Capitolo 4. Difficoltà e ritorni nei Paesi di origine.
Per centinaia di anni gli ebrei combatterono per la libertà religiosa e la propria cultura. Ma la sussistenza economica risultò difficile e la vita di rifugiati estremamente precaria. Il cibo scarso, l’occupazione per tutti impossibile. L’Italia ebbe espulsioni e restrizioni. Il Nord Africa aveva politiche fragili, i centri commerciali dell’Impero ottomano non raggiungibili per la maggior parte della popolazione ebraica. Non pochi furono coloro che tornarono in Spagna a causa di queste difficoltà e negoziarono con la Corona di Spagna il loro ritorno come cattolici. Il numero di ebrei che tornarono dall’Italia e dal Nord Africa sembra sia stato piccolo rispetto a coloro che erano andati in Portogallo. Molti ebrei spagnoli lasciarono Napoli e accettarono la conversione durante il terrore scatenato dall’invasione francese. Coloro che tornarono in Spagna da Napoli lo fecero come ultima risorsa, data la mancanza di lavoro e la povertà che li forzava a cercare salvezza nella società cristiana.
Nel 1494 era morto il Re di Napoli Ferrante I. Ferrante era stato molto pragmatico, persino dotato di un’attitudine liberale verso gli ebrei. La situazione politica a Napoli si deteriorò a quel punto rapidamente, e la città fu presto occupata da Carlo VIII di Francia, scarsamente interessato a proteggere gli ebrei. Naturalmente il ritorno degli esiliati suscitò i sospetti dell’Inquisizione. La conversione di questi ebrei era avvenuta a volte nelle città di Genova e Napoli, e i neoconvertiti raccontavano che avevano ricevuto il battesimo con grande devozione ma ciò che li aveva spinti alla conversione erano soprattutto ragioni di tipo economico.
Nelle città del Nord Africa gli esiliati conobbero tali difficoltà che una parte di loro decise di prendere la via del ritorno. Tra il 1509 e il 1510 gli ebrei furono raggiunti dalle truppe del cardinale Ximenes che massacrano gli ebrei di Orano, di Bougie e di Tripoli.Yosef ben Yehoshua HaCohen parla di questa storia nella nel libro Emek HaBakà e dice:
Il cronista spagnolo Andrés Bernáldez[2] racconta con molti dettagli che un convoglio di 25 imbarcazioni carico di ebrei, sotto il comando del capitano Pedro Cabron, si dirigeva verso Orano, all’epoca comandata da un corsaro di origine genovese, di nome Franoso. Arrivati in vista del porto algerino, gli esiliati inviarono un certo “Rabbi Levi” dal corsaro che voleva impedire agli ebrei di scendere a terra, ma tutte le suppliche restarono senza effetto compresa l’offerta di versargli 10.000 ducati d’oro.[3]
Presi dal panico e dalla disperazione la maggior parte degli ebrei decise di tornare in Spagna: un primo contingente di 150 persone andò a Cartagine dove gli ebrei domandarono di essere battezzati; altri 400 continuarono fino a Malaga, dove furono autorizzati a tornare in Castiglia dopo aver abiurato la fede ebraica.[4]
La fame, le malattie, i maltrattamenti sofferti a Fez e a Tlemcen per esempio, costrinsero un grande numero di rifugiati a tornare in Spagna ed ad abiurare. Andrés Bernáldez [5]racconta come lui stesso aveva battezzato, nella città castigliana di Los Palacios, un certo numero di ebrei, che dopo aver subito una sorta innumerevole di violenze, avevano preferito raggiungere la penisola iberica.[6]
All’inizio del secolo XVII le nuove comunità sefardite formatesi nel Nord Europa, modellarono l’organizzazione comunitaria e le istituzioni su quelle della comunità ebraica veneziana. Le decisioni più importanti erano prese nel Nord Europa come a Venezia da uomini coinvolti nel commercio internazionale e nella finanza, persone sensibili a politiche di potere piuttosto che alle tradizioni rabbiniche.
