Rav Benchitrit
Alla fine della Parashat Shemot, la Torà ci riporta che Hashem aveva mandato Moshè per chiedere la liberazione dei Benè Israel a Faraone. Non solo questo gli viene rifiutato, ma per lo più Faraone aumenta l’intensità e la crudeltà della schiavitù. Moshè si gira verso Hashem e gli “rimprovera” di aver portato ad aumentare la sofferenza dei Benè Israel.
All’inizio della Parashat di Vaherà, Hashem risponde a Moshè Rabbenu:
“Mi sono rivelato ad Avraham, Itshak e Yaacov sotto il nome di Shakai. E il Mio nome Hashem non glielo ho fatto conoscere.”
Quando Hashem dice:
“Mi sono rivelato ad Avraham, Itshak e Yaacov sotto il nome di Shakai”, Rashi commenta:
“ho fatto loro delle promesse, e in tutte gli ho detto <<Io sono Shakai>>”.
E su:
“e il Mio nome <<Hashem, non Mi sono fatto conoscere a loro>>, Rashi spiega: non è scritto <<non ho fatto conoscere loro>> ma <<non sono stato conosciuto da loro così>> secondo il mio attributo di verità a causa del quale il Mio nome viene chiamato <<Eterno>> fedele a realizzare le Mie parole perché ecco Io ho promesso loro ma non ho ancora realizzato”.
Cerchiamo di recepire attraverso questo passaggio della Torà qualche nozione di un soggetto infinito per definizione: il nome di Hashem.
Il Rav Haim di Vologin ci riporta un testo dello Zohar che dice che è vietato riflettere sull’essenza di Hashem. Qui la parola vietato significa che sarebbe una perdita di tempo perché l’essenza di Hashem ci è totalmente inaccessibile. Ciò che noi percepiamo di Lui, è quello che Lui ha ben voluto lasciarci percepire, ed è ciò che noi chiamiamo il Suo Nome. E’ per questo che parliamo sempre del Nome di Hashem (Hashem vuole dire il Nome) e mai di Hashem stesso. Kidush Hashem, Hillul Hashem, Lemaan Hashem, Baavur Shimekha etc…
Le diverse sfaccettature espresse dalla Torà e dai Saggi attraverso l’intervento di Hashem nel mondo.
Il Nome è dunque la rappresentazione di Hashem nel mondo.
Allo stesso modo a una scala umana, quando si parla del nome di qualcuno, la sua reputazione, è l’impronta della sua personalità che si è impressa nello spirito di coloro che l’hanno frequentato. Questa impronta è dunque il frutto della proiezione della persona nella realtà. Ma noi sappiamo che il veicolo della proiezione è la volontà dell’uomo. Perché l’uomo esiste proiettando la sua volontà nella realtà.
Un atto è la canalizzazione di una volontà puntuale su una realtà. Per esempio un Kinian, un atto di acquisizione, è la proiezione di una volontà di acquisire confermata da un gesto di appropriazione.
Posso fare un atto per qualcun altro anche se lui non è qua per compiere lui stesso l’atto perché divento il vettore della sua volontà nella realtà. Questo significa che prolungo il suo raggio di volontà, di esistenza fino a qui anche in sua assenza fisica, ed è quello che viene chiamato <<fare un atto in nome di qualcuno>>. Faccio dunque esistere l’altro. Così facendo possiamo compiere delle Mitzvot in nome di parenti defunti e dare loro dei meriti allorchè la Mitzvà per definizione deve essere un atto accompagnato da una volontà propria ma facendola <<in nome di>> prolunghiamo l’esistenza della persona. Questo è il Kivud av vahem (rispetto dei genitori) dopo la scomparsa dei genitori. Come la luce della stella che vediamo brillare (e dunque che viene fino a noi) mentre sappiamo che il corpo della stella è sparito da molto tempo. Ma la volontà nel linguaggio dei Saggi viene chiamata Or, luce.
Allo stesso modo ciò che sappiamo di Hashem non potrà essere che i diversi volti che Egli ha ben voluto che noi percepissimo di Lui.
Il fatto di percepirli e di dar loro una realtà concreta con l’aiuto del nostro Bitahon, la fede vissuta, è ciò che permette di prolungare il raggio della Volontà di Hashem nella nostra vita: la Hashgaka, l’intervento di Hashem nella nostra vita.
La conoscenza del nome di Hashem condizionerà dunque il grado di aiuto di Hashem del quale andremo a beneficiare.
