Ciao a tutti, siamo i madrichim (guide) del movimento Hashomer Hatzair (La giovane guardia) di Torino. Per chi non ci conoscesse, siamo un movimento ebraico mondiale, presente in Italia anche a Milano, Roma, Firenze e Napoli. Ci occupiamo di educazione, di responsabilizzazione e il nostro fine è creare una società migliore attraverso una presa di coscienza di ciò che ci circonda utilizzando come strumenti l’osservazione critica e oggettiva. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non siamo animatori, ma veri e propri educatori, delle guide con la propensione a porsi sullo stesso piano morale e di pensiero di un/a qualsiasi bambino/a, mantenendo al contempo la capacità di trasmettere la nostra ideologia, che, pur essendo così complessa ed estesa da non poterla sintetizzare in poche righe se si vuole apprezzarne realmente e per intero la potenza e il potenziale, è solo e unicamente tramandata per mezzo della parola e dell’esperienza.
Ci è stata data la possibilità di scrivere un articolo riguardo l’andamento del nostro ken (nido/sede), il luogo dove svolgiamo le attività. Ebbene, dopo anni tra spostamenti e situazioni provvisorie, ci è stato affidato un nuovo nido da proteggere. Sicuramente, come alcuni di voi sapranno, la parola “shomer” ha il significato di guardiano, protettore, osservatore. Questa, tuttavia, non ha un significato univoco e per ognuno può rimandare a un concetto anche molto diverso da quello dei compagni: c’è chi decide di proteggere l’atmosfera del luogo, chi l’educazione, chi cura le tradizioni, chi si dedica alla trasmissione dei valori. Le sfaccettature sono pressoché infinite e tutte sono altrettanto importanti, variano nel tempo e di per sé non sono esplicitate su carta, ma si può dire che aleggino nell’aria. Quando si inizia il percorso all’Hashomer nessuno te lo dice e mai nessuno te lo dirà direttamente, ma è sensazione comune che esista una sorta di atmosfera diversa, quasi magica aggiungerebbero alcuni dalla fantasia più accentuata, nel luogo adibito alle attività. Provate a chiedere a chiunque frequenti assiduamente il movimento, le risposte saranno molto simili. Attenzione però a interpretare correttamente questo concetto: non è il luogo che crea l’atmosfera, bensì noi stessi che creiamo l’atmosfera nel luogo. Quest’ultima, per essere più chiari, nel corso degli anni è sempre rimasta pressappoco identica nelle diverse sedi e finché c’è volontà di incontrarsi non si estinguerà. Bisogna aggiungere che ovviamente non si tratta solo di una cosa immateriale e intoccabile, ma anzi si riflette sul luogo stesso rendendolo speciale e familiare.
Non siamo un movimento giovane, abbiamo una lunga storia alle nostre spalle, lunga ben 107 anni. Come scritto precedentemente, l’ideologia è trasmessa con la parola e ciò ci rende fluidi nelle modalità di educazione e azione, in modo che i metodi educativi e di formulazione del pensiero possano essere adattati a ogni circostanza ed epoca storica. Tuttavia è da ricordare che esistono pilastri solidissimi, tra cui gli stessi tre pilastri del movimento (socialismo, ebraismo e sionismo), che raramente e difficilmente vengono cambiati.
C’è una frase che dice “paam shomer, tamid shomer”, una volta shomer, per sempre shomer: questa affermazione nasconde un significato più grande di quanto non sembri all’apparenza. Crescendo si diventa leader del gruppo e si ha la percezione di avere così poco tempo prima dell’uscita dal movimento, necessaria al compimento dei 19 anni. Sembra quasi che ciò che abbiamo realizzato sino a quel momento possa sparire in un istante e l’ansia è sempre più crescente e sovrastante. Si ha l’insicurezza di non aver dato abbastanza, di non aver insegnato al massimo. Tuttavia, queste emozioni e comportamenti sono comprensibilissimi, dal momento che metà della nostra vita, o quasi, è stata vissuta in questa atmosfera e abbandonarla da un momento all’altro non è affatto semplice. La soluzione a queste incertezze e paure dell’animo, a nostro parere, è la comprensione a fondo della vera essenza del nostro movimento. Tutto ciò che facciamo, commentiamo, i progetti a cui partecipiamo, le idee innovative, i cambiamenti segnano inequivocabilmente le persone intorno a noi e a nostra volta noi siamo segnati da loro. Questo processo che va avanti da più di cent’anni fa sì che l’educazione che ci è stata data dai nostri madrichim e dalle nostre madrichot, le guide, è stata influenzata dall’educazione ricevuta a loro volta dai loro madrichim/ot e così via. Ciò significa che qualunque azione o concetto portato, grande o piccolo che sia, rimarrà sempre intrinseco nell’educazione negli anni a venire. Una parte di noi sarà sempre nel movimento. Fatto proprio questo pensiero l’addio sarà più dolce, sapendo che si tratta solo di un addio fittizio, o addirittura di un arrivederci.
Speriamo di essere stati chiari e di non avervi annoiato. Auspichiamo che i vostri figli o nipoti possano partecipare anch’essi a questo processo di crescita personale, irripetibile e unico. Ci vediamo in Ken, venerdì prossimo.
Chazak ve’Ematz[1]
I bogrim [ragazzi più grandi, ndr] del Ken Dgania Torino.
(Ludovico Malisani, Carlotta Hirsch, Nadir Nsongan, Edoardo Lovisolo, Daniel Levi, Sofia Bongiovanni, Lea Preziosi, Francesco Guarino, Raffaele Cirri)
[1] Letteralmente sii forte e coraggioso: espressione tradizionale molto usata nell’ambito dell’Hashomer Hatzair come formula di congedo.