Rav Riccardo Di Segni – Shalom.it
Rav Jonathan Sacks, parlando di antisemitismo, notava che è un fenomeno storico costante, ma che in ogni generazione cambia vestito, sfruttando i temi che più fanno effetto sulle persone. Un tempo era la religione, poi la nazione, le divisioni economiche e sociali, poi la scienza, sulla quale si costruì la dottrina pseudoscientifica della razza, oggi sono i diritti civili. La difesa di un diritto diventa ora il pretesto per conculcare altri diritti: la difesa dell’animale porta a proibire la macellazione rituale, la difesa del bambino porta a proibire la circoncisione. In dimensioni più grandi, i movimenti antirazzisti di oggi non si limitano a difendere i diritti delle persone che sono perseguitate per la loro differenza; piuttosto dividono il mondo in oppressi e oppressori e a chi fa parte della seconda categoria, nella loro classificazione, in nome dei diritti dei primi, vengono negati i diritti, da quello alla vita, all’integrità fisica (vedi il caso delle donne stuprate), alla difesa, alla sovranità. Si evoca un diritto per calpestare altri diritti. E per farlo si costruisce una menzogna propagandistica colossale. È quello che sta avvenendo alla Corte internazionale dell’Aja, in cui Israele è stata accusata di genocidio.
Per quanto riguarda l’antisemitismo religioso, ci sono voluti due decenni dopo la Shoà perché la Chiesa Cattolica nel 1965, con la dichiarazione Nostra Aetate, abolisse, seppure parzialmente, l’accusa di deicidio rivolta al popolo ebraico, che era stata la giustificazione di persecuzioni millenarie. Il vuoto lasciato da questa abolizione fu subito colmato, nel 1967, ai tempi della Guerra dei Sei Giorni, con l’immagine delle “vittime che sono diventate carnefici”; un’idea geniale lanciata dalla propaganda sovietica e subito ripresa da illustri intellettuali, tra cui in Italia Italo Calvino. Sì, perché affinché le cose camminino c’è bisogno del supporto degli intellettuali, che non manca mai. La calunnia non si è mai fermata, anzi si è radicata nelle coscienze, anche perché è un ottimo strumento psicologico per ridimensionare il genocidio, quello vero, la Shoà, e deresponsabilizzare tutti.
Quando si spargono menzogne, qualche elemento di verità è essenziale perché la menzogna attecchisca. Nel caso del processo a Gesù c’era chiaramente qualche ebreo che non amava l’ebreo Gesù, ma da qui ad accusare l’intero popolo ebraico di allora e i suoi discendenti, ce ne corre. Eppure è stato fatto. Nel caso di Gaza c’è purtroppo il dramma delle vittime civili, che il rappresentante israeliano all’Aja ha definito “tragico e straziante”. Ma da qui a dire che si sta compiendo un genocidio ce ne corre. Un conto sono i fatti e un altro l’interpretazione che gli viene data.
Speriamo che un sussulto di dignità della Corte ne trasformi l’immagine, da quello che per ora sembra un film in costume con toghe e parrucche, in un riferimento etico condivisibile. Per ora è solo un film, e neppure originale, è un remake. È il punto di arrivo di un sofisticato sistema di odio millenario basato sulla perversione della verità e ora del diritto, che usa il diritto per la criminalizzazione di Israele e del popolo ebraico. Premessa per cose peggiori. Ci deve essere sempre l’accusa di qualche “-cidio” ai danni di Israele, prima era “dei-cidio“, oggi è “geno-cidio“, ma la sostanza non cambia.
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