Saluto di Rav Ariel Di Porto – Campus Einaudi – 06/12
Buongiorno, un saluto a tutte le autorità presenti, agli accademici, al Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, a Clelia Piperno, direttrice del progetto di traduzione, a tutti voi presenti.
Il Talmud è il fulcro, sotto molti aspetti più della Bibbia stessa, della spiritualità e la rappresentazione più vivida dell’intelletto ebraico. Testo antico, ma al contempo modernissimo, paragonato a grandi creazioni del mondo attuale, come la psicanalisi o internet, ancora oggi, oltre un millennio dopo la sua composizione, costituisce l’elemento centrale nella formazione rabbinica in tutto il mondo.
La grossa novità è che negli ultimi decenni l’interesse del mondo accademico nei confronti del Talmud si è accresciuto in maniera significativa, sia per via delle numerose traduzioni nelle varie lingue, alla quali si affianca ora quella in italiano, sia per le varie introduzioni, alcune di buon livello, che hanno fornito agli studiosi i rudimenti indispensabili per affrontare questo studio.
Nei secoli il Talmud è stato oggetto di spaventosi attacchi. Basti pensare ai numerosi roghi, che intendevano sradicare il giudaismo, colpendolo al cuore.
Questo testo risulta essere, al pari di molti dei capolavori della letteratura di ogni tempo, molto difficile da inquadrare. Non è un’enciclopedia, non è un codice legale, ed è arduo anche chiamarlo semplicemente un’opera letteraria.
L’aspetto che più colpisce, in contrapposizione alla stragrande maggioranza dei testi della letteratura occidentale, ed in contrasto con la letteratura ebraica successiva, è l’assenza di un “autore” o di un particolare gruppo di autori, tanto che aspetti tanto centrali nella nostra concezione della cultura, quali lo spazio e il tempo, quando pensiamo al Talmud, passano in secondo piano.
Questo testo per noi occidentali rimane tuttavia di difficile accesso per svariati motivi, anzitutto per la sua oggettiva difficoltà (l’universitario, quando viene a sapere che lo studio giornaliero è costituito da un foglio, quantomeno si stupirà!), e per la necessità, per poterlo comprendere anche a livello superficiale, di numerose e diversificate competenze, non solo strettamente religiose, ma anche linguistiche, storiche, logiche ed ermeneutiche. Per capire cosa intendo è necessario “buttarsi” nel mare del Talmud, e quello che si apprezzerà, quando si intraprenderà questo studio, è che si rimarrà insoddisfatti e si vorrà studiare ancora e ancora, trovandosi calati in un sistema che si alimenta e vive di domande, piccole, grandi, a volte blasfeme, spesso apparentemente assurde.
Ma ogni domanda, e ogni tentativo di risposta, scopre un mondo. Non a caso molti dei più grandi pensatori ebrei del ‘900 si sono confrontati in qualche modo con il Talmud. Alcuni di loro, primi fra tutti Levinas ed Elie Wiesel, recentemente scomparso, hanno riscosso anche un discreto successo editoriale in Italia ed hanno accresciuto la curiosità nei confronti di un campo che mai in Italia è stato investigato in maniera continuativa e sistematica.
Per questo l’opera di traduzione del Talmud in italiano ha il merito da non sottovalutare, di farlo entrare finalmente a pieno titolo fra i grandi testi della letteratura accessibili allo studioso di lingua italiana, e nei prossimi anni certamente assisteremo ad una ulteriore crescita di interesse, che ha già dato e darà ancora ulteriore linfa agli studi ebraici in Italia.