Libri: La famiglia Karnowski di Israel Yoshua Singer
Paolo Petroni
Come molti intellettuali ebrei dell’est Europa, anche il polacco Israel Yoshua Singer, fratello del premio Nobel Isaac Bashevis Singer che lo chiamava ”il mio maestro”, affascinato dalla possibilità di costruire un mondo più giusto, corse a Mosca nel 1918 sicuro che anche per la gente del suo popolo sarebbe nato qualcosa di migliore. Ma ogni rivoluzione è cruenta, è una resa di conti e, in più, in quella sovietica l’antisemitismo sembrava più vivo che mai. Torna quindi in patria e, dal 1923 scrive corrispondenze dalla Russia sovietica per il quotidiano di New York ‘Forward’ in lingua yiddish, che gli inimicano tutti i suoi vecchi compagni, tanto che deciderà di partire per l’America, dove scriverà alcuni romanzi di rara potenza espressiva, sempre vedendo tutto con occhio ironico e costruendo vivaci affreschi storici esemplari.
Da noi si conosceva, anche se non aveva avuto la fortuna che meritava, oscurato dal Nobel al fratello minore, ‘I fratelli Ashkenazi’, pubblicato a suo tempo da Longanesi, e oggi Adelphi ci propone la sua opera forse più importante, un piccolo grande capolavoro amaro e disilluso per quel filo di angoscia che lo percorre più o meno sotterraneo sino alla fine, ‘La famiglia Karnowski’, ostinata e colta, le cui vicende seguiamo per tre generazioni, attraverso David, Georg e Jegor dalla Polonia degli antichi villaggi alla moderna Berlino, per finire nel mondo libero e pieno di contraddizioni di una metropoli come New York.
Naturalmente il tema del romanzo resta quel dualismo irrisolvibile tra tra nostalgia e desiderio di futuro, tra voglia di integrarsi nel mondo moderno e diverso e la forza identitaria delle proprie radici. ”Ebreo in casa e tedesco nel mondo” si definisce David Karnowski che, affascinato dal movimento illuminista ebraico Haskalà, lascia lo shtetl nativo e cerca fortuna a Berlino dove diventa di lingua tedesca, mettendo da parte l’yiddish, che pure è la lingua in via di sparizione con cui i due Singer hanno continuato sempre a scrivere i propri libri. Su questa strada suo figlio Georg, quasi a mimetizzarsi nella nuova realtà, studia, diventa medico, partecipa alla grande guerra e sposa un’infermiera non ebrea, anche se poi decide di circoncidere il figlio, ma lo fa autonomamente, senza rabbino e cerimonia religiosa. Non si accorgono, i Karnowski, la cui saga molti hanno paragonato per certi versi ai Buddenbrook di Thomas Mann, che si sta loro aprendo un baratro davanti con la nascita del nazismo e poi la presa del potere e le leggi razziali. Non resta che fuggire oltreoceano, dove bisogna ricominciare da capo (e la insopprimibile, perduta vitalità venata di follia dello shtetl sembra riprodursi proprio tra le strade di New York, come in un cerchio che va chiudendosi) e, se si cercano scorciatoie, se si rinnega il proprio passato, non può che esserci rovina.
Un romanzo che svela tutta la ricchezza esemplare della tradizione e della storia ebraica tra Otto e Novecento, in cui più si rispecchia la complessità tra fiducia e tragedia del nostro recente passato, anche se Israel Joshua Singer, morto nel 1944, forse non arrivò a conoscere davvero quale fosse la mostruosa realtà della ‘soluzione finale’. Da quando gli ebrei sono ebrei vengono perseguitati ”e nonostante tutto siamo ancora qui. Ma a perdurare non è la plebaglia, sono Socrate e rabbi Akiva e Galileo Galilei”, risponde David, in partenza per gli Usa, a un vecchio erudito libraio che gli parla delle nuove persecuzioni. E questo ricco romanzo, nella bella traduzione di Anna Linda Callow, è un’altra di quelle cose che sono sopravvissute, restano e resteranno a testimoniare la forza dell’uomo e le qualità della sua umanità, a dispetto delle distruzioni della storia. (ANSA).
http://www.ansa.it/web/notizie/unlibroalgiorno/news/2013/08/29/-famiglia-Karnowski-_9214309.html
Da noi si conosceva, anche se non aveva avuto la fortuna che meritava, oscurato dal Nobel al fratello minore, ‘I fratelli Ashkenazi’, pubblicato a suo tempo da Longanesi, e oggi Adelphi ci propone la sua opera forse più importante, un piccolo grande capolavoro amaro e disilluso per quel filo di angoscia che lo percorre più o meno sotterraneo sino alla fine, ‘La famiglia Karnowski’, ostinata e colta, le cui vicende seguiamo per tre generazioni, attraverso David, Georg e Jegor dalla Polonia degli antichi villaggi alla moderna Berlino, per finire nel mondo libero e pieno di contraddizioni di una metropoli come New York.
Naturalmente il tema del romanzo resta quel dualismo irrisolvibile tra tra nostalgia e desiderio di futuro, tra voglia di integrarsi nel mondo moderno e diverso e la forza identitaria delle proprie radici. ”Ebreo in casa e tedesco nel mondo” si definisce David Karnowski che, affascinato dal movimento illuminista ebraico Haskalà, lascia lo shtetl nativo e cerca fortuna a Berlino dove diventa di lingua tedesca, mettendo da parte l’yiddish, che pure è la lingua in via di sparizione con cui i due Singer hanno continuato sempre a scrivere i propri libri. Su questa strada suo figlio Georg, quasi a mimetizzarsi nella nuova realtà, studia, diventa medico, partecipa alla grande guerra e sposa un’infermiera non ebrea, anche se poi decide di circoncidere il figlio, ma lo fa autonomamente, senza rabbino e cerimonia religiosa. Non si accorgono, i Karnowski, la cui saga molti hanno paragonato per certi versi ai Buddenbrook di Thomas Mann, che si sta loro aprendo un baratro davanti con la nascita del nazismo e poi la presa del potere e le leggi razziali. Non resta che fuggire oltreoceano, dove bisogna ricominciare da capo (e la insopprimibile, perduta vitalità venata di follia dello shtetl sembra riprodursi proprio tra le strade di New York, come in un cerchio che va chiudendosi) e, se si cercano scorciatoie, se si rinnega il proprio passato, non può che esserci rovina.
Un romanzo che svela tutta la ricchezza esemplare della tradizione e della storia ebraica tra Otto e Novecento, in cui più si rispecchia la complessità tra fiducia e tragedia del nostro recente passato, anche se Israel Joshua Singer, morto nel 1944, forse non arrivò a conoscere davvero quale fosse la mostruosa realtà della ‘soluzione finale’. Da quando gli ebrei sono ebrei vengono perseguitati ”e nonostante tutto siamo ancora qui. Ma a perdurare non è la plebaglia, sono Socrate e rabbi Akiva e Galileo Galilei”, risponde David, in partenza per gli Usa, a un vecchio erudito libraio che gli parla delle nuove persecuzioni. E questo ricco romanzo, nella bella traduzione di Anna Linda Callow, è un’altra di quelle cose che sono sopravvissute, restano e resteranno a testimoniare la forza dell’uomo e le qualità della sua umanità, a dispetto delle distruzioni della storia. (ANSA).
http://www.ansa.it/web/notizie/unlibroalgiorno/news/2013/08/29/-famiglia-Karnowski-_9214309.html