Beniamino Ottolenghi
La scorsa festa di Shavuoth ha segnato quarant’anni dalle fondazione del bet hakkenèset di via Eupili ( Beth Yossef ve Eliahu in ricordo dei primi parnassìm, il Prof. Yossef Colombo zl. e di Rav Eliau Kopciowski zl.) L’ispiratore di questa iniziativa fu Rav Kopciowski con l’aiuto di Eugenio Mortara zl. che sostenne tutte le spese per la ristrutturazione, su progetto dell’Architetto Luciano Consigli, dei locali della vecchia scuola materna della Comunità. Per la prima volta nell’ebraismo milanese di rito italiano un Beth Hakesseth iniziò e continua ancora dopo quarant’anni, un’attività indipendente dai bilanci della Comunità e senza alcun peso per le tasche dei contribuenti.
Tutto questo può suonare come un tono freddo, alquanto burocratico il che è esattamente l’opposto dell’atmosfera cordiale che hanno sempre respirato i frequentatori del bet hakkenèset.
L’intenzione di Rav Kopciowski era di raccogliere intorno al bet hakkenèset un gruppo di fedeli di rito italiano pur tenendo conto delle varie provenienze e dei vari gradi di osservanza delle mitzvot. Questo provoco varie difficoltà agli inizi, difficoltà che furono superate solo grazie alla personalità piena di comprensione di Rav Kopciowski.
Per alcuni anni prima della costituzione ufficiale del bet hakkenèset, Rav Kopciowski aveva organizzato dei minianim per i moadim di Rosh Hashanà -Kippur e Succoth nei locali dell’allora Scuola ed aveva cosi attirato parecchie famiglie della zona.
Sottolineo la parola “famiglie” perché questo fu l’altro obbiettivo di Rav Kopciowski per la Sua opera tra i giovani. Sin dall’inizio Egli incoraggiò i giovani ad essere partecipi in prima persona nella conduzione delle tefillot.
I risultati della Sua opera sono oggi ben visibili. Tra i giovani che in varie epoche hanno frequentato il bet hakkenèset si annoverano oggi ben quattro rabbini di origine italiana: Rav Elia Richetti, Rav Alberto Somekh, Rav Giuseppe Momigliano, Rav Avraham Ianni ed inoltre numerosi altri giovani sono oggi in Israele ed in altre parti del mondo testimoni del particolare rito italiano delle tefillot e shomre mitzvot. Ricordo anche il Dott. Moshe Levi e il prof. Annibale Momigliano per la loro puntigliosa e precisa lettura della Torà quando ancora studenti frequentarono via Eupili.
II fatto che i frequentatori del bet hakkenèset erano in maggioranza giovani unitamente a famiglie con numerosi bambini ci portò a chiudere il bet hakkenèset i mesi di Luglio e Agosto. Credo sia l’unico bet hakkenèset “chiuso per vacanze!”
Un’altra particolarità del bet hakkenèset e sempre stata di non insistere per offerte in occasione di alioth. A questo proposito un fatto curioso: fummo avvicinati dai dirigenti un altro oratorio di:Milano che si lamentarono che noi “rovinavamo il mercato”. Per la mitzvà della petichà (apertura dell’Aron Hakodesh) i loro membri offrivano sino centomila lire (anni ’60) mentre noi la assegnavamo gratis! Ci spiegammo così perchà ogni tanto avevamo quali ospiti membri di quel bet hakkenèset in cui la petichà era tanto considerata.
La prima terna di parnassim era composta dal Prof Colombo, da Eugenio Mortara e da me, Beniamino Ottolenghi. Credo che fui cooptato o per merito dei miei tre figli, allievi di Rav Kopciowski, che in varia frequenza condussero le tefillot o per il solo fatto che abitavo nelle vicinanze. Ebbi cosi l’opportunità di apprezzare le personalità di Eugenio Mortara per la sua dedizione ai bisogni della Comunità e del Prof. Colombo che porta con se la dignità e i ricordi dello Ebraismo Livornese dei suoi tempi. Quando sorgeva qualche problema tutto veniva generalmente risolto dal Prof. Colombo con la .frase spesso ripetuta “da noi a Livorno si faceva così”.
Una di queste difficoltà sorse dal fatto che alla birchat koanim, spece di Kippùr, la sezione maschile del bet hakkenèset era invasa da frotte di mogli e figlie che erano abituate a ricevere cosi la benedizione dai propri mariti e padri.
Questa era una abitudine che da tempo era tollerata in vari bate Keneset italiani ma non era precisamente secondo la halakhà. Ci volle tutta la forza di volonta del Prof. Colombo per resistere a tutte le proteste di chi doveva dare la berachà alla propria famiglia nel corridoio e non all’interno del bet hakkenèset. Infine la discussione fu sopita ed oggi non ci si ricorda nemmeno che fosse sorta.
Anche riguardo alla kasherut dei cibi offerti ai kiddush del venerdì sera e del sabato mattina vi furono al principio vari problemi che furono risolti da un comitato di Signore composto da Gianna Kerbes z.l. da Jaqueline Sasson z.l. e da mia moglie Sara Ottolenghi z.l.. Con l’avvicendamento delle cariche fu poi parnàs l’ing. Clemente Kerbes z.l. uomo modesto ma di profonda cultura ebraica. Le sue magnifiche haftaròt risuonano ancora nella mia mente.
Per un buon periodo di tempo fummo fortunati di suscitare l’interesse di Rav Yeudah Elarar che ogni sabato si accollava una passeggiata di un ora all’andata e un ora al ritorno per venire a darci un Dvar Torah. Il suo modo semplice di esporre i vari argomenti con il suo simpatico accento francese (è rimasta all’epoca famosa la sua priera). Fece presa sull’attenzione del pubblico. Che si interessò ai suoi punti di vista e chiese venisse a dare una lezione- ben seguita- la Domenica mattina. Dobbiamo al Rav Elarar anche la formazione della piccola biblioteca di testi ebraici in varie lingue.
Acharon acharon haviv l’attuale Parnas Eli Sasson i.b.l.a. che ha saputo in questi ultimi anni rilanciare il bet hakkenèset ed allargare il cerchio dei frequentatori con le sue personali amicizie. Eli è un eccezionale amministratore ed in seguito ha anche assunto personalmente il mantenimento del bet hakkenèset. Tra l’altro ha fatto venire da Israele i magnifici banchi che ancora oggi abbelliscono il bet hakkenèset.
Per concludere qual è il segreto del successo di via Eupili? Credo sia una specie di ritorno al passato prima dell’emancipazione e della creazione dalla seconda metà dell’800 dei templi centrali cattedrali nelle principali città italiane. Le piccole Comunità avevano semplicemente la scola dove si pregava e si studiava. (unica eccezione il vecchio tempio di Livorno che fu completato nel 1789) Il fatto che ci si senta in una piccola comunità dove ognuno è conosciuto e la maggior parte dei presenti partecipa alle tefillòt crea quella atmosfera famigliare e di amicizia che è particolare di questo bet hakkenèset. Anzi mi correggo ma questa è anche una conferma – ho trovato la stessa atmosfera nel bet hakkenèset italiano di Gerusalemme.
P.S. Non ho potuto ricordare in questo articolo i numerosi frequentatori del bet hakkenèset che meriterebbero di essere menzionati con tutti mi scuso e li ricordo nel mio affetto. B.O.
Pubblicato sul Bollettino della Comunità ebraica di Milano – Settembre 2003