R. Moshe Isserles (a Sh.A.O.Ch. 426,4) scrive a nome di R. Itzchaq Alfasi che “la Birkat ha-Levanah non va recitata stando sotto un tetto”, bensì sotto la volta celeste. I commentatori spiegano che la recitazione della Berakhah per la luna crescente equivale alla Qabbalat penè ha-Shekhinah e pertanto si deve uscire incontro alla luna come si andasse a ricevere un re. La fonte è nello stesso passo del Talmud che prescrive questa Berakhah da recitarsi una volta al mese: “Disse R. Achà figlio di Chaninà: Chiunque reciti la benedizione del mese a suo tempo è come se uscisse incontro alla Shekhinah. Infatti, è scritto a proposito della luna nuova ha-chodesh ha-zzeh (“questo mese”, Shemot 12,2) e un’espressione del tutto simile è scritta in un altro versetto a proposito di H. stesso: zeh Elì (“questo è il mio D.”, 15,2).
Insegna la Scuola di R. Ishma’el: se anche Israele non avesse meritato altro precetto che quello di accogliere la Shekhinah una volta al mese, sarebbe stato loro sufficiente. Disse Abayè: perciò, (dal momento che si accoglie la Shekhinah) la si reciti stando in piedi. Maremar e Mar Zutrà solevano ritrovarsi in compagnia e così la recitavano” (Sanhedrin 41b).
Il riferimento alla Presenza di H. si spiega in vari modi: 1) osservando la luna in Cielo si pensa alla potenza di D., di per sé invisibile, e le fasi lunari rammentano le meraviglie della Creazione (Tossafot Rabbenu Yonah a Berakhot, cap. 4); 2) le fasi lunari testimoniano la prova del governo del mondo da parte di H.: anche le altre stelle hanno dei moti periodici, ma sono assai più difficilmente discernibili (Levush, O.Ch. 426); 3) la Birkat ha-Levanah esprime la speranza che Israele si trovi presto in una “fase crescente” tale da consentirgli di uscire dall’esilio e accogliere la Shekhinah in Eretz Israel (Maharshà a Sanhedrin, loc.cit.); 4) nelle fonti qabbalistiche la luna stessa è assimilata alla Shekhinah e la diminuzione della luminosità lunare è messa in relazione con il peccato del Primo Uomo, che ha determinato l’allontanamento della Shekhinah dal mondo (cfr. anche Chullin 60). Spetta anzitutto a Israel riparare questa situazione con i suoi meriti e le sue preghiere (tiqqun – ‘Arokh ha-Shulchan 426,1).
Se tuttavia risulta impossibile recitare la Birkat ha-Levanah in questo modo per motivi di salute che impediscano di uscire di casa, o perché il suolo pubblico non è sufficientemente pulito, o per evitare di suscitare l’imbarazzo dei non-Ebrei, scrivono i Posseqim che è lecito recitare la berakhah anche da un balcone coperto o attraverso la finestra, possibilmente aperta. Il Pachad Itzchaq (Lampronti, s.v. Birkat ha-Chodesh) afferma esplicitamente che questo era l’uso di Ferrara e se la prende con “alcuni nuovi arrivati dotati di un po’ di profumo di Torah che credendo di essere grandi chakhamim e qabbalisti escono in parte dal BHK sefardita il Sabato sera e, pur avendo la possibilità di recitare la Berakhah attraverso le finestre o nel cortile del BHK che è spazio pulito e aperto, ciononostante vanno per strada lungo il muro, luogo sporco assai vicino all’androne piccolo e stretto chiamato transito, e lì si mettono a recitare la Berakhah. Li ho rimproverati in viso molte volte, ma non mi hanno dato ascolto: “guai alle creature che offendono la Torah (cfr. Avot 6) recitando questa sacra Berakhah in mezzo alla sozzura”.
R. Shemuel Abohab di Venezia (Resp. Devar Shemuel n. 242), interrogato su questo argomento da R. Israel Lengo di Reggio, dà un’altra spiegazione del rigore di recitare la Birkat ha-Levanah all’aperto. Come è noto in antico si stabiliva l’inizio del nuovo mese in base all’avvistamento della luna nuova. La Halakhah è che se i testimoni affermavano di aver visto la luna riflessa nell’acqua di un fiume o di una fonte o attraverso un vetro non venivano ascoltati dal Tribunale (Maimonide, Hil. Qiddush ha-Chòdesh 2,5 sulla base di Rosh ha-Shanah 24a). La ragione, spiega il Devar Shemuel richiamando Rashì, è che si temeva potessero avere scambiato per la luna un bagliore di qualsiasi altra origine che nel riflettersi assumeva le sembianze della luna. Lo stesso scrupolo si applicherebbe anche alla Birkat ha-Levanah: recitandola davanti alla luna riflessa o rifratta nel vetro si teme di prendersi un “abbaglio” e di pronunciare il Nome invano; da qui il rigore di uscire all’aperto, dove la luna sia visibile senza intercapedini. Questa considerazione, aggiunge il Devar Shemuel, potrebbe consentire peraltro una facilitazione: se infatti ci sono testimoni all’esterno che possono affermare di aver effettivamente visto la luna in cielo in quel momento e in quel luogo, ecco che la Birkat ha-Levanah può essere recitata anche all’interno osservando la luna persino attraverso una finestra chiusa, purché il vetro sia non colorato e perfettamente trasparente. Non è invece consentito recitare la Berakhah davanti all’immagine della luna riflessa in uno specchio o in televisione (Resp. Yechawweh Da’at, 2,28; cfr. anche 4, p. 103).
All’atto pratico è opportuno, ove possibile, recarsi a recitare la Berakhah all’aperto in luogo pulito per uscire d’obbligo secondo tutte le opinioni. Non è necessario tuttavia sfilarsi gli occhiali a questo scopo, neppure nel caso in cui l’ausilio di questi è indispensabile per scorgere la luna distintamente (Ben Ish Chay, anno II, P. Wayqrà, n. 24). La posizione dei non-vedenti rispetto a quest’obbligo è controversa: pertanto è opportuno che essi ascoltino la Berakhah recitata da un’altra persona e si limitino a rispondere Amèn al termine.