Kippur 5761: scrittura divina e scrittura umana
Perché Kippur cade il 10 di Tishrì? Che successe di particolare in questo giorno? Pesach, ad esempio, cade il 15 di Nissan perché in questo giorno gli ebrei uscirono dall’Egitto. Shavuot capita il 6 di Sivan perché questo è il giorno in cui furono promulgati i Dieci Comandamenti. Rosh ha-shanà cade il primo di Tishrì che è il giorno in cui fu creato il mondo (o meglio, l’Uomo). E Kippur? Che ricorda il 10 di Tishrì?
Una risposta a questa domanda è fornita da Rashì nel commento a Esodo (31: 18): “Il 17 di Tamuz furono spezzate le Tavole [a causa del peccato del vitello d’oro] e nel giorno di Kippur il Santo Benedetto si riconciliò con Israele”. Come si arriva a questa conclusione? Rashì lo spiega nel commento a Esodo 33: 11: “Il 17 di Tamuz le Tavole furono spezzate, il 18 (Mosè) bruciò il vitello e giudicò i colpevoli, il 19 salì (sul monte Sinai) e lì stette 40 giorni per chiedere misericordia (per il popolo); Rosh Chodesh Elul [il primo di Elul] gli fu detto di salire di nuovo per ricevere le seconde tavole e Mosè trascorse là 40 giorni… Il 10 di Tishrì il Santo Benedetto si riconciliò con Israele con gioia e con integrità di cuore, disse a Mosè di aver perdonato e gli consegnò le seconde tavole; poi (Mosè) discese…”.
In altre parole, Rashì ci spiega che Mosè, dopo la promulgazione del Decalogo il 6 (o il 7) di Sivan, trascorse 40 giorni sul Monte Sinai per ricevere le Tavole della Legge, che ruppe immediatamente (il 17 di Tamuz) quando vide gli ebrei danzare attorno al vitello d’oro. Successivamente trascorse altri 40 giorni in preghiera, alla conclusione dei quali D-o accettò di continuare il rapporto privilegiato con il popolo d’Israele e di ascoltare le suppliche di Mosè in favore degli ebrei. Quel giorno era Rosh Chodesh Elul ed è per questo che tale giorno rappresenta l’inizio del periodo penitenziale. Dopo di ciò Mosè trascorse ancora altri 40 giorni e 40 notti sul monte Sinai per ricevere le seconde Tavole della Legge in sostituzione delle prime che erano state rotte. Questo terzo ciclo di 40 giorni si concluse il 10 di Tishrì: le nuove Tavole della Legge che Mosè ricevette sul Monte in quel giorno, e che riportò nell’accampamento, rappresentavano quindi il segno tangibile del perdono concesso da D-o al popolo di Israele. Questo è il motivo per cui il 10 di Tishri è Kippur, ossia il giorno del perdono e dell’espiazione dei peccati commessi.
