Shalom – 20.11.2023 – Teologia e la vecchia storia dell’Ebraismo vendicativo
Tra gli orrori del pogrom del 7 ottobre, filmati dagli stessi terroristi, c’è un video che mostra una ragazza rapita, stuprata e ferita, portata a Gaza ed esibita come un trofeo sotto gli sguardi compiaciuti di una folla di uomini e donne (e nel silenzio successivo di tante organizzazioni femministe per le quali evidentemente non tutti gli stupri e i femminicidi meritano uguale riprovazione). Si provi a chiedere a questa ragazza, ammesso che sia sopravvissuta, o a qualcuno dei suoi famigliari, se sia disposta a perdonare fino a settanta volte i suoi violentatori o se provi amore per i suoi nemici, che finora non sembrano aver dato alcun segno di ravvedimento. Il buon senso elementare ci dovrebbe fare astenere da certe domande.
Eppure lo spettro di queste domande, e ciò che c’è dietro, aleggia in questi giorni di preoccupazioni, per molti, e di giudizi solenni da altre parti. È il tentativo di inquadrare, spiegare, giudicare il conflitto in corso (come è già successo tante volte in passato) con le categorie teologiche. Quelle, per esser chiari, che attribuiscono all’ebraismo una natura senza amore, giustizialista e vendicativa.
È una vecchia storia, che nasce con la separazione del cristianesimo dalla radice ebraica. Ebraismo e cristianesimo hanno radici comuni e tante cose condivise, ma anche tante differenze. Nel desiderio di distaccarsi dalla matrice ebraica è stato costruito un sistema oppositorio: c’è un Dio della giustizia e della vendetta, quello del cosiddetto ’Antico Testamento’ (e già chiamare così la Bibbia ebraica è un modo ostile) e un Dio dell’amore, quello del Vangelo. Per gli ebrei c’è la legge del taglione (“occhio per occhio” ecc.) per i cristiani quella del perdono. Gli ebrei adorano un Dio cattivo, i cristiani un Dio buono. Gli ebrei sono pertanto cattivi per natura e cultura, i cristiani sono buoni.
Tutto questo è un’idea malsana, sbagliata teologicamente, condannata anche dal pensiero recente delle Chiese. Il Dio della Bibbia ebraica, come quello dei Vangeli, è sempre lo stesso e non è cambiato, è di giustizia e di amore. Chi sostiene queste contrapposizioni tra l’altro ignora l’elaborazione rabbinica su questi temi, a cominciare proprio dell’interpretazione del taglione che non è mai stato mutilazione ma sanzione pecuniaria. Tuttavia, sostenere la contrapposizione (che tecnicamente si chiama marcionismo, dal nome dell’eretico Marcione che la elaborò) è funzionale per dimostrare la propria superiorità, per insegnare il disprezzo dell’ebraismo e per trasformare la vittima, se non se la sente di perdonare o amare il suo nemico, o chiede giustizia, in un colpevole lei stessa.
È stato detto anche in trasmissioni televisive che il cristianesimo è l’unica religione in cui si comanda di amare i nemici. Forse è vero, ma di sicuro è anche vero che il precetto non è mai stato applicato da chi doveva seguirlo, se non a livello eroico di singoli, certo no dai popoli cristiani in guerra e dai loro capi spirituali. Se c’è una cosa da evitare oggi, è il meccanismo perverso di rispolverare categorie teologiche che dicono di predicare l’amore ma di fatto sono portatrici di ostilità. Si chiama marcionismo, è antigiudaismo.