Tratto da “Shabbath – A cura di Augusto Segre”, Ucei 1972
1. Con quali sostanze si accende[1], e con quali non si accende? Non si accende con fibre di cedro[2], né con canapuli[3], né con cascami di seta[4], né con fibre di salice[5], né con fibre di foglie di ortica[6], né col museo[7] che nuota sull’acqua[8]; non con pece, né con cera[9], né con olio spremuto dai semi del ricino[10], né con olio che dovrebbe essere bruciato[11], né col grasso della coda (di animali), né con sego. Nachum il medo insegna: Si può accendere con sego strutto. I Dottori però insegnano: Né se è strutto, né se non è strutto, non si può servirsene per accendere.
2. Non si può accendere con olio che dovrebbe essere bruciato, (il lume) dei dì festivi[12]. R. Ismael insegna: Non si accende con catrame[13]per la dignità del Sabato. I Dottori permettono con tutte le specie di olii, come: olio di sesamo[14], olio di noci, olio di ravizzone, olio di pesce, olio di coloquintide[15], catrame e nafta. R. Tarfon insegna: Non si accende che con olio di oliva soltanto.
3. Di tutto ciò che proviene dagli alberi, non si adopera per accendere che il lino[16]; e di tutto ciò che viene dagli alberi nulla è suscettibile di impurità della tenda[17]altro che il lino. Un lucignolo fatto di un brandello di un vestito arrotolato non però abbruciacchiato, R. Eliezer dice: E’ suscettibile di impurità e non si accende con esso; R. Akibà insegna: Esso è puro e si può accendere con esso[18].
4. Non si può forare un guscio[19]d’uovo e riempirlo d’olio e poi collocarlo sul lume affinché ne sgoccioli (l’olio), e nemmeno se esso fosse di argilla; R. Jeudà permette. Se però il vasaio ve lo ha attaccato fin da principio è permesso, perché è un oggetto solo. Non si può riempire una scodella di olio e poi collocarla a lato del lume ed introdurvi la estremità del lucignolo perché questo attiri l’olio. R. Jeudà permette.
5. Chi spegne il lume per paura dei pagani[20],dei ladri[21] o di uno spirito cattivo[22], o eziandio per un ammalato affinché dorma[23], è assolto. (Se lo fa) per risparmiare il lume, o per risparmiare l’olio, o per risparmiare il lucignolo, è colpevole. R. Josè lo assolve in tutti (i casi) fuorché per il lucignolo perché così egli lo carbonizza[24].
6. Per tre trasgressioni le donne muoiono nel momento del puerperio, cioè se non sono accurate nella purificazione dai mestrui, nella prelevazione della pasta e nell’accensione del lume (sabbatico)[25].
7. Tre cose deve l’uomo avvertire in casa sua alla vigilia del Sabato in sull’imbrunire. Avete levato la decima[26]? Avete disposto il collegamento dei luoghi[27]? Accendete il lume[28]! Nel dubbio se è già notte o se non è notte[29], non si può levar la decima da sostanze da cui certamente non fu prelevata, né fare il bagno di purificazione agli oggetti[30] (30), né accendere il lume; però si può levare la decima da sostanze di dubbia prelevazione, eseguire il collegamento dei cortili[31],e deporre sostanze calde in luogo ove possono conservare il calore[32]. (Shabbath, Cap. II – Trad. di V. Castiglioni)
1. Una importante regola generale espressero (i Dottori) intorno al Sabato: Chi ha dimenticato la legge fondamentale del Sabato[33]ed ha compiuto parecchi lavori in parecchi Sabati, non ha da offrire che un solo sacrifizio di espiazione[34]. Chi conosce la legge fondamentale ed ha compiuto parecchi lavori in parecchi Sabati[35], deve offrire un sacrifizio di espiazione per ogni singolo Sabato. Chi pur sapendo che è giorno di Sabato, ha compiuto parecchi lavori in parecchi Sabati[36]deve offrire un sacrifizio di espiazione per ogni singolo lavoro principale. Chi compie parecchi lavori[37]però della stessa specie principale, non offre che un solo sacrifizio di espiazione.