Poniamoci ora un’altra domanda: chi scrisse le seconde Tavole della Legge? Il testo della Torà è ambiguo. Da una parte è detto: “Il Sign-re disse a Mosè: Scolpisciti due tavole di pietra come le prime e Io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime tavole che tu hai spezzato” ( Esodo 34: 1); più avanti si dice però: “Il Sign-re disse a Mosè: Scrivi queste parole… e (Mosè) stette là con il Sign-re quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua, e scrisse sulle tavole le parole del patto, le Dieci Parole” ( Esodo 34: 27-28). Molti commentatori (fra cui Rashì, Ramban, Ibn Ezra, Abrabanel) sostengono che il soggetto di “scrisse” nel verso 28 è D-o, in conformità con quanto è scritto nel verso 1 (e con quanto affermato in Deuter. 10: 2, 4). Secondo questa opinione, D-o scrisse i Dieci Comandamenti sulle seconde tavole, come aveva fatto precedentemente sulle prime; l’ordine di D-o a Mosè di “scrivere queste parole” (verso 27) non si riferisce ai Dieci Comandamenti, bensì a qualcos’altro. Altri tuttavia pensano che il soggetto di “scrisse” nel verso 28 è lo stesso di “stette”, che è chiaramente Mosè: fu dunque Mosè, e non D-o, a scrivere i Dieci Comandamenti sulle seconde tavole. Quest’ultima opinione si basa su un midrash: “Disse il Santo Benedetto a Mosè: Io ho scritto le prime tavole, come è detto scritte con il dito di D-o (Deuter . 9: 10); ma le seconde – scrivile tu e accontentati che Io ti dia una mano. Ciò può essere paragonato a un re che aveva sposato una donna e aveva scritto egli stesso la ketubbà; dopo pochi giorni ella lo tradì e fu cacciata via di casa. Venne poi un loro amico che convinse il re a riconciliarsi con la donna. Il re allora disse all’amico: Va bene, però ora la ketubbà scrivila tu, e accontentati che io ti dia una mano. Questo è ciò a cui si riferisce il testo con le parole e Io scriverò sulle tavole ” ( Shemot rabbà 47: 2; Tanchumà yashan , Ki tissà 17). Secondo il midrash, quindi, quando la Torà afferma che D-o avrebbe scritto sulle seconde tavole, intende solo dire che D-o avrebbe sostenuto, “convalidato”, o se vogliamo dettato quanto da Mosè scritto. Ma fu Mosè che non solo scolpì le seconde tavole, ma anche scrisse i Dieci Comandamenti. Questa opinione è sostenuta, fra gli altri, da R. Isaia da Trani (XIII sec.) e R. David Ben Zimrà (Spagna, Egitto, Israele (XVI sec.).
Ma che differenza fa se fu D-o o Mosè a scrivere le seconde tavole? Un’illuminante risposta si può ricavare da quanto scrive il Netziv (R. Naftali Tzevi Yehudà Berlin di Volozhin, XIX sec.) nel commento alla Torà Ha’amèq davàr . Il Netziv sostiene che il soggetto di “scrisse” sono sia D-o che Mosè, che agirono di concerto, l’Uno scrivendo i Dieci Comandamenti e l’altro la Torà. Afferma il Netziv che “nelle prime tavole non era riposta la capacità di fare innovazioni: era possibile ricavare da esse solo ciò che Mosè aveva ricevuto insieme al testo, senza poter effettuare innovazioni halakhiche tramite le 13 regole ermeneutiche del Talmud. La Torà orale sarebbe stata costituita soltanto da ciò che era stato tramandato da Mosè, e su ciò su cui non era stato tramandato alcunché si poteva al massimo procedere per analogia. Ma con le seconde tavole venne data la possibilità a ogni studente anziano di innovare halakhot, basandosi sulle regole ermeneutiche e sul Talmud… Per questo il Santo Benedetto ordinò che le seconde tavole fossero scolpite per mano di Mosè, non perché non meritassero che fossero opera di D-o, ma per insegnare che le innovazioni halakhiche che è possibile fare con queste tavole derivano dalla partecipazione dello sforzo umano unito all’aiuto dal Cielo. Le tavole stesse erano opera di Mosè ma scritte da D-o, una scrittura nella quale c’era anche la partecipazione di Mosè…” (commento a Esodo 34: 1).
Sulla linea di queste parole Kippur assume quindi un nuovo significato. Se Shavuot è il giorno che ricorda il dono della Torà da parte di D-o al popolo d’Israele, Kippur è la festa che riafferma la partecipazione umana alla “costruzione” della Torà. Kippur è il giorno in cui ricordiamo il dono delle seconde Tavole della Legge che, se pur a un livello di santità inferiore rispetto alle prime, scolpite e scritte direttamente da D-o, hanno però un fondamentale vantaggio per l’Uomo: esse sono (anche) opera sua, e oltre a ciò gli danno la possibilità di far evolvere la halakhà, una cosa che era preclusa in un mondo che aveva a disposizione solo le prime tavole. Ed è per questo che Kippur è anche il giorno della riconciliazione fra uomo e D-o.
Settembre 2000 – Pubblicato su Shalom