Nella seconda parte del XVII secolo, fu la città di Amsterdam che divenne più importante di Amburgo e Londra e sovrastò le cinque più piccole comunità nelle Provincie Unite: Rotterdam, Middelburg, l’Aia, Maarssen e Amersfoort. La città esercitò un ruolo protettivo nei confronti delle comunità spagnole nel Nuovo Mondo: Curacao, Surinam, Martinique Barbados, Jamaica e New Amsterdam (dopo il 1664 prese il nome di New York). [7]
Alla fine del secolo XVI- inizio XVII, una delle prime funzioni della comunità spagnola fu quella di fare pressioni per il ritorno dei “Nuovi Cristiani” portoghesi all’ebraismo, sia in Italia che nell’Europa Nord Occidentale, nel momento in cui molti di loro erano riluttanti o esitavano a ritornare all’osservanza ebraica. Osserva Jonathan i. Israel:
Even in Amsterdam, where the pressure to reject Catholicism, and publicly adopt Judaism, was especially strong, it is certain that there were many Portuguese who permanently or temporarily resisted that pressure. Manoel Carvalho, having earlier lived as a New Christian in Brazil and who, after 1604, imported Brazilian sugar to Holland from Oporto, via a relative Paulo Mendes Carvalho, and also developed a lively trade with Genoa and Livorno, later stated in a notarial deed of 1643, that though he had arrived in Amsterdam forty years before, that is in 1604, he had made no profession of Jewish religion for twelve years until the year 1616.[8]
Figura interessante che resistette alle pressioni del ritorno all’ebraismo dopo aver a lungo esitato, fu il “nuovo cristiano” portoghese Hector Mendes Bravo. Nato nel 1591 in Portogallo, andò a vivere con la madre a Firenze dove entrambi vissero come cattolici. Nella città conobbe il mercante “nuovo cristiano” Bento de Medeiros, che segretamente osservava la fede ebraica e aveva dei parenti nel Ghetto di Venezia. Bento convinse Hector ad andare con la madre nella città lagunare e ritornare all’osservanza normativa ebraica. Nel 1607 la famiglia Mendes ed un ragazzo di 16 anni lo fecero e tornarono a essere osservanti. Hector fu circonciso e gli assegnarono il nome ebraico di David Levi Bravo, in presenza del rabbino Moseh Attias, capo della comunità veneziana “ponentina”. Nel 1602 l’uomo lasciò Venezia per Amsterdam, dove lavorò come assistente di Manoel Pimeutel (alias Isaac Abentacar), un mercante ebreo portoghese. Nonostante tutto David continuò a essere indeciso riguardo alle due fedi, ebraica e cattolica, e ad avere discussioni con i Rabbini. A Haarlem infine conobbe un frate francescano e si convinse che la sua salvezza dipendeva dal al cristianesimo. Lasciò dunque l’Olanda per Lisbona, dove si presentò di fronte all’Inquisizione nel dicembre 1617, ansioso di confessarsi e dire tutto quello che sapeva sugli ebrei di Venezia e Amsterdam.
Alcuni storici affermano che molti dei “nuovi cristiani” portoghesi che fuggivano dall’inquisizione per stabilirsi in Italia, Francia, le Fiandre, e il Brasile alla fine del secolo XVII, non avevano un desiderio particolare di appartenere a una vita comunitaria ebraica, forse per non compromettere la loro condizione nelle terre iberiche. Secondo tale interpretazione però:
The counter-pressure was considerable and fairly rapidly had the effect of transforming the main body of those who settled in France, Holland and at Hamburg, as well later at London, into an organized Jewish society, a result impossible to explain except in the context of the recent Sephardic experience in the Greek lands and Venice[9]
Inoltre, le reti sociali e religiose che ad Amsterdam ed Amburgo divennero apertamente ebraiche prima del 1610, e che fin dal 1590 mostravano di avere forti tendenze ebraiche, mostrarono di essere un mezzo efficace per organizzare e regolare la corrispondenza di lunga distanza e il commercio, rispetto alla diaspora portoghese “nuovo cristiana”, che era numericamente forte in Italia, le Fiandre e Francia, ma mancava di coesione sociale e perso commerciale.
