Le lettere del filosofo
Il Giornale 07/06/09
Sono ormai quindici i volumi che Henry Hardy e i suoi collaboratori hanno realizzato dal 1978 a oggi al fine di pubblicare l’enorme mole di corrispondenza di sir Isaiah Berlin, il grande filosofo liberale inglese di cui ieri ricorreva il centenario della nascita (nacque a Riga il 6 giugno del 1909 e morì a Oxford il 5 novembre del 1997).
Adelphi nel 2008 ha diffuso in Italia il volume A gonfie vele, che raccoglie le lettere dal 1928 al 1946. In Gran Bretagna, invece, è appena uscito quello relativo al periodo fra il 1946 e il 1960 (recensito ieri dal Times di Londra). Berlin scriveva tantissimo, e nel 1949 aveva acquistato un dittafono, con un duplice risultato: da un lato poteva produrre molte più missive, grazie all’aiuto di segretarie. Dall’altro, però, le lettere risultano estremamente confuse, piene di parentesi e di periodi lunghissimi, perché seguono il flusso di pensiero del filosofo, che in qualche occasione raccomanda agli amici (i quali non lo accontentano): «Distruggi questa lettera, è terribilmente confusa».
Henry Hardy ha dovuto scegliere fra un enorme cumulo di materiale. Secondo lo studioso, infatti, sarebbero stati necessari quattro o cinque volumi di ottocento pagine per raccogliere la corrispondenza in versione integrale. Così, ha selezionato soltanto il materiale più interessante. E ce n’è da vendere.
Berlin dimostra di essere abbastanza snob. Disdegna i suoi studenti, molti dei quali freschi di ritorno dalla guerra. Insegnare a gente del genere non è stimolante per lui e per di più gli sottrae tempo per frequentare salotti come quello londinese di Lady Colefax.
Altrove se la prende addirittura con Albert Einstein, che definisce «un genio, ma sicuramente un pazzo, con la disumanità di un bambino». Della scrittrice Rebecca West si limita a dire invece che è «ovviamente malata e pazza» e non lesina critiche anche a mostri sacri come il grande esperto d’arte Bernard Berenson.
Un passaggio interessante dell’epistolario riguarda il poeta inglese TS Eliot. In una lettera inviata a Berlin, l’autore della Terra desolata ammette di aver dato, nel 1934, giudizi troppo affrettati sugli ebrei. Avesse saputo come sarebbe finita durante la Seconda guerra mondiale, spiega, non avrebbe detto che «qualsiasi ampio numero di ebrei liberi pensatori» è «indesiderabile». Altre storie divertenti riguardano la visita a Oxford del musicista russo Shostakovich, guardato a vista da un agente segreto sovietico.
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