“E faranno per Me un Miqdash (“Santuario”) e dimorerò in mezzo a loro” (Shemot 25,8). La Parashat Terumah inaugura il ciclo dedicato alla costruzione del Mishkan (“Tabernacolo”) nel deserto. La Torah ci vuole insegnare che esiste una qedushah legata a determinati spazi e che questa qedushah vincola le nostre scelte e i nostri comportamenti. Il successivo versetto: “E avrete riverenza del mio Santuario” (Wayqrà 19,30) è interpretato da Maimonide: “E’ Mitzwah avere riverenza del Miqdash, in quanto non è del Miqdash che si ha timore, bensì di chi ha prescritto la riverenza per esso” (Hil. Bet ha-Bechirah 7,1).
Quando il Bet ha-Miqdash fu distrutto, almeno per certi aspetti il Bet ha-Kenesset ha preso il suo posto. E’ quanto afferma il Profeta Yechezqel in un versetto che è riportato sullo splendido Dukhan della Sinagoga di Carmagnola: “Così dice H. E.: ‘Allorché li allontanai fra le genti e li sparsi nelle varie terre sono diventato per loro un ‘Santuario in miniatura’ (Miqdash me’at) nelle terre in cui sono giunti’” (11, 16). Commenta il Talmud: “Dice R. Itzchaq: Si riferisce ai Battè Kenesset e ai Battè Midrash di Babilonia. Anche Ravà insegnava: A cosa si riferisce il versetto: ‘H. sei stato per noi una residenza in ogni generazione’ (Tehillim 90,1)? Ai Battè Kenesset e Battè Midrash” (Meghillah 29a).
Disse Ravin bar Rav Addà a nome di R. Itzchaq: Da dove si evince che nel Bet ha-Kenesset è presente D. stesso? Dal versetto: “D. è presente nella Comunità di D.” (Tehillim 82,1; Berakhot 6b). R. Eli’ezer da Metz nel Sefer Yereim scrive a sua volta: “Impariamo che quando la Torah dice “Avrete riverenza del Mio Santuario” include anche Battè Kenesset e Battè Midrash” (n. 409). Molti sono nel Talmud i passi che ribadiscono lo status di qedushah del Bet ha-Kenesset anche ai giorni nostri. “R. Ishma’el b. El’azar soleva dire: “Per due principali trasgressioni gli incolti muoiono: per il fatto di chiamare l’Aròn ha-Qòdesh semplicemente Aròn e per il fatto di chiamare il Bet ha-Kenesset casa del popolo” (Shabbat 32a). Nella Mishnah R. Yehudah aggiunge: “In un Bet ha-Kenesset distrutto non si tengono elegie funebri, non si appendono corde, non si stendono reti, non si fanno essiccare i frutti sul suo tetto e non lo si usa come scorciatoia, come è detto: ‘E renderò desolati i vostri santuari’ (Wayqrà 26,31); (ciò significa che) la loro qedushah rimane anche quando sono distrutti. Se vi sono cresciute erbacce, non le si devono strappare perché (esse provocano) dolore” (Meghillah 3,3). La Tosseftà stabilisce a sua volta che “nei Battè ha-Kenesset non si devono adottare comportamenti frivoli, non vi si entri per rinfrescarsi dal sole d’estate né per ripararsi dal freddo d’inverno, o dalle piogge nella stagione piovosa. Non vi si mangia, né vi si beve, né vi si dorme, né vi si passeggia, né vi si gioca. Bensì vi si legge (la Torah), vi si studia (la Mishnah), vi si tengono spiegazioni midrashiche e commemorazioni funebri pubbliche” (Tosseftà’ Meghillah 3,7).
Così compendia la Halakhah lo Shulchan ‘Arukh, Orach Chayim 151, 1: “Nel Bet ha-Kenesset è proibito amministrare i conti, a meno che non si tratti di conti relativi ad una Mitzwah, come la cassa della tzedaqah o del riscatto dei prigionieri. Non vi si tengono orazioni funebri se non per uno dei grandi della città per il quale vi sia concorso di tutti i residenti a commemorarlo. Chi abbia bisogno di entrarvi a scopo personale, p.es. per chiamare qualcuno, si soffermi a recitare un versetto o un passo di studio e solo dopo lo chiami, per non dare l’impressione di esservi entrato a scopo personale (e di considerare lo studio un fatto secondario). Se non è in grado (di studiare), chieda ad uno dei bambini (che studiano lì): leggimi il versetto che stai studiando, o quanto meno vi si soffermi un poco e poi esca, perché sedersi nel Bet ha-Kenesset è già una Mitzwah, come è detto: Ashrè yoshevè vetekhah – Beati coloro che siedono nella Tua Casa (Tehillim 84,5)”.