In questo modo all’inizio del secolo XVII, si verificò una considerevole correlazione fra questi mercanti che divennero i maggiori distributori di prodotti coloniali portoghesi nel Nord Europa, e coloro stavano iniziando a essere la principale rete comunitaria religiosa e sociale. [10] Questo è provato dal fatto che della flotta di sei navi che tornavano da Lisbona nel porto di Amsterdam, catturate dagli inglesi e portate a Londra nel 1601, (in questa data i “nuovi cristiani” portoghesi da poco si erano stabiliti ad Amsterdam, e come gruppo non avevano un profilo sociale, né una precisa identità religiosa, ma avevano già un ruolo nella distribuzione di prodotti coloniali portoghesi nel Nord Europa. Molti di loro saranno gli stessi mercanti che presto emergeranno come membri attivi nelle Sinagoghe ad Amsterdam e di altre istituzioni ebraiche.[11]
Per i ministri spagnoli era evidente e particolarmente spiacevole che gli ebrei sefarditi olandesi giocassero un ruolo centrale nell’espansione del commercio olandese con la Spagna e le Indie e avessero parenti e soci fra i mercanti “nuovo cristiani” portoghesi attivi nel commercio. La Spagna in questo periodo si stava dunque chiedendo se fosse meglio per lo Stato e la Chiesa tentare di integrare i portoghesi “nuovo cristiani” o eliminare quelli che vivevano in Spagna o nelle Indie. Le autorità spagnole che li ritenevano sinceri nell’osservanza religiosa avrebbero voluto che la Corona limitasse i poteri dell’inquisizione, e pensavano che arrestando la loro emigrazione verso l’Olanda l’Impero commerciale di Spagna e Portogallo si sarebbe rafforzato (p. 189), e di conseguenza indebolito quello olandese. Olivares, capo ministro di Filippo IV (1631-65) favoriva questo tipo di politica e riteneva preferibile far tornare i “portoghesi” dal Nord Europa in Spagna, con l’introduzione di varie discriminazioni ma anche di una relativa tolleranza e delle forme di perdono. Speciali offerte potevano poi venire fatte a determinate persone. Afferma a questo proposito Jonathan Israel:
Yet we know that some individuals among the Sephardic diaspora did aspire to return; and there may have been more than we know about. In any case, the project was by no means wholly unrealistic. Rétama in his treatise of 1619[12] says that he had heard -whilst in Holland a few years before -that there were “Portuguese” there who wished to negotiate with the Archdukes in Brussels with a view to transferring their families which had fled from the Inquisition in the Peninsula to Holland, from there to Antwerp (and therefore back to Catholicism) and by enabling them to conduct their business there, and in other realms of the crown of Spain, deprive the Dutch of it. [13]
Francisco Rétama era un mercante proveniente da Jérez de la Fronera, che, dopo aver tentato di vendere una partita di arance a Amsterdam nel 1614, divenne in seguito un consigliere economico a Madrid.