2. I lavori principali sono quaranta meno uno[38]. Seminare; arare; mietere[39]; legare covoni; trebbiare; spulare; cernere prodotti; macinare; vagliare; impastare; cucinare[40]; tosare la lana[41]; lavarla; batteria; tingerla; filare; ordire; fare due staffe; tessere due fili[42], fare un nodo; sciogliere un nodo; cucire due punti[43]; cacciare un capriolo; scannarlo; scorticarlo; salare la pelle; lavorarla; raschiarne i peli; tagliarla[44]; scrivere due lettere[45]; cancellare per scrivere due lettere; fabbricare; atterrare[46]; spegnere il fuoco; accenderlo[47]; battere col martello[48]; trasportare da un recinto all’altro[49]. Questi sono i lavori principali, quaranta meno uno[50].
3. Anche un’altra regola stabilirono (i Dottori): Se taluno porta fuori di Sabato qualsiasi cosa atta ad essere serbata, nella quantità che comunemente si serba, deve offrire un sacrifizio di espiazione; per ciò che non è atto ad essere serbato, oppure che non fosse nella quantità che comunemente si serba, non deve offrire un sacrifizio di espiazione che chilo serbasse[51].
4. Se uno porta fuori[52]tanta paglia quanta ne può tenere in bocca una vacca; tanti peduncoli[53]quanti ce ne vuole per empire la bocca a un cammello; tanti gambi di biade quanti ce ne stanno in bocca di un agnelletto, tanta erba da riempire la bocca di un capretto; tante foglie fresche di aglio o di cipolla quanto un fico secco, e secche quante ne può tenere in bocca un capretto (è colpevole). Queste cose però non si uniscono insieme, perché non vale per tutte la stessa misura. Chi porta fuori cibi quanto un fico secco, deve offrire un sacrifizio di espiazione, e si uniscono l’uno all’altro, perché sono eguali nella loro misura; ad eccezione delle loro bucce, dei loro noccioli, dei loro picciuoli, della loro farina fina e grossolana. R. Jeudà insegna: Ad eccezione delle bucce delle lenticchie che si cucinano con esse. (Shabbath, Cap. VII – Trad. di V. Castiglioni)
[1] Il lume del Sabato.
[2] Fibre lanose che si trovano tra la corteccia e il legno del cedro.
[3] Lino rozzo non scapecchiato, assai duro.
[4] Secondo il Koliut, dal pers. pelo di capra morbido.
[5] Dal gr. ütea, salice. patal arab. e sir, torcere; bibl. petil.
[6] Pianta con foglie lunghe di cui si possono fare dei lucignoli.
[7] Quando i bastimenti restano fermi a lungo sull’acqua vi si attacca una sostanza lanosa somigliante al musco; pianta marina.
[8] Fin qui tratta dei lucignoli, quindi parla dei combustibili.
[9] Intendi cera sciolta, però torce o candele sono permesse.
[10] Dal gr kiki ricino.
[11] Olio di offerta divenuto impuro che non potendo essere goduto, doveva essere bruciato. Le sostanze precedenti sono proibite perché, siccome con tali lucignoli il lume non arderebbe bene, vi è pericolo ch’ei lo tocchi per farlo ardere meglio; oppure ei potrebbe anche fare a meno di accendere il lume, mancando così a un dovere.
[12] Perché è proibito di bruciare in giorno festivo olio di offerta diventato impuro; anche sopra si tratta di giorno festivo che cade di Venerdì sera.
[13] Dal sir, resina che cola dalle pigne e che è puzzolente. Secondo altri trementina, catrame che produce molto fumo.
[14] Dal gr. sesamòn.
[15] bibl. zucca selvatica, fungo.
[16] Il lino in Giosuè Capo IT. v. 6. è chiamato albero, benché non sia tale, perciò fu fatta questa eccezione.
[17] Se la tenda è tessuta di lino e vi è sotto un morto, la tenda stessa diventa impura (mentre ciò non avverrebbe se fosse fatta di altre sostanze) perché considerata come una casa.
[18] Lungo tre dita e largo tre dita esattamente. R. Eliezer opina che il brandello non abbruciacchiato va considerato ancora come vestito, R. Akibà crede che basti l’averlo arrotolato ad uso di lucignolo perché non sia più da considerarsi vestito. Si tratta forse di un brandello di vestito impuro, che, come tale, perde la impurità, secondo R. Akibà, e non la perde secondo R. Eliezer, che dopo abbruciato.
[19] Veramente canna vuota.