E’ permesso tenere conferenze e concerti nel Bet ha-Kenesset? R. Yechiel Weinberg (Resp. Seridè Esh, Orach Chayim, 16) premette di avere “scritto questo Responsum negli anni bui del dominio nazista, allorché gli Ebrei in Germania e nei paesi limitrofi erano soggetti ai malvagi assassini. Fra gli altri terribili decreti era stato proibito agli Ebrei tedeschi di radunarsi nei luoghi pubblici all’infuori delle Sinagoghe e dei luoghi di preghiera. Aldilà del suo valore storico –scrive- il Responsum che segue ha anche un vantaggio halakhico e pratico per molte Comunità ebraiche sparse per il mondo dove gli Ebrei non hanno altra possibilità che radunarsi nel Bet ha-Kenesset”. Egli perviene alle conclusioni halakhiche seguenti:
1) Tenere conferenze nel Bet ha-Kenesset è permesso de jure. E’ meglio far precedere ogni conferenza dalla recitazione di un Salmo o da parole di Torah.
2) E’ ovvio che si permette di tenere la conferenza solo ad un relatore temente del Cielo e non ad un libero pensatore, che potrebbe fare affermazioni contrarie alla Torah. Perciò solo con il permesso del Rabbino si può permettere ad altra persona di tenere una Derashah al Bet ha-Kenesset.
3) Non si devono consentire in alcun modo dibattiti in calce alle conferenze. Oltre al timore che dal pubblico possano venire interventi con affermazioni contrarie alla Torah, c’è anche il timore di comportamenti frivoli di qualsiasi tipo. I dibattiti sono spesso accesi e conditi con espressioni pungenti o di scherno e possono pertanto portare a risate e lazzi, cosa proibita nel Bet ha-Kenesset.
4) Tenere concerti profani è assolutamente proibito, e il Rabbino ha il dovere di opporsi con abnegazione anche se dovesse perdere il suo stipendio. “Suonare strumenti musicali nel Bet ha-Kenesset è da evitarsi in base a Tehillim 137,4 (Sui fiumi di Babilonia), dove dice: “Come potremo cantare il canto di H.” al cospetto degli stranieri? Anche se lo si può permettere per rallegrare gli sposi nella Diaspora, nel Miqdash me’at non è giusto mostrare gioia davanti ai non ebrei” (Resp. Chatam Sofèr, Liqqutim, n. 84). Concerti religiosi (chazanut) si possono permettere per evitare controversie (cfr. anche Resp. Be-mar’eh ha-Bazaq 5,14, che aggiunge l’esigenza di avvicinare ebrei lontani fra i motivi per essere permissivi sui concerti di musica ebraica).
5) Occorre assolutamente evitare la mescolanza di uomini e donne anche per eventi del genere, in base alle parole del Talmud in Sukkah 51b: “Chi non ha visto la Gioia dell’Attingimento dell’Acqua non ha mai visto gioia in vita sua. All’uscita del primo giorno di festa solenne della festa (delle Capanne) si scendeva nel ‘cortile delle donne’ e vi si predisponeva un grande impianto (tiqqun gadòl). Cos’era il grande impianto? Inizialmente era tutto su un piano, ma poi fu aggiunta una balconata e venne stabilito che le donne stessero in alto e gli uomini in basso, onde evitare le frivolezze”. Perciò è necessario che le donne siedano nel matroneo, o comunque che uomini e donne siedano separatamente. Espressamente –conclude Rav Wienberg- ribadisco che questo atteggiamento permissivo vale solo per la nostra epoca che è notoriamente un tempo di emergenza, in attesa che H. allarghi nuovamente il nostro confine e possiamo tornare a rispettare la qedushah del Bet ha-Kenesset in tutto il suo rigore”.
“La qedushah del Bet ha-Kenesset non si annulla per il solo fatto che esso non è regolarmente officiato. Pertanto persino in un Bet ha-Kenesset in cui ormai non si prega più resta in vigore il divieto di tenervi concerti: tanto più se esso è ancora usato come tale, sia pure sporadicamente, finché non viene alienato nelle forme previste dalla Halakhah (Resp. Be-mar’eh ha-Bazaq 7,14).