Mise in evidenza nel suo trattato sul commercio olandese-spagnolo, presentato al consejo de estato nel 1619, che più di 600 capo famiglie ebrei a Amsterdam e Rotterdam erano povere e che vi erano solo 12 ebrei olandesi che avevano una qualche relazione con il commercio. Nonostante questo, suggerì che la Spagna doveva alimentare il risentimento che esisteva in Olanda contro gli ebrei per ottenere la loro espulsione verso la Germania o la Polonia:
Per togliere il commercio che essi fanno per mezzo di contatti con altri ebrei
conversos… con questo loro defraudano Sua Maestà delle imposte dovute, e privano molti uomini d’affari di questi Regni dei loro profitti e così per deviare questo commercio, e i contatti in Spagna che ne derivano, verso le Fiandre così che tutto dovrebbe essere di beneficio dei soggetti si Sua Maestà. [14]
Un ampio supporto ebbe quindi la proposta di far tornare i “nuovi cristiani” in Spagna, promettendo loro di ritenersi tranquilli nei confronti dei poteri inquisitoriali. Lo stesso inquisitore generale suggerì al Re di procedere per il rimpatrio dei portoghesi, di farli venire dall’Olanda e il Santo Offizio avrebbe arrangiato tutto: «De manera que Dios fuese servido, y la fee aumentada, y Vuestra Magestad tambien fuese servido».[15]
Essenziale era però indebolire gli ebrei olandesi e attraverso loro l’Olanda, minando per esempio i legami fra i “nuovi cristiani” della penisola con i sefarditi nel Nord Europa e così privando gli ebrei del commercio e trasferendolo nelle mani cristiane, nei più degni soggetti del Re. L’espulsione degli dalla Repubblica olandese, se attenuta dalla Spagna, avrebbe reso il Re capace di:
To divert his trade , and the connections which sustain it, to Flanders so that everything should be to the advantage of Your Majesty’s subject” and the Jews stripped of what they have.[16]
Un altro memorialista nel 1621 scrive che credeva vi fossero fondate ragioni per espellere circa 20,000 capi famiglia (approssimativamente 100,000 persone) di “gente hebrea in Portogallo”, […] sostenendo che un simile lodevole atto di stato avrebbe reciso i legami degli ebrei in Olanda con quelli della Penisola, e forzandoli a dare un rifugio e prendersi cura dei rifugiati, avrebbe esaurito completamente le loro risorse, indebolito in tal modo l’ebraismo, e minato l’Olanda politicamente e militarmente.[17] Ai suoi occhi, una espulsione generale di nuovi cristiani dalla Spagna e Portogallo verso le colonie portoghese nell’Africa occidentale (dove molti di loro avrebbero potuto morire) non solo avrebbe eliminato la penisola da una spregevole e indesiderata quinta colonna, ma sarebbe stato un colpo devastante per le provincie Unite. Gli osservatori spagnoli in realtà esageravano il ruolo dei sefarditi nel guidare la penetrazione olandese nei due imperi marittimi spagnoli. Al contrario di altri però il commerciante Rétama, che conosceva meglio l’Olanda, insiste che la maggior parte dei 600 capo famiglia ebrei che vi risiedevano, erano in realtà poveri. Egli stima che nel 1616, c’era solo una dozzina di ebrei mercanti in Olanda che avevano un’importante levatura nel commercio internazionale. [18] Gli ebrei sefarditi in Olanda che avevano legami con i “nuovi cristiani” portoghesi della Spagna e dell’America spagnola erano considerati una minaccia economica per il benessere degli imperi marittimi spagnoli e portoghesi, ma la comparsa di floride comunità ebraiche capaci di ricevere immigrati “nuovo cristiani” dalla Penisola, era vista indubbiamente anche come una sfida sociale e religiosa. La vita ebraica nelle Province Unite era tollerata e garantita dalle autorità, e più le comunità sefardite erano incoraggiate a organizzare sinagoghe ed altre istituzioni, più l’Olanda diveniva un luogo attrattivo per i potenziali immigrati “nuovo cristiani” dalla Spagna. Così l’inevitabile risultato del continuo esodo fu un rafforzamento simultaneo dell’ebraismo e della penetrazione economica olandese.
L’accettazione pubblica della vita comunitaria dei sefarditi in Olanda era percepita come un fatto che danneggiava gli interessi spagnoli.
