Rossella Tercatin
È possibile partecipare a una serata in cui ci si domanda come stanno le Comunità e le famiglie ebraiche in Italia, e uscirne un po’ più ottimisti di quando si era entrati? È possibile, almeno guardando al primo della serie di incontri che ha organizzato la Comunità Ebraica di Milano in collaborazione con il dipartimento Educazione e Cultura dell’UCEI. Che di gente ne sarebbe venuta tanta, lo si era capito vedendo la folla intorno ai tavoli della cena a buffet. Chiacchierando, il pubblico si è lentamente spostato in sala: una volta esauriti i posti in aula magna, è stata aperta anche la palestra.
Al dibattito, moderato dalla direttrice del Bollettino della Comunità di Milano Fiona Diwan, sono intervenuti rav Roberto Della Rocca, direttore del DEC, Sergio Della Pergola, direttore del dipartimento di Demografia e Statistica all’Università di Gerusalemme, e Daniel Segre, esperto di sviluppo delle risorse umane. Prima di dare la parola ai protagonisti, alla platea è stato mostrato un video di interviste a una decina di ragazzi di età e background molto diversi, realizzato da Ruggero Gabbai. “Sul tema dell’identità ebraica ci sembrava giusto ascoltare cosa hanno da dire i giovani: sono loro che dovranno portare avanti la vita della nostra Comunità e quindi i destinatari di ciò che facciamo – ha sottolineato l’assessore alla cultura Daniele Cohen – Penso che dalle loro risposte possiamo imparare molto anche noi grandi”.
“Che ruolo ha avuto la famiglia nella tua formazione ebraica? Quali sono i luoghi fondamentali dell’identità ebraica? Cosa pensi dei matrimoni misti? Quanto è importante che i tuoi figli siano a loro volta ebrei?”. A queste domande i ragazzi intervistati forniscono risposte molto diverse, alcune nette e prive di tentennamenti, altre che rispecchiano dubbi interiori non sempre risolti.
I loro pensieri diventano così il punto di partenza della serata.
“Se vogliamo fare una riflessione sull’identità ebraica in Italia ai nostri giorni dobbiamo iniziare da una certezza: la necessità di muoverci – ha sottolineato rav Della Rocca – Non possiamo limitarci a essere una copia sbiadita di quello che sono i nostri genitori, che hanno vissuto esperienze diverse dalla nostre. Noi abbiamo un’opportunità che spesso a loro è mancata: la libertà di scegliere il nostro ebraismo. Ma come ogni scelta, anche questa comporta una grande responsabilità. Non possiamo rimanere bloccati in un ebraismo ‘passatista’ che aspira a replicare qualcosa di mitico, ma che esiste in realtà solo nei nostri pensieri. Dobbiamo vivere nel presente per il futuro. E il punto da cui partire è lo studio. Lo studio della Torah, del Talmud, di tutto quello che l’ebraismo ha da dire sui problemi del mondo contemporaneo. Lo studio non deve più essere considerato qualcosa di semplicemente religioso e quindi, secondo molti, bigotto. È un fattore identitario. Ci consente di sapere chi siamo, e questo è fondamentale anche per poterci aprire agli altri” ha concluso il rav.
A proposito di identità ebraica e dell’evoluzione che questo concetto ha subito negli ultimi decenni, ha parlato Sergio Della Pergola. “Un tempo l’identità ebraica, l’affermarsi come ebreo, coincideva in tutto e per tutto con l’appartenenza al quartiere o al paese in cui si viveva, con la lingua che si parlava, con le persone che si frequentavano – ha spiegato il professore – Oggi non è più così. Oggi ci sono altri elementi che fanno parte della nostra identità, oppure varie identità distinte che si sovrappongono in noi, quella di ebrei, quella di cittadini, quella della professione che pratichiamo e dell’ambiente sociale che frequentiamo. Così è tutto più complicato. E infine non bisogna dimenticare il ruolo che assume nella nostra vita un ulteriore fattore, esterno ma determinante: i grandi momenti storici che ci troviamo a fronteggiare”.
A Daniel Segre, Fiona Diwan non poteva non chiedere come si garantisce la formazione di una nuova leadership comunitaria, problema molto sentito nelle Comunità italiane in calo demografico. “È difficile dare una risposta a questa domanda – ha puntualizzato il professor Segre – Nelle nostre Comunità esiste un certo numero di giovani, e all’interno di questi giovani esistono dei potenziali leader. Ma più il numero di giovani è esiguo, meno saranno i futuri leader. Il consiglio fondamentale ai nostri ragazzi è di non limitarsi a ritrovarsi in pochi un giorno dopo l’altro, ma di guardarsi attorno, viaggiare all’estero, fare nuove esperienze. A poche ore da qui c’è un paese che non è male da questo punto di vista…”.
A conclusione della serata anche il rabbino capo Alfonso Arbib ha voluto dire qualche parola “Questo incontro è stato molto bello, anche se ovviamente nessuno ha in tasca una soluzione certa per le domande da cui siamo partiti. Però vorrei sottolineare un aspetto importante che non dobbiamo trascurare. Noi siamo abituati a pensare al popolo ebraico come a un popolo che ha saputo mantenere se stesso nel corso dei millenni fino ad arrivare ai nostri giorni. Questo è vero, ma c’è anche un’altra faccia della medaglia: dobbiamo ricordare tutti gli ebrei che invece in questo lungo cammino si sono persi. Un terribile commento di Rashì ci dice che solo un quinto del popolo ebraico uscì dall’Egitto. Ecco perché non dobbiamo dare per scontato il fatto di continuare a esserci. La nostra prima responsabilità è quella di conservarci, e per farlo dobbiamo conservare salda la nostra identità ebraica”.
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