Da una derashà di Rav Sacks
La parashah di Ki Tetzè si conclude con dei versetti estremamente famosi (Devarim 25, 17-189): “Ricordati di ciò che ti fece ‘Amalec quando eri in viaggio, allorché uscisti dall’Egitto, che ti assalì sulla strada e colpì tutti coloro che affranti erano rimasti indietro mentre tu eri stanco e sfinito, e non temette D. E quando il Signore tuo D. ti darà tregua da tutti i tuoi nemici all’intorno nella terra che sta per darti in eredità perché tu ne prenda possesso, cancellerai il ricordo di ‘Amalec di sotto al cielo, non dimenticarlo!” Ai tempi di Mosheh il popolo ebraico aveva due grandi nemici, gli amaleciti e gli egiziani.
Gli egiziani avevano schiavizzato gli Israeliti, obbligandoli al lavoro forzato, opprimendoli, uccidendone ogni bambino maschio gettandolo nel Nilo, tentando persino di attuare un genocidio. Nonostante tutto questo la Torah dice (Devarim 23,8): “… non aborrire l’egiziano, perché fosti ospite nel suo paese.” L’incontro con ‘Amaleq si verifica un’unica volta e culmina in una vittoria, ma Mosheh ordina di ricordare e non dimenticare. La guerra fra H. e ‘Amaleq sarà, è detto in Shemot (17,16), una guerra di generazione in generazione. Dov’è la differenza? Perché è possibile perdonare gli egiziani ma non gli amaleciti? La risposta è la conseguenza di quanto afferma la Mishnah nel Pirqè Avot (5,19): “Ogni amore che sia subordinato a qualcosa, se vien meno la motivazione vien meno l’amore; viceversa quello che non è condizionato a nulla non vien meno mai. Qual è un amore subordinato a qualcos’altro? L’amore di Amnon e Tamar. E quello che non sia condizionato? L’amore di David e Yehonathan.” Se l’amore dipende da una certa condizione, quando questa non sussiste più l’amore scompare.
Amnon amava, o piuttosto desiderava, la sorellastra Tamar, poiché gli era proibita. Dopo essere riuscito a giacere con lei iniziò ad odiarla intensamente, più di quanto non l’avesse amata in precedenza (2Sam 13,15). Ma quando l’amore è incondizionato e irrazionale non cessa mai. E’ possibile rovesciare il ragionamento della mishnah e applicarlo all’odio. A volte l’odio è razionale, è fondato su una paura o una disapprovazione, giustificata o meno, che gli conferisce una logica, e con la logica può essere annullato. Ma c’è poco da ragionare per l’odio irrazionale. Non si può fare nulla per affrontarlo e sradicarlo. Semplicemente persiste. Questa è la differenza fra l’odio degli egiziani e quello degli amaleciti. L’odio egiziano nei confronti degli ebrei aveva una sua logica. Il faraone deve addurre una giustificazione per il suo mutamento di atteggiamento. Gli ebrei sono numerosi e costituiscono un pericolo. Sono una minaccia per gli autoctoni. Gli storici narrano che gli egiziani in tempi recenti avevano sofferto per una situazione simile quando arrivarono gli Hyksos, che si stabilirono in Egitto, assumendo il potere. Quando furono scacciati le tracce della loro presenza vennero cancellate. La memoria di questi eventi era però ancora viva, e il timore della potenza ebraica poteva pertanto essere comprensibile. Di certo non era giustificato, perché gli ebrei non desideravano prendere il potere, anzi avrebbero preferito partire, ma è comprensibile: sebbene sia molto più pericoloso guidare un auto che prendere l’aereo, subito dopo un disastro aereo le persone temono molto di più questo mezzo di trasporto. Normalmente le emozioni razionali ma ingiustificate possono essere contrastate con il ragionamento. Per gli amaleciti vale il contrario. Attaccano gli ebrei quando sono stanchi e deboli, concentrando il proprio attacco sulle retrovie, rivolgendosi contro chi non costituiva un pericolo. Si trattava di un odio irrazionale. Gli egiziani ormai non avevano più motivo di odiare gli ebrei.
Ormai erano andati. Ma con l’odio irrazionale è impossibile ragionare. Si può solo essere vigili e combatterlo ogni volta che appare. Nella xenofobia c’è un aspetto razionale, la paura degli straniero, che rimanda a fasi molto arcaiche dello sviluppo umano, quando era indispensabile riconoscere rapidamente i membri della propria tribù. Era in corso una guerra continua per il cibo e per il territorio. Non era un’epoca segnata dal liberalismo e dalla tolleranza. Il membro di un’altra tribù non si sarebbe lasciato sfuggire la possibilità di eliminare un potenziale concorrente. Anche una delle più grandi civiltà dell’antichità, quella greca, era xenofoba. Tutti i non greci erano barbari. Ancora oggi varie popolazioni native vedono con sospetto gli stranieri. Questa paura però con il tempo viene vinta: gli stranieri in due o tre generazioni si integrano, contribuiscono all’economia e alla cultura nazionali. L’antisemitismo è sostanzialmente diverso dalla xenofobia. E’ il tipico esempio di odio irrazionale. Nel medioevo gli ebrei subirono le accuse più infamanti, di avvelenare i pozzi, diffondendo la peste, e di uccidere i bambini cristiani, per usare il loro sangue nella preparazione delle matzot. Sebbene ciò fosse impossibile, le persone non hanno fatto a meno di crederci.
L’illuminismo riponeva grandi aspettative circa l’odio antiebraico, ma riuscì solo a generare un tipo di odio differente, l’antisemitismo razziale. Gli ebrei furono odiati per tutto e per il contrario di tutto, per essere ricchi ed essere poveri, capitalisti e comunisti, perché erano separati dal resto della popolazione e si infiltravano ovunque, perché credevano in un’antica fede e perché erano cosmopoliti che non credevano in nulla. Herzl, confrontandosi con questa situazione, comprese che gli ebrei, sebbene avessero contribuito alla crescita delle nazioni in cui vivevano per secoli, erano ancora degli stranieri, e non potevano aspirare neppure a rimanere in pace. Persino la Shoah e la sua memoria hanno modificato la situazione. L’odio irrazionale non muore. Alcune volte può servire sedersi ragionare per sradicare delle forme particolari di odio antiebraico, ma altre volte non serve. Dobbiamo ricordare, non dimenticare, e difenderci. ‘Amaleq non è morto, ma anche noi siamo vivi e vegeti.