I commentatori spagnoli ritenevano che i portoghesi “nuovi cristiani” nelle Provincie Unite e nel resto del Nord Europa non fosse affatto formalmente ritornato all’osservanza dell’ebraismo normativo; in particolare prima del 1620, c’erano i “nuovi cristiani” portoghesi ad Anversa e Rouen, che preferivano vivere esternamente come cristiani, uno status che facilitava i movimenti fra Amsterdam e Anversa, o coloro che esitavano, o quelli che non erano convinti della scelta fatta tornando a praticare la legge ebraica. Caratteristiche simili le possedeva ad esempio un “nuovo cristiano” portoghese di nome Bartolomé Menses Trancoso. Questo informatore era ansioso di assicurarsi un salvacondotto per sé, sua moglie, i figli e la famiglia per tornare in Spagna in modo da non essere punito dalla Santa Inquisizione. [19] Egli offrì ampie informazioni sulle attività commerciali clandestine che erano a detrimento della Corona, dando i nomi di vari “nuovi cristiani” portoghesi in Spagna, che importavano monete di rame false dall’Olanda. Il segretario politico dell’arciduca informò però Madrid delle inchieste che rivelavano come lo stesso Bartholomé Mendes era stato accusato di importare monete false in Spana quattro anni prima, nel 1615. In ogni modo oltre le persone il cui status fra cristianità e ebraismo era incerto incostante, ne esistevano altri che avevano stabilito contatti con ministri spagnoli dei quali la lealtà ebraica era chiara e indiscutibile. Duarte Fernandes (Joshua Habilho), un mercante di Oporto che si era stabilito ad Amsterdam e dopo ad Amburgo, nel 1612 fu descritto dal Marchese di Guadaleste come intelligente e prudente, un uomo integro sebbene fosse ebreo. Fernandes era il fondatore della sinagoga Neveh Shalom in Amsterdam, membro fondatore di un’istituzione sefardita chiamata Santa Companhia de Dotar, che faceva anche proselitismo e si occupava degli orfani, delle doti e della ragazze povere nuovo cristiane che volevano sposarsi in una sinagoga e tornare a osservare la fede ebraica. Fernandes iniziò delle trattative segrete con la Spagna alla ricerca di vari vantaggi, per lui stesso, la famiglia e probabilmente il suo gruppo di conoscenze. Andò molte volte a Brussel per affari legati alla politica, tessendo relazioni che riguardavano gli interessi economico- politici della Spagna e passò anche molto tempo a Anversa. Probabilmente riferì al vescovo di Anversa che la comunità dei nuovi cristiani portoghesi locale non era leale alla Corona. Scrisse a Madrid nel gennaio 1617 dicendo che su di lui esistevano delle voci maligne sia a Anversa che a Brussels. Fernandes descrive se stesso in questa lettera come colui che è al servizio del Re da due anni. In realtà i suoi contatti a Brussels con la corte sembrano risalire a un periodo precedente, quando aveva preso parte alle trattative segrete di pace del 1611-12, e aveva accompagnato il rappresentante di Rodrigo Calderon, il frate portoghese nuovo cristiano, Martìn del Espiritu Santo, a un appuntamento segreto all’Aia con la guida dei dieci Stati di Olanda, Johan van Oldenbarnevelt.[20] Sembra che in seguito Fernandes abbia aiutato il ministro spagnolo Guadaleste, a Brussel, a persuadere il diplomatico marocchino Samuel Pallache, che aveva strette relazioni con la corte a Marrakesh, a entrare di nuovo al servizio spagnolo. [21] Nell’Agosto 1615 mentre le trattative relative alla posizione della Spagna nel Maghreb continuavano, Guadaleste descrive Fernandes in un comunicato inviato a Madrid come una persona di grande rilievo, ascoltata abitualmente dagli Stati Generali. Nel novembre 1615 Pallache e Fernandes fecero un accordo segreto con la corona spagnola che consisteva in 12 clausole, in base al quale Pallache avrebbe ricevuto 200 ducados per mese in cambio della trasmissione di informazioni sulle relazioni con la Francia, Inghilterra e l’Olanda con il Marocco e i Turchi, e su tutto quello che riguardava gli interessi spagnoli sulla costa del Marocco. L’accordo doveva anche influenzare le autorità marocchine contro l’estensione di relazioni commerciali con le autorità marittime del nord, e diceva che Joseph Pallache, in passato un nemico della Spagna, amico dell’Olanda e della fazione marocchina di Mawlay Zaydan, doveva se possibile, essere mandato dall’Olanda in Marocco.
