Yonah. 2,4: “Tutti i tuoi frangenti e le tue onde sono passati su di me”. Shemot 15, 11: “Chi è come Te fra gli dei, H.”
Chi può avere pronunciato una frase simile nella Shirat Ha-yam, la “Cantica del Mare” cui è dedicato lo Shabbat odierno, detto appunto “Shabbat Shirah”? E’ la domanda del Midrash, che si trova dinanzi all’ingombrante cenno a divinità straniere contenuto in questo verso. Difficilmente sarà partito dalle bocche di Mosheh e dei Figli d’Israel. Ebbene, sarebbe stato nessun altro che il Faraone a pronunciarla per primo, dopo aver visto il suo popolo annegare nel mare: estrema, tragica conseguenza di una politica sbagliata. Quello stesso Faraone che aveva detto: “Chi è H. alla cui voce debba prestare ascolto?” ora fa Teshuvah e dice: “Chi è come Te fra gli dei, H.?”
Al Midrash piacciono, evidentemente, le nemesi storiche. L’annegamento di massa degli Egiziani nel Mar Rosso non è una pena scelta a caso. Essa rappresenta il contrappasso di un crimine perpetrato dal Faraone in forma ripetuta e continuativa: aver decretato l’annegamento dei bimbi ebrei nel Nilo. Da allora il discorso si articola attraverso un rapporto in cui la distinzione fra acqua e sangue non è del tutto discernibile. Ne fa fede letteralmente la prima delle dieci piaghe. Forse essa ci vuole insegnare che anche l’acqua, che gli uni considerano elemento salvifico per eccellenza, può trasformarsi nei confronti di altri in strumento di violenza.
A partire dallo scorso 28 Dicembre il “Corriere della Sera” ha dedicato ampio spazio ai nuovi sviluppi di quello che è ormai noto come il caso Pacelli. La testata milanese ha pubblicato un documento inedito, datato settembre 1946, in cui il S. Uffizio, con l’avallo del Papa, ordinava di non restituire alle famiglie e alle comunità israelitiche i bambini ebrei ospitati da istituzioni cattoliche francesi per sottrarli alle persecuzioni naziste. La rivelazione ha riacceso la polemica contro la beatificazione di Pio XII da parte di esponenti del mondo ebraico. Scrive il “Corriere” del 9 Gennaio: “La ricerca su Pio XII… ondeggia, vulnerabile all’apologia odiosa e all’odiosa provocazione. Si prenda proprio il caso degli ebrei grandi e piccini salvati nei conventi: presentarli come la briciola che riequilibra il genocidio è una bestemmia. Bravi preti, frati e suore sono una tessera in un mosaico nel quale altri cattolici sono stati perpetratori, ignavi o vittime”.
La questione è stata praticamente ignorata da “La Stampa” e osteggiata dalla Comunità di S. Egidio, che vi ha visto un’indebita ingerenza negli affari interni della Chiesa. Diversi correligionari mi hanno domandato se abbiamo il diritto di chiedere la sospensione di una causa che riguarda un’altra religione. Rispondo loro che anche se così semplicemente fosse il diritto di parola e di protesta non può essere negato a nessuno. Ma in realtà non solo di questo si tratta. Non ci arroghiamo il diritto di giudicare se la “pietas” di Pacelli abbia eguagliato il livello di quei suoi predecessori che nei secoli hanno portato il suo stesso nome e poi sono stati fatti santi: uno in più, uno in meno, non cambia nulla. Domandiamo che si faccia chiarezza storica su una delle figure più controverse del Novecento, garantendo agli studiosi la possibilità di accedere a tutti i documenti vaticani relativi alla Seconda Guerra Mondiale.
Ma c’è un punto ulteriore sul quale riflettere. Accanto al dramma dei sommersi è esistito quello dei salvati, cui particolarmente la ns. Comunità dedica la “Giornata della Memoria” di quest’anno. Le perdite spirituali della Shoah non sono state da meno di quelle fisiche. Si pensi, per esempio, al dramma dei matrimoni misti “di riconoscenza” celebrati dopo la guerra fra salvatori e vittime, quante forze hanno sottratto alle nostre Comunità, al nostro popolo. Eliezer Berkowitz, l’unica voce che dal mondo ortodosso si sia interrogato in modo autorevole dove fosse H. ad Auschwitz, invita piuttosto a domandarci “dov’era l’uomo”? E’ questa la domanda che rivolgiamo alla Chiesa, essendo difficile non individuare da parte sua una responsabilità morale oggettiva, ancorché indiretta, nel dramma. Chi sostiene che D. può farsi Uomo non può escludere che a qualche uomo venga in mente di sentirsi D.
Quanto a noi Ebrei, il Passaggio del Mar Rosso all’asciutto ci richiama la berakhah promessa da H. ai Patriarchi: “e metterò la tua discendenza come la sabbia del mare”. Non è solo un augurio di fecondità, commenta il Kli Yeqàr. Come la spiaggia ha la funzione di respingere ogni volta le ondate marine che le si infrangono contro, si augura al Popolo Ebraico di riuscire sempre a contenere i frangenti della Storia. In attesa del giorno in cui i salvatori saliranno sul Monte Zion per giudicare la casa di Esaù e H. avrà il Regno. In quel giorno appunto H. sarà Re su tutta la terra e il Suo Nome sarà Unico, in quanto tutta la terra sarà piena della conoscenza Divina come le acque ricoprono il fondale del mare”.
Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Torino
Derashah per Shabbat P. Beshallach 5765