Oggi, 28 di Iyyar, è Yom Yerushalaim, il Giorno di Gerusalemme in cui ricordiamo la riunificazione di Gerusalemme capitale indivisibile dello Stato d’Israele. Gerusalemme, la città dall’unica porta. Ecco una riflessione su questa giornata.
Rav Moshe-Zvi Neria (1913-1995), uno dei discepoli più influenti di Rav Avraham Isaac Kook (1865-1935), è stato autore, educatore e politico e contribuì a fondare il movimento giovanile Benè Akiva. A causa della sua vasta influenza sul sionismo religioso, è conosciuto anche come “il padre della generazione della kippah intrecciata (serugà)”.
Poco dopo la liberazione della Città Vecchia di Gerusalemme nel 1967, Rav Moshe-Tzvì pose la seguente domanda: Perché solo adesso abbiamo meritato di conquistare la Città Vecchia?
Perché la conquista non è avvenuta durante la Guerra d’Indipendenza del 1948?
Il salmista descrive Gerusalemme come una “città unita” (Salmi 122:3) ma qual è questa qualità di “unione” di Gerusalemme?
Nel Talmud Yerushalmi (Baba Kama 7:7) si insegna che Gerusalemme “unisce ogni ebreo all’altro”. Gerusalemme è considerato un punto focale di unità e coesione per il popolo ebraico.
I maestri nel Talmud Bavli (Zevachim 114b) usarono una frase particolare quando insegnarono che l’offerta pasquale può essere portata solo nella città di Gerusalemme. Per questa offerta, spiegano, è necessario che “tutto Israele entri da una porta”.
Questa insolita espressione di unità, “entrare da una porta”, risuona con una sorprendente risonanza profetica.
Durante la Guerra d’Indipendenza del 1948, le forze del Palmach aprirono una breccia nella Porta di Sion, mentre le forze dell’Etzel erano pronte a sfondare la Porta di Damasco.
A quel punto, racconta Rav Moshe Zvi, eravamo divisi e disuniti. Se allora fossimo riusciti a conquistare la città, ci sarebbero state discussioni su chi avesse avuto il merito di prendere la città. Gerusalemme sarebbe diventata motivo di conflitto e dissenso. Ma Gerusalemme appartiene a tutto il popolo ebraico, infatti, come è scritto nel Talmud (Yoma 12a), la città non fu assegnata a nessuna tribù in particolare.
Per questo motivo, è stato solo nel 1967, quando ci siamo avvicinati alla Città Vecchia uniti, con un solo esercito – ed entrando da un’unica porta – che abbiamo meritato di riconquistare la città.
L’IDF, un esercito che rappresenta il governo di unità nazionale di Israele e il popolo ebraico in tutto il mondo, entrò attraverso la Porta dei Leoni di Gerusalemme e liberò la città.
È interessante notare che troviamo un’idea simile quando il popolo ebraico conquistò per la prima volta Gerusalemme. Gerusalemme – la nostra città più santa, il sito eterno del Tempio – non fu presa durante la conquista della Terra d’Israele da parte di Giosuè, né durante l’epoca dei Giudici (un periodo di circa 400 anni). Neanche il primo re d’Israele, Saul, la conquistò.
Fu solo quando il popolo ebraico si unì sotto la perpetua dinastia del re Davide che Gerusalemme fu consegnata nelle nostre mani. E il commentatore medievale Rabbi David Qimchi ha osservato che già il testo biblico supporta questa idea. Subito dopo l’incoronazione di Davide a Chevron da parte degli anziani d’Israele, si sottolinea: “Allora Davide e tutto Israele andarono a Gerusalemme” (I Cronache 11:4).
Rav Neriah ha offerto, inoltre, una spiegazione geopolitica del ritardo della liberazione della Città Vecchia fino al 1967.
Secondo il piano di spartizione delle Nazioni Unite, Gerusalemme doveva essere una città internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite. Se Gerusalemme fosse stata conquistata nel 1948, il neonato stato d’Israele sarebbe stato costretto a piegarsi alle pressioni delle Nazioni Unite.
Ma durante i 19 anni in cui la Città Vecchia fu sotto l’occupazione giordana, per qualche ragione, nessuna pressione fu esercitata sulla Giordania.
Nel 1967 la situazione era notevolmente cambiata. Lo Stato di Israele era molto più forte e meno suscettibile alle pressioni internazionali e per le Nazioni Unite sarebbe stato difficile avviare improvvisamente uno sforzo diplomatico per l’internazionalizzazione di Gerusalemme dopo che la questione era rimasta in sospeso per diciannove anni.
(Adattato da Moade HaReiyah, di Rav Moshe-Zvi Neria, pp. 480-482).
Oggi come allora, è l’unità di popolo intorno alla Torà e la fiducia nell’Uno assoluto, a garantire la nostra esistenza eterna.
Yom Yerushalaim Sameach!