I dodici anni di tregua furono un periodo quindi di rapida espansione dell’attività economiche delle comunità ebraiche sefardite olandesi. Il commercio marittimo continuò comunque orientato principalmente verso la Penisola iberica, ibero-americana e il Maghreb. Usando le navi olandesi, tecniche e mezzi, gli ebrei riuscirono a ritagliarsi un’importante nicchia per se stessi nell’Impero marittimo olandese, un sistema marittimo che dal 1609 abbracciava il globo e dominava i mercati. Mentre però le province unite nel secolo XVII erano più tolleranti verso gli ebrei di ogni altra monarchia europea, fu meno la tolleranza olandese che rese questo possibile che il fatto che gli ebrei sefarditi mantenevano stretti legami con le proprie famiglie e amici portoghesi nuovo cristiani nella penisola, Ibero America, Africa Portoghese e Asia di una intensità, durata e respiro mai raggiunta da ogni altra diaspora o gruppo. Jonathan Israel ritiene che:
It was surely this above all which enabled them to rate their unique trans-oceanic socio-religious as well as commercial network, a system which traversed not only the Protestant-Catholic and Christian -Islamic divides but linked every part of the New World and the East Indies to their chief base in Amsterdam.[22]
[1] Yosef benYehoshua HaCohen, Les chroniques juives, la Vallée des pleurs, chronique des souffrances d’Israel despuis sa dispersion jusqu’à nos jours, 1575, Julien Sée, Paris, 1881, p. 110-111. In: Michel Abitbol, Juifs d’Afrique du Nord et expulsés d’Espagne après 1492. In: «Revue de l’histoire des religions», vol. 210, n°1 (1993), pp. 49-90, http://www.persee.fr/doc/rhr_0035-1423_1993_num_210_1_1415 (consultato il 19/10/2015): «En l’année 5269, c’est-à-dire en 1509, les serviteurs du roi d’Espagne marchèrent contre Tripoli en Afrique, s’en emparèrent et en firent prisonniers tous les habitants. Les juifs du pays, avec les exilés d’Espagne qui s’étaient ajoutés à eux, allèrent également en captivité devant l’ennemi. L’année suivante, les Espagnols marchèrent de même contre Tripoli en Berbérie… Tous les juifs de la ville, qui formaient une importante communauté, furent emmenés par l’ennemi qui les transporta à Naples, où beaucoup moururent de misère et de chagrin dans cette année de désolation. ». Nell’originale versione ebraica:
Yosef benYehoshua HaCohen, Emek HaBakà [Habacha]: Historia Persecutionum Judeorum, Cravovie, Verlag v. Faust’s Buchlandlung 1895, p. 110. Reperibile on-line: http://www.hebrewbooks.org/46696, Pdf. 116.
[2] Andrés Bernáldez, Historia de los Reyes Catolicos, Sevilla, 1870, vol. I, pp. 340-343
[3] Capsali, citato nei capitoli successivi, dà di questa storia una versione diversa, dice che vedendo delle imbarcazioni avvicinarsi alla riva, furono gli abitanti della città che per impedire loro di sbarcare fecero uso di cannoni; quando si accorsero, grazie a un rabbino locale, che erano ebrei fuggiti dalla Spagna, le autorità decisero di accogliere queste persone che “erano più numerosi delle cavallette” e di costruire per loro un quartiere di “case di legno”.
