Oggi è Shabbat Sheqalim in cui si annuncia Rosh Chodesh Adar: abbiamo letto nel secondo Sefer il brano relativo alla Mitzwah di portare mezzo Sheqel che ai tempi del Bet ha-Miqdash si raccoglieva ogni anno nel mese di Adar per l’acquisto dei sacrifici pubblici, il cui nuovo anno decorreva a partire da Nissan. Perché proprio mezzo Sheqel a testa? Molte sono le spiegazioni: qui mi concentrerò su tre. 1) La Torah spiega la donazione come espiazione per il peccato del Vitello d’Oro.
Narra il Midrash che al Vitello d’Oro parteciparono solo gli uomini e non le donne. Ecco perché le donne sono esenti dal portare il Machatzit ha-Sheqel (oltre al fatto che si tratta di un precetto positivo legato al tempo). Il Machatzit ha-Sheqel simboleggia a sua volta l’espiazione richiesta solo per metà del popolo.
2) A trasgredire è solo una metà di noi, la nostra esteriorità. L’interiorità è integra per definizione. Questo fatto è simboleggiato dal mezzo Sheqel. Attenzione perciò a non bollare il trasgressore come tale quando si esegue la Mitzwah di ammonirlo. Si rischia di confermarlo nella sua idea anziché di correggerlo. Come se gli dicessimo: “Sei un peccatore per natura, senza possibilità di recupero”. Non è vero: ciascuno di noi, quando commette una trasgressione, cede solo a una parte di sé. Solo facendo leva sulla parte buona, anziché su quella “cattiva”, possiamo sperare di ricondurlo sulla retta via. E’ quanto scrive il versetto (Wayqrà 19,17, secondo un’interpretazione): “Ammonisci il tuo prossimo, ma non attribuirgli il peccato”, cioè: non dirgli che è un peccatore.
3) Ma è possibile un’altra spiegazione. Il valore numerico di Sheqel è 430, pari al numero degli anni che, secondo un versetto, avrebbe dovuto durare la schiavitù d’Egitto. Come è noto essa fu dimezzata per vari motivi. Il mezzo Sheqel potrebbe avere una relazione con questo. Ma come possiamo dimostrare l’esistenza di un legame fra lo Sheqel e l’Egitto? C’è una discussione fra i Maestri della Mishnah se Leviim e Kohanim erano tenuti anch’essi al versamento del Machatzit ha-Sheqel. Secondo un’opinione no, per due motivi. Il primo è che si temeva una sorta di conflitto di interessi. Si temeva cioè che la classe sacerdotale non accettasse di tutto cuore il versamento fatto a favore dell’erario del Tempio e che perciò potesse ancora considerare i sacrifici acquistati con quei soldi come una proprietà sua personale anziché come sacrifici pubblici. In secondo luogo il versetto dice che il contributo doveva essere versato da tutti i censiti dai vent’anni in su (kol ha-‘over ‘al ha-pequdim mi-ben ‘esrim shanah wa-ma’lah), mentre i Leviti erano censiti a partire dall’età di un mese, dunque in modo diverso. L’altra opinione sostiene invece che anche i Kohanim versavano il Machatzit ha-Sheqel. Risolve la prima difficoltà asserendo che essi firmavano una sorta di liberatoria con cui scaricavano ogni rivendicazione di proprietà dalla moneta versata che entrava così nell’erario pubblico a tutti gli effetti. Quanto alla seconda, si interpreta kol ha-‘over in modo diverso: il versetto comprenderebbe tutti coloro che hanno attraversato il Mar Rosso, includendo dunque anche Leviti e Kohanim. La Halakhah segue questa opinione e dimostra l’esistenza di una relazione del Machatzit ha-Sheqel con l’Uscita dall’Egitto.
Quale aspetto verrebbe valorizzato dal Machatzit ha-Sheqel? Forse il fatto di aver goduto della Bizzat ha-Yam, il bottino degli egiziani morti nel mare che D. fece trovare la mattina successiva ai Figli d’Israele. E’ vero che me-‘iqqar ha-din essi non avrebbero dovuto restituire nulla, ma per essere più che corretti fu loro richiesto di contribuire. Versando a chi, dal momento che i legittimi proprietari erano morti? Quando il proprietario non è più rintracciabile si restituisce al S.B., presumendo che questa scelta sia bene accetta da tutti. Ecco come il Machatzit ha-Sheqel risponderebbe a questo scopo.