Allo scopo di confiscare una vigna su cui non avevano alcun diritto, il re Achav e sua moglie Izevel ordirono una congiura contro Navot il proprietario che fu condannato a morte ingiustamente. In precedenza lo stesso Achav aveva mostrato compassione verso il crudele Beh Hadad re di Aram, ma non imparò la lezione: “chi è misericordioso verso i crudeli finirà per usare crudeltà verso i misericordiosi”. Navot era cugino primo del re e aveva una vigna contigua ad una delle residenze reali, quella di Izre’el (v. 1). Inizialmente Achav gli fece un’offerta ragionevole: ti pago il prezzo della vigna o te ne do un’altra migliore (v. 2).
Il re aveva diritto di confiscare la proprietà altrui solo per ragion di Stato, non per incamerarla fra i suoi beni personali. Inoltre, poteva esercitare questo diritto solo su beni acquisiti, ma non su terre ancestrali. Navot gli rispose che la vigna apparteneva al fondo più antico della sua famiglia e pertanto non avrebbe potuto alienarla (v. 3). Secondo un’altra spiegazione il diritto di confisca poteva essere esercitato solo da un re che dominasse su tutto Israele e che fosse stato scelto da D.: requisiti che mancavano ad Achav.
Achav reagì con frustrazione alla risposta negativa di Navot. Era seccato soprattutto dal modo sgarbato con cui Navot gli aveva replicato. Secondo altri lo disturbò l’evidenza che il suo potere non era così assoluto (v. 4). Benché Achav non fosse uno stinco di santo, non sarebbe mai precipitato al punto di uccidere qualcuno pur di ottenere i suoi beni. Una cosa del genere sarebbe stata impensabile anche per il più malvagio in Israele. Qui il re è pur sempre soggetto alla Torah. Ma sua moglie, la fenicia Izevel, era di tutt’altra pasta: se il re desidera qualcosa, dev’essere suo (v. 7)! Tuttavia non avrebbe potuto eliminare Navot apertamente, perché la cosa avrebbe suscitato scandalo e opposizione. Si rivolse perciò ad un numero ristretto di ufficiali e cortigiani a lei fedeli (v. 8) e fece accusare Navot di lesa maestà, in modo che nessuno avrebbe osato contestare la susseguente condanna e rivoltarsi.
Fece indire un digiuno, forse con la scusa di richiedere la pioggia in un periodo di siccità. Durante l’assemblea di preghiera fece sedere Navot “in capo al popolo” (v.9): secondo alcuni era questo l’uso verso persone accusate di crimini molto gravi, che così avrebbero potuto difendersi pubblicamente. Due malvagi prezzolati lo accusarono di aver insultato D. e il Re (v. 10): in realtà l’accusa strumentale era la seconda, perché solo chi avesse offeso il re avrebbe avuto oltre alla condanna capitale anche la confisca dei suoi beni e la loro aggregazione al tesoro reale! Ma essi aggiunsero l’accusa di blasfemia per infiammare le masse contro di lui. Dopo averlo lapidato mandarono a riferire a Izevel che forse era l’unica persona al corrente del complotto (v. 14).
Certamente Achav non avrebbe mai ucciso Navot, ma una volta che altri l’ebbero fatto per la sua vanità non si pose ulteriori dubbi di coscienza: informato che fu dell’eliminazione dell’ostacolo, prese possesso della vigna (v. 16). Il Profeta Eliyahu riapparve a rimproverarlo. L’omicidio, più di qualunque altro delitto, distrugge la società (Maimonide, Hil. Rotzeach 4,9): a dispetto di ogni altro crimine da lui commesso in precedenza fu proprio l’uccisione di Navot a costargli la condanna. Sebbene non avesse commesso materialmente l’assassinio, fu ritenuto responsabile dell’atmosfera di corruzione che sotto il suo regno lo aveva reso possibile: “hai ucciso e vuoi pure ereditare?” (v. 19). Inoltre non aveva impedito a sua moglie di dominare nel suo palazzo.
Achav non accennò subito ad alcun pentimento. Anzi controbatté, quasi accusando Eliahu di pregiudizio nei suoi confronti (v. 20). Ma Eliyahu confermò: “dal momento che ti sei venduto a fare il male…” o, secondo altri, “dal momento che hai fatto finta di non conoscere il male che si faceva”, non lascerò alcun maschio vivo nella tua discendenza. Achav non avrebbe neppure avuto parte nel Mondo a Venire. Anche a Izevel fu promessa la sua parte.
A quel punto Achav mostrò segni di contrizione (v. 27). D. lo fece notare a Eliyahu senza soffermarsi sui dettagli esteriori. Ciò che a D. veramente importa in un Ba’al Teshuvah è il senso interiore di vergogna che prova e la volontà di cambiare. Per via del rimorso di Achav D. sospese temporaneamente il decreto di sterminio per la sua famiglia fino a dopo la sua morte. Personalmente Achav morì in guerra e il suo sangue fu leccato dai cani, perché la parte “personale” della sua profezia non poteva più essere rinviata. Ma almeno la Teshuvah gli risparmiò di assistere alla fine dei suoi (v. 29).