menzionato, si verrà fuori dalla lettura di questo libro più carichi di energia sulla propria ebraicità. E così leggete JL&J per gli argomenti; leggetelo per il senso dell’umorismo, lo stile di scrittura, per le storie, e per le intuizioni; leggetelo per il genere del tutto nuovo di scrittura; ma senza alcun dubbio, senza alcun dubbio, leggetelo.
“Ma noi non stiamo scegliendo un libro rispetto ad un altro,” obbietta Shira. “o una religione o cultura o gruppo etnico. Questo creerebbe false barriere tra le persone. Al contrario tutti gli esseri umani sono parte di una singola grande unità… “. Così siamo introdotti, in poche parole, all’’”universalismo”: l’idea che (ceteris paribus), dovremmo pensare e trattare tutti gli esseri umani allo stesso modo, che nessun essere umano è più meritevole del nostro amore e rispetto e considerazione di chiunque altro.
“E tu, amico mio”, continua Ofer, “hai un atteggiamento antiquato. La Torah e le sue leggi sono talmente formule magiche, storie arcaiche, ridicole regole e rituali, sono tutte senza capo né coda!”. Questo, in una sintesi ancora più spinta, è il “razionalismo”, qui reso come il principale ostacolo per la scelta di una persona intelligente e ragionevole di fare della propria ebraicità un punto di riferimento. Perché le credenze, le pratiche ed i rituali ebraici sono collettivamente, in una parola, irrazionali.
E infine parla Doron, “Adeguati al programma! Le distanze tra le società stanno diminuendo, i confini stanno evaporanso. Il tuo impegno verso una tribù è una forma di anacronistico auto-isolamento e limitazione!”. E così ci troviamo di fronte al problema dell’”inerzia”: che, qui, significa che ci vuole una dannata quantità di stress e di energia per mantenersi ebrei e che è semplicemente molto più facile andare a fare qualcosa d’altro.
*Cattedra di Filosofia, Connecticut College, Autore di “The God Question”.
[http://www.huffingtonpost.com/andrew-pessin/john-lennon-and-the-jews_b_873047.html ed altri siti]
Roberto Maggioncalda
Un libro interessante: John Lennon and the Jews Dopo avere letto lo scorso agosto una recensione su “The Forward”, che esce anche come inserto domenicale su Haaretz, del libro “John Lennon and the Jews”, di Ze’ev Maghen (http://www.forward.com/articles/141086/), ho avuto il fortunato impulso di acquistarlo su Amazon. Nonostante la recensione fosse molto buona, mai mi sarei aspettato una lettura così coinvolgente, trascinante, ed entusiasmante. Il libro, che oggi purtroppo non è ancora tradotto in italiano, è difficile da classificare.Forse potrebbe essere inquadrato tra i testi “apologetici” (ma l’autore fa proprio di questa categoria uno dei suoi bersagli, nel testo). Indubbiamente ha come tema principale la scelta individuale se aderire o meno all’”ebraismo” (più che mai da virgolettare dopo la lettura di un testo che in modo molto brillante sostiene essere qualcosa di inesistente), e quindi si potrebbe avere la tentazione di annoverarlo tra le opere ricadenti nella sfera dei libri “religiosi”.
Non mi pare sia così, anche se spesso sia le modalità argomentative che le citazioni ed i rimandi utilizzati ricordano quelle tipiche della tradizione ebraica (mishnà, gemarà, ecc.).Di sicuro è un libro filosofico. Anzi fortemente, caparbiamente, violentemente filosofico (con una espressione un po’ inglese viene da dire che Ze’ev Maghen non lascia nessuna “pietra non voltata” tra i vari grandi temi della filosofia che gli è necessario affrontare. Dal problema del determinismo dell’universo e libero arbitrio, a quello mente-corpo, a quello dell’utilitarismo, a quello del relativismo, ecc.). Tuttavia non si tratta di un libro che abbia come fine la filosofia. Essa resta sempre e solo uno strumento nelle mani dell’autore per potere sostenere le proprie idee (o, sarebbe meglio dire, i propri sentimenti, come è ben spiegato nel libro stesso, che fa della distinzione tra idee e sentimenti un po’ il proprio tema trainante). Si tratta allora forse di un pamphlet? Bè, in qualche modo si, ma sotto molti aspetti certamente no. E’ molto più profondo e meditato di quanto non sia tipicamente un pamphlet. Una prima versione molto più breve del testo apparve nel 1999 come articolo sulla rivista Azure 7 (http://www.azure.org.il/download/magazine/1451az7_maghen.pdf).
Come giustamente fa notare Andrew Pessin, docente di filosofia presso il Connecticut College ed autore di “The God Question”, la cui recensione a John Lennon and the Jews ho pensato di tradurre ed allegare, siamo di fronte ad un genere del tutto nuovo di opera, che giustamente l’autore stesso definisce nel sottotitolo con la locuzione “A Philosopical Rampage” (che si potrebbe rendere con “Una Furia Filosofica”). E’ un libro che viene voglia di regalare a tutti i propri amici, per condividerlo e per poi poterne discutere insieme. Molto facilmente si può infatti non essere d’accordo con molte delle idee che contiene, ma sempre viene forte la voglia di approfondirle e di continuare a dibatterne con qualcuno.
Due parole infine sull’autore: Ze’ev Maghen [http://en.wikipedia.org/wiki/Ze’ev_Maghen], è docente di Letteruatura Araba e Storia Araba presso il Dipartimento di Studi Medio Orientali della Università di Bar Ilan.(http://www.shalem.org.il/images/stories/CV_Zeev_Maghen.pdf ).