[4] Il resto delle persone proseguì il cammino a bordo di 8 imbarcazioni, fino al porto di Arzilla, sulla costa marocchina, da dove raggiunsero Fez. Il porto, prossimo al litorale iberico e situato a qualche silometro solamente da Tétuan, Shafshawan e Ksar el-Kébir, sotto il dominio portoghese, sarà utilizzato sia dai megorashim che venivano direttamente dalla Spagna, sia dai conversos e i “nuovi cristiani” portoghesi che vi erano andati legalmente e che potevano servirsi del porto come tappa per altri luoghi dove potevano ritornare all’osservanza della fede ebraica. Ad Arzilla andarono nel 1498 i “sette grandi martiri” scappati alale conversioni forzate in Portogallo, fra i quali Abraham Saba, Shemtov Larama e Yakov Allual o Alfual che andrà più tardi a Fez, così come Abraham Zacuto.
[5] A. Bernáldez, op. cit., p. 344-345.
[6] M. Abitbol, Juifs d’Afrique du Nord, cit.
[7] J. Israel, Diasporas within a Diaspora, cit., p. 79
[8] Fuks-Mansfeld, De Sefardim in Amsterdam tot 1795: Aspecten van een joodse minderheid in een Hollandse stad , Hilversum, Historische Vereniging Holland 1989, p.40; Swetschinski Daniel, Reluctant cosmopolitans: The Portuguese Jews of Seventeenth-Century Amsterdam, Littman Library of Jewish Civilization 2000, p.108, 175. Citati in : J. Israel, Diasporas within, cit., p. 83.
[9] J. I. Israel, Diasporas, Cit., p. 94
[10] Comunità che era basata sul modello veneziano
[11] J. Israel, Diasporas, Cit., p. 94
[12] Rétama riporta nel suo trattato del 1619, fo. 13: «Yo entendi en Olanda que se queria tratar son sus Altezas se traer los judios que han ydo huyendo de Portugal que estan en Amsterdam y Rotterdam.. para que en Amberes entrassen e yciessen regocios para impedirlo a los olandeses».
[13] AGS Estado 634, doc. 322. fo. 13. Citato in: J.Israel, Diasporas, Cit., p. 190-191
[14] AGS Est 634, exp. 322, fos 13-14. In: J. Israel, Empires and Entrepots: The Dutch, the Spanish Monarchy and the Jews, 1585-1713, London, Ronceverte WV, Hambledon Press 1990, p.359.
[15] AGS Estado 3860 consulta 5 April 1639, fos 2-2v. Voto dell’Inquisitore Generale. Citato in J. Israel, Diasporas, Cit., p. 193
[16] AGS Estato 634, doc 322, fos. 13-14.Citato in J.Israel, Diasporas, Cit., p. 193
[17] BL MS Egerton 344, “Trahe V Magestad tanto en los ojos las cosas de la fee”, fos 66, 69v, 75v-6. Citato in J. Israel, Diasporas, Cit., p. 193
[18] AGS Estado doc. 322, fo. 13. J.G. Van Dillen, seguendo Cecil Roth stima che il numero degli ebrei portoghesi in Amsterdam fosse nel 1617 di 500 unità; probabilmente il numero è troppo basso, sebbene la stima di Rétama ,che parla di 2000 ebrei, sia troppo alta. Un numero più accettabile secondo altri storici sarebbe di circa 1000. Citazione e nota J.Israel, Diasporas, cit., p. 194
[19] AGS Estado 2308, doc 113: «Lo que en sustancia resulta de los papeles que Bartholomé Mendez Trancoso a escrito»; citazione di J. Israel, Diasporas,Cit., p. 194
[20] AGS Estado 2294, Mancicidor a Filippo III, Brussels, 31 diecembre 1611. Citazione di J. Israel, Diasporas, cit., p. 205
[21] AGS Estado, 2302: Duarte Fernandes, ‘Memoria de las cosas tratados y asentados con Samuel Pallache’; Citazione di J. Israel, Diasporas, cit., p. 206
[22] J. I. Israel, Diasporas, Cit., p. 208