Serena Di Nepi – Storica
Bereshit 14: 7 «Tornarono e giunsero a ‘En Mishpat, che è Kadesh, e colpirono tutta la campagna di ‘Amalek e anche gli emorei che risiedevano a Khatzetzon Tamar»
Rashì En Mishpat, che è Kadesh: Qui è nominata En Mishpat (il pozzo del giudizio) in riferimento a ciò che sarebbe accaduto in futuro in quel luogo – dove Mosè e Aron sarebbero stati giudicati per ciò che era accaduto alla fonte. È identico con “le acque di Meribà (Bamidbar 20:1, 20:3). Onkelos, tuttavia, traduce il versetto insistendo sul suo primo e intuitivo significato: il luogo in cui le persone della zona erano use riunirsi per discutere i contenziosi.
La campagna di ‘Amalek: Amalek non era ancora nato, ma qui viene menzionato con il nome che avrebbe usato in futuro
A Khatzetzon Tamar: questa è Ein Gedi, come chiaramente indicato in Divrè Haiamim (Divrè Haiamim 2, 20: 2) nella storia di Jehoshaphat
La storia del popolo ebraico inizia con Avraham, Sarah e Izhak, quel figlio tanto desiderato e arrivato quando non era più possibile che arrivasse. Come leggeremo nei primi due versetti della parasha di Lech lechà, Il gesto fondativo di ciò che sarà Israele è affidato a un uomo e a una donna, a cui Dio chiede di andare via «dal luogo in cui sei nato e dalla casa di tuo padre verso la terrà che ti mostrerò. Farò di te una grande nazione, ti benedirò, esalterò il tuo nome e sarai tu stesso una benedizione». Se Avraham non fosse stato Avraham e non avesse avuto accanto Sarah, pronta ad accompagnare il marito in un’avventura senza chiara destinazione, le cose sarebbero state assai diverse. Ma così non fu e, con questa scelta consapevole, la storia cambiò per sempre.
Questa parashaè attraversata dal tempo e dai suoi fili intrecciati. C’è quel che fu in un tempo lontano, quello della famiglia e dei primi anni di Avraham, che ora entra nello sfondo del prima da cui si accetta di separarsi in via definitiva. C’è quel che è nel tempo delle vite del patriarca e della matriarca, degli uomini e delle donne che li circondano e delle persone che incontrano, amici e nemici. C’è quel che sarà nel tempo futuro di Israele, con le sue benedizioni, i suoi impegni e le sue sfide destinate a ripetersi di generazione in generazione.
E che la vita ebraica sia segnata da una strutturale e solidissima fragilità emerge con chiarezza proprio dai fatti narrati in Lech lechà: primo viaggio andata e ritorno da e verso l’Egitto, prime battaglie, prime avvisaglie di una storia fatta di spostamenti da un luogo all’altro, infinite peripezie e traballamenti e con la speranza di tornare in quella terra che Dio aveva mostrato ad Avraham. Un prima, un durante e un dopo, un detto, un non detto e un accennato già in queste poche parole.
La menzione apparente impropria di Amalek sembra insistere proprio questo. Come spiega Rashi, Amalek all’epoca di Avraham non era ancora nato e i pericoli immani che la sua esistenza avrebbe rappresentato (e rappresenta) per Israele erano assai lontani nel tempo. Ricordarli qua implica costringere da subito Avraham e la nazione che da lui sarebbe discesa – e che anno dopo anno avrebbe letto e ragionato su queste parole – a fare i conti con i pericoli che comporta essere ebrei, lasciando in sottofondo quelle altre e più facili scelte che la vita propone di giorno in giorno. Ma, appunto, il confronto con Amalek, narrato con indiscutibile chiarezza e altrettanto evidente anacronismo, avviene quando Avraham e Sara sono in cammino da tempo, hanno già corso e superato grandi pericoli e preso le loro decisioni più importanti: è questa coppia a creare Amalek, con la sua radicale diversità da tutto ciò che era conosciuto, e non il contrario. È un gioco di specchi e di cause e di effetti che si allineano e che, nel giro di poco, porteranno a definire con chiarezza aspetti vitali dell’ebraismo – il precetto della milà, il rapporto esistenziale con la terra d’Israele, la concatenazione delle generazioni; e che sono tali perché Avraham e Sara hanno accettato la missione difficile, e forse incomprensibile, che ha dato vita al popolo ebraico.
E la parashà lo ricorda: «Io sono Dio che ti ha fatto uscire da Ur Kasdim per darti questa terra in eredità» (Bereshit 15:7); a segnare, appunto, nel racconto il distacco tra un prima e un dopo, ancora da venire. Il cambiamento dei nomi del patriarca e della matriarca nei versetti finali di Lech lechà conferma la svolta avvenuta, che troverà il suo suggello nella nascita di Izhak. Da quel momento, le generazioni successive si penseranno come figlie del «Dio di Avraham, Izhak e Yaakov, che ti ha fatto uscire dalla terra di Egitto», riallacciando anno dopo anno il tempo presente al passato e al futuro. Nonostante Amalek sia parte della nostra storia, sono le nostre decisioni e le nostre azioni a determinare chi siamo e dove stiamo andando e non quelle del male del nostro tempo, qualunque esso sia.