“Il Signore lo fece uscire fuori e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle se puoi contarle. Gli disse: così sarà la tua discendenza” (Genesi 15:5).
“E l’Eterno gli disse: Io sono l’Eterno che ti ha fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese affinché tu lo possegga.
E Abramo chiese: Signore, D-o, da cosa posso io riconoscere che lo possederò?’” (Genesi 15:7-8).
Il MaHaRa”M di Lublino (Meir Lublin o Meir ben Ghedalya, 1558-1616) afferma che guardare il cielo e contare le stelle, è l’invito divino a non fermarsi davanti a quello che pensiamo sia per noi impossibile, ma agire comunque. Abramo esegue la volontà divina anche se, a priori, sa che ciò che gli viene chiesto è impossibile da portare a termine.
Questo sarebbe allora il senso della promessa, che Dio fa al nostro patriarca, “così sarà la tua discendenza”. Il popolo che da te discenderà avrà la tua stessa facoltà, quella di non misurare la volontà in base alla possibilità ma la possibilità in base alla volontà.
Una vera volontà, porta la persona a scoprire addirittura nuove forze che lo possano indurre a fare quello che all’inizio gli sembra impossibile. Niente è impossibile se c’è una vera volontà che ci muove per fare quello che dobbiamo.
Abramo, a questo invito, risponde alla sua maniera, da uomo che possiede una fiducia infinita nel Signore. Infatti, Abramo fu la prima persona nella storia biblica a rivolgersi a D-o chiamandolo “אדוני/Ado-nai/Mio Signore”.
Per comprendere il perché questo evento sia così degno di nota, dobbiamo prima ragionare sulla concezione che sta alla basa della relazione servitore-padrone.
Il servitore soddisfa i desideri del suo padrone completando il lavoro del padrone. Il servitore è dunque un’estensione del suo padrone, il suo shaliach/procuratore. Quando il servitore agisce, è come se agisse il padrone.
Prima della comparsa sulla storia di Abramo, le persone potevano riconoscere l’esistenza di un Essere Primo e infinito che ha creato l’universo, ma non riuscivano a comprendere il perché un Essere veramente perfetto, trascendente al di là di tutte le cose, possa aver creato una realtà materiale imperfetta della quale si sarebbe preoccupato, anche nei minimi dettagli, per il suo funzionamento.
Prima di Abramo, l’umanità non ha mai avuto i mezzi per riconoscere quell’aspetto integrante della creazione, il suo nucleo interiore: l’universo aspira a perfezionarsi. Questa aspirazione di fondo per la perfezione, e il graduale progresso morale del mondo, è sia processo sia scopo. E’ in questo modo che la divina provvidenza governa tutte le vie morali del mondo, anche le più piccole e meno significative.
Il canale centrale per la ricerca della perfezione nell’universo è proprio la ricerca umana per elevare le sue azioni, i suoi tratti e i suoi pensieri.
All’essere umano è stato concesso il libero arbitrio di scegliere il bene o il male. Ma ciò che ci porta a scegliere il bene invece del male, è la volontà di Dio impressa nella creazione, che si ritrova nell’aspirazione profonda dell’universo a raggiungere la perfezione.
Dichiarando che D-o è il suo Maestro, Abramo proclamò pubblicamente che D-o governa il mondo e desidera la sua perfezione. D-o vuole che noi siamo i Suoi procuratori nel realizzare il graduale avanzamento del mondo verso la perfezione. E mentre lavoriamo per la nostra crescita spirituale personale, promuoviamo al tempo stesso il lavoro del nostro Maestro, l’elevazione spirituale dell’intero universo. E’ così che ci dimostriamo degni di essere discendenza di Abramo nostro padre.
Davanti all’esempio del nostro patriarca, facciamo nostra veramente la sua forza di volontà, di non fermarci davanti all’impossibile, e comportarci ebraicamente studiando e osservando la Torà come si deve. Perché la testimonianza, del nostro tragico passato, e purtroppo anche del nostro poresente, sarà più vera quando sapremo dimostrare concretamente di essere “figli di” Abramo e non solo beneficiare passivamente di un patronimico, Shabbat Shalom!