Prendiamo ad esempio il nome Elokim che corrisponde a Midat Hadin, dunque la qualità di rigore di Hashem. La parola Elokim ha lo stesso valore numerico (86) della parola hateva, che significa la natura. Ma sappiamo che la natura è rigorosa (colui che si butta da un palazzo o ingoia il manubrio di una bicicletta è morto di una morte naturale perché le leggi della natura, all’occorrenza qui, l’incompatibilità si applica brutalmente). Dunque colui che crede unicamente nella natura (materialista) si sottomette indirettamente a Elokim e alla Midat adin.
Ma sappiamo che Elokim è solamente una parete di separazione tra noi e Hashem per dar luogo all’esercizio della fede dunque di vedere Hashem dietro la natura. Da lì deriva l’espressione dei saggi: <<Hashem mitlabesh beelokut>>, Hashem si veste di Elokut.
Colui che ha capito che la natura è qua solamente per porre il decoro della prova della fede, e che vive questa percezione intensamente toglie alla natura il suo lato irreversibile e così la natura diventa per lui la facciata più esterna dell’intervento di Hashem allora diventa il partner di Hashem al di là della natura e fa dei miracoli. <<Retson ireav yaassè>>: la volontà di coloro che Lo temono Egli compirà.
L’esercizio giornaliero della preghiera non è forse l’esercizio di oltrepassare la natura per arrivare direttamente a Colui che la domina?
Il nome di Hashem, il tetragramma impronunciabile, rappresenta la misericordia di Hashem. La Parola viene dalla radice ovè che significa essere e presente, la sua forma tale come si presenta nel Nome è piuttosto meavè. Bisognerebbe dunque tradurre letteralmente il tetragramma, quello che fa essere.
Quale differenza tra fare e fare essere?
Colui che fa agisce direttamente sulla realtà per produrre un cambiamento come il giardiniere che dà una forma alla terra. Mentre colui che fa essere agisce indirettamente creando le circostanze e le situazioni che daranno al potenziale la possibilità di essere. Come i genitori che creano un clima di amore e di principi dove il bambino può divenire e sbocciare.
Hashem dietro la natura (Elokim) lascia l’uomo divenire creando questo spazio nella coscienza che permette il libero arbitrio e l’emergenza della maturità. Come i genitori che lasciano uno spazio di libertà al bambino perché possa coltivare la sua propria coscienza e la sua maturità.
L’<<assenteismo>> di Hashem diventa vettore di maturità della credenza dell’uomo.
Hashem ha nella vita dell’uomo solamente il posto che lui Gli lascia. Come lo dice la Ghemarà Sotah sull’orgoglioso: <<Hashem dice: lui e Io non possiamo risiedere in un solo mondo>>. Perché l’orgoglioso prende tutto il posto! Questo non vuol dire che Hashem non interverrà affatto nella vita dell’orgoglioso, al contrario ciò significa che visto che ha rifiutato il partenariato con Hashem condizionato dalla fede diventerà il pedone della Volontà di Hashem che verrà compiuta attraverso lui ma contro la sua volontà (come Faraone di cui Hashem ha indurito il cuore). Questa è la differenza tra Hashgaha Klalit (Hashem non si occupa particolarmente di me ma Egli mi utilizza per il Suo progetto globale) e la Hashgaha Pratit (mi identifico alla Torà e sviluppo una relazione privileggiata con Hashem e divento attore-partner del Suo progetto).
Una delle differenze tra il bambino e l’adulto è che il bambino vede le cose a corto termine e ha bisogno di essere rassicurato sul monento sui risultati dei suoi sforzi mentre l’adulto capisce che ci vuole più tempo perché il progetto è più importante della soddisfazione personale che se ne trae.
Così nella relazione con Hashem gli Avoth avevano una relazione “da adulti” dunque Hashem ha potuto rivelarsi a loro sotto la facciata Shakai della quale non vediamo per forza il compimento delle promesse. Invece Hashem sapeva che i Benè Israel in Egitto avevano un livello da “bambini” e non potevano accettare che la facciata di Hashem che mostra i risultati a corto termine. Ma Moshè non l’aveva capito ed è ciò che ha giustificato la reazione di Hashem all’inizio della nostra Parashà.
Ci vorrebbero ancora qualche centinaio di pagine e qua sono solamente alcune parole lanciate per incoraggiare ognuno cercare di capire e soprattutto a vivere secondo queste facciate che Hashem avrà la bontà di girare verso di noi. Issà Hashem panav elekha veyassem lekhà shalom.
Questo è un corso estratto da uno dei 110 corsi audio di Rav Yehia Benchetrit che si intitola: Che cosa sappiamo di D-o?
Traduzione di Caroline Saada
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