[20] P. e. dei Persiani che in certi giorni consacrati alle loro divinità, non permettevano di accendere lumi fuori dei loro templi.
[21] A cui il lume può servire di indizio che in quel luogo vi sono persone da assaitare.
[22] Secondo il Maimonide, di una persona melanconica; intendi persona nervosa a cui il lume urta.
[23] Se si tratta di una malattia pericolosa.
[24] Con intenzione che poi gli riesca più facile di accenderlo un’altra volta.
[25] Sono cose che riguardano la donna stessa, e l’economia domestica che spetta a lei. Questa minaccia ha lo scopo di eccitare la donna ad osservare scrupolosamente questi precetti. L’accensione del lume sabbatico è precetto rabbinico, ma gli fu data una grande importanza, prescrivendovi una apposita benedizione, ed equiparandolo qui ai due precedenti che sono biblici, perché questo lume è il simbolo della fiamma della fede e della virtù che incombe particolarmente alla donna
[26] Dalle sostanze commestibili destinate per il Sabato; perché se si voleva goderne di Sabato anche una porzione minima, bisognava averne levata prima la decima.
[27] Tanto per le strade da percorrere di Sabato, quanto dei cortili per poter trasportare da un cortile all’altro, e delle vie.
[28] Qui non domanda come nelle cose precedenti, perché se avessero già acceso lo vedrebbe; perciò adopera il modo imperativo.
[29] Se non si scorge che una stella, il giorno non è ancora finito; quando se ne vedono due è dubbio e questo tempo chiamasi Ben ha–shemashóth; quando se ne vedono tre, è notte per ogni rispetto.
[30] Impuri.
[31] Non però fissare la percorrenza delle strade.
[32] Questa vivanda è chiamata chamìn che significa: mantenuto caldo; i Tedeschi la dicono Chalet secondo il Dr. Berliner dal fr. antico chald = chaud = caldo.
[33] La proibizione cioè di compiere in esso qualsiasi lavoro.
[34] Tutti quegli atti si considerano come un solo errore.
[35] Sbagliando la giornata.
[36] Non sapendo che quel lavoro è proibito.
[37] Sempre in isbaglio.
[38] Siccome nel Capo XXXV dell’Esodo il comando ripetuto della santificazione del Sabato è seguito immediatamente da quello della costruzione del Tabernacolo, così i Dottori ne inferirono, che sono proibiti di Sabato tutti i lavori che furono necessari a preparare il materiale occorrente per questa costruzione e ad eseguirla. Oltre a ciò il numero dei trentanove lavori principali proibiti di Sabato, corrisponde al numero delle volte che la parola melakhà si trova nel Pentateuco, sia semplice, sia coi suffissi di seconda e terza persona, esclusi quindi tutti i costrutti e i due passi Gen. XXX, 14 e Esodo XXXV, 7 (prima volta) in cui la voce melakhà non ha il significato di lavoro.
[39] Tagliare dal terreno, o cogliere frutta dagli alberi.
[40] Benché per la costruzione del Tabernacolo non occorresse cucinare, pure questa operazione si considera eguale alla cottura necessaria per la preparazione dei colori; altrettanto si dica di altri lavori precedenti.
[41] La tosatura e i lavori seguenti erano necessari per preparare la lana azzurra per il tabernacolo.
[42] Nell’orditura o nella trama.
[43] Nel preparare le tende.
[44] Per vere le pelli degli animali con cui coprire il Tabernacolo, si rendevano necessari questi lavori.
[45] Si segnavano con lettere gli assi per combaciarli l’uno all’altro.
[46] Per fabbricare.
[47] Fuoco si adoperava per la lavorazione dei colori.
[48] Come batte l’operaio sulla incudine finito il lavoro.
[49] Vedi introduzione e principio del trattato.
[50] Si vuole indicare con questa ripetizione, che se anche uno facesse tutti i lavori immaginabili, non dovrebbe offerire più di 39 sacrifizi di espiazione; perché questi lavori sono chiaramente determinati, e tutti gli altri sono considerati derivazioni di questi; e quindi chi facesse uno di tali lavori ed un altro derivato da esso, non dovrebbe offerire che un solo sacrifizio.
[51] Dopo averlo portato fuori, ma per un altro questo non sarebbe lavoro.
[52] Da luogo pubblico a privato o viceversa o in luogo pubblico a quattro braccia di distanza.
[53] Steli di piante.