La parashà inizia con queste parole: “E l’Eterno disse ad Avram: vattene dalla tua terra, da dove sei nato e dalla casa di tuo padre, verso la terra che ti mostrerò” (Bereshìt, 12:1). Su questo versetto vi è un midràsh (Bereshìt Rabbà, 39:1) nel quale r. Yitzchàk afferma: “Questo [midràsh] è una parabola di una persona che andava da un luogo all’altro […] e assomiglia a quello che accadde al nostro patriarca Avraham. Egli disse: «È possibile che in questo universo manchi una persona che se ne occupi?». Il Santo Benedetto lo guardò e gli disse: «Sono io il Padrone dell’Universo»”.
R. Eli’ezer Ashkenazi (Italia, 1513-1585, Cracovia) nella sua opera Ma’asè Hashem, spiega il significato di questo midràsh. Cosa significa “che andava da un luogo all’altro”? Non si poteva capire il messaggio senza queste parole? E ancora perché disse “Lo guardò”? Non bastava dire che il padrone gli parlò? R. Ashkenazi spiega che in questo midràsh si vuole fare notare che la profezia arrivò ad Avraham senza alcuna introduzione come avvenne con Moshè al roveto ardente. La parole “che andava da un luogo all’altro” si riferiscono al “percorso ideologico” del nostro patriarca che, in un mondo nel quale imperava l’idolatria, con le sue analisi filosofiche arrivò da solo alla comprensione che nel mondo vi è un solo Padrone. Quando raggiunse il massimo di quello che è possibile con l’intelletto, gli venne la profezia.
R. Israel Belsky (New York, 1938-2016) in Enei Yisroel (p. 59) fa notare che la storia del patriarca Avraham inizia solo in questa parashà, “… un evento che ebbe luogo quando aveva già 75 anni; l’implicazione è che il patriarca Avraham iniziò la sua opera di diffusione del monoteismo in età avanzata”. I midrashìm sono però ricchi di racconti sull’attività giovanile di Avraham nella sua lotta contro le ideologie e le pratiche idolatriche del mondo in cui viveva.
Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) nel suo commento alla Torà (Bereshìt, 12:2) afferma che la popolazione di Ur Kasdìm trattò Avraham in modo terribile a causa della sua fede nel Santo Benedetto. Per questo fuggì da lì e andò Charàn. Poi l’Eterno gli disse di lasciare anche Charàn e andare nella terra di Canaan e di diffondere colà il monoteismo. Lì non lo avrebbero trattato male come a Ur Kasdìm dove, per punirlo della sua ribellione contro la religione idolatra, lo avevano gettato in una fornace.
Da qui vediamo, aggiunge rav Belsky, che Avraham era già vicino all’Eterno quando era giovane. Egli aveva tentato di diffondere il monoteismo a Ur Kasdìm [ma era stato trattato come un pericoloso rivoluzionario] e non aveva avuto successo. L’opposizione di suo padre e del re Nimrod era stata troppo forte.
Il miracolo di Ur Kasdìm, quando Avraham uscì vivo dalla fornace nella quale era stato gettato per la sua ribellione contro l’idolatria, non è menzionato nella Torà e alcuni commentatori cercano di spiegarne il motivo. Il Nachmanide tuttavia fa notare che nella Torà vi è un accenno al miracolo di Ur Kasdìm nelle parole “Io sono l’Eterno che ti ha fatto uscire da Ur Kasdìm…” (Bereshìt, 15:7). Una simile affermazione è quella del Decalogo: “Io sono l’Eterno tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto” (Shemòt, 20:2). Come l’Esodo ebbe luogo grazie ai miracoli dell’Eterno, così pure avvenne per Avraham.
Questa parashà segna l’inizio dell’impatto ideologico di Avraham nel mondo. Arrivato nella terra di Canaan egli “egli proclamò il nome dell’Eterno, Dio dell’universo”(Bereshìt, 21:33). Sessantacinque più tardi, quando Avraham incaricò il suo servo Eli’ezer di andare a Charàn per cercare una moglie per Yitzchàk, lo fece giurare “in nome dell’Eterno Dio del cielo e della terra” (Bereshìt, 24:3). Quando aveva lasciato Ur Kasdim l’Eterno era solo “Dio del cielo” (ibid., 24:7). Ora la sua missione aveva avuto successo. L’Eterno era riconosciuto anche nella terra.