Da una derashà di Rav Sacks
All’inizio del libro di Devarim Mosheh riesamina il periodo dell’esperienza del popolo ebraico nel deserto, a cominciare dalla nomina di capi all’interno del popolo. In questo discorso pone dei principi molto importanti nell’esercizio della giustizia (Devarim 1,16-17): “E ordinai in quel tempo ai vostri giudici: Ascoltate le questioni che sorgeranno fra i vostri fratelli e giudicate con giustizia fra un individuo e il proprio fratello o uno straniero.
Non abbiate riguardi nel giudicare; porgete ascolto al piccolo come al grande, non abbiate paura degli uomini poiché la giustizia appartiene a D. La causa che vi sembrerà al di sopra delle vostre possibilità la sottoporrete a me ed io la ascolterò”. Attribuendo questa posizione preminente a tale discorso, Mosheh mostra quanto sia fondamentale l’amministrazione della giustizia, e questo diverrà più evidente nella parashah di Shofetim quando verrà pronunciata la celeberrima espressione (Devarim 16,20) “tzedeq tzedeq tirdof – la giustizia, la vera giustizia seguirai”. Le radici tz-d-q e sh-f-th, da cui derivano tzedeq e mishpat, compaiono rispettivamente diciotto e quarantacinque volte nel libro di Devarim.
La ricerca della giustizia è il vero cuore pulsante della fede ebraica. Albert Einstein, indicando i tratti maggiormente distintivi dell’ebraismo ha parlato della ricerca della conoscenza, dell’amore quasi fanatico per la giustizia e del desiderio dell’indipendenza personale. Un famoso avvocato ebreo, Alan Dershowitz, ha individuato in Avraham il primo avvocato ebreo, disposto, riferendosi al tentativo di salvare Sodoma, a rischiare tutto, persino l’ira divina, in difesa dei propri clienti. Avraham è solamente l’iniziatore di una fortunata tradizione, che verrà proseguita dai profeti. Nella propria storia gli ebrei hanno spesso frequentato le aule dei tribunali. Nella Germania degli anni 30, a fronte di una popolazione pari allo 0,7% del totale, troviamo oltre il 15% di avvocati e giudici ebrei. Un tratto distintivo del Tanakh è che gli incontri più drammatici fra i profeti e D. vengono visti come un dibattimento in tribunale, in cui l’accusato è il popolo ebraico. A volte, come nel libro di Giobbe, l’accusato è D. stesso, poiché la sofferenza di Giobbe sembra ingiusta. Elie Wiesel inscena un vero e proprio processo contro D. per la Shoah. Questi incontri-scontri fra Cielo e terra vengono definiti riv, un termine proprio del linguaggio giuridico. Questa concezione deriva dall’idea che le parti sono legate da un patto, un accordo vincolante in base al quale gli uomini si impegnano da parte loro a seguire la volontà divina, e D. da parte sua garantisce amore e benevolenza. In questo patto, chi si mostra inadempiente può essere citato in giudizio.
L’ebraismo ha alcune caratteristiche fondamentali che lo distinguono da altre visioni del mondo: anzitutto D. si rivela agli esseri umani sotto forma di legge. Nel mondo antico D. rappresentava il potere. Nella visione ebraica rappresenta l’ordine, e l’ordine presuppone l’esistenza di una legge, che nell’ambito naturale, dominato dai rapporti causa effetto, è costituita dalle leggi scientifiche, mentre nell’ambito umano, nel quale gli esseri umani sono dotati di libero arbitrio, dalla legge morale. Torah vuol dire anzitutto legge, e uno dei principi fondamentali della nostra tradizione è Torah min ha-shamayim, la Legge proviene dal Cielo, e non dagli uomini, e il cielo pertanto è la fonte vincolante del diritto. Tuttavia siamo noi gli interpreti della legge,in quanto eredi e tutori della tradizione orale. La Torah quindi è in cielo, come Torah scritta, ma la sua interpretazione, la Torah orale, non lo è. La nostra tradizione si manifesta quindi per mezzo di un continuo dialogo fra Cielo e terra. Dice il Talmud: il giudice che formula un giudizio corretto diviene un partner del Santo, Benedetto Egli sia, nell’opera della creazione. Sulla scorta di questi presupposti, l’istruzione, anzitutto l’istruzione legale, è fondamentale, e la legge diviene parte integrante del nostro cuore, del nostro modo d’essere. Ogni bambino che studia Torah dovrebbe essere una specie di avvocato costituzionale. L’ebraismo non è e non vuole essere solo spiritualità, è un insieme di istruzioni che persegue, secondo l’espressione del compianto Rav Aharon Lichtenstein, la beatitudine sociale. Ciò avviene quando la legge viene introdotta negli spazi condivisi fra gli uomini, rapportandosi ad essi onorando i singoli individui e riconoscendo loro pari dignità. In questo modo è possibile creare un sistema in cui libertà e ordine possono convivere. Non stupiamoci pertanto se ci sono tanti avvocati ebrei.