Capitolo 2 – Dopo l’espulsione: la formazione delle identità sefardite nel Mediterraneo.
Nel corso del XIV secolo la frammentazione sociale ed economica del mondo ebraico iniziò a cambiare. I primi passi verso la reintegrazione degli ebrei dell’area mediterranea fu il risultato della loro esclusione dalla maggior parte del mondo latino occidentale: gli ebrei europei iniziarono a muoversi nel e intorno al Mediterraneo, quando furono espulsi dalla Francia e Provenza, e si stabilirono in molti luoghi dell’Italia e del Nord Africa. Il momento decisivo, almeno per quanto riguarda gli ebrei iberici, fu il 1391, quando iniziò la prima fase della diaspora sefardita. Una delle caratteristiche del mondo mediterraneo nel XVI secolo fu che l’espansione spagnola e ottomana generalmente servì a precludere la possibilità di conquistare il vero controllo nella regione da uno dei due poteri. Anche nelle rispettive sfere di influenza ai due estremi del Mediterraneo, la Spagna e l’Impero Ottomano furono costretti a tener conto dei cambiamenti politico–economici e di altri competitori che includevano il Portogallo, Genova, Venezia, lo Stato della Chiesa e il Sultanato di Fez.
Le vicissitudini politiche e le nuove opportunità economiche del XVI secolo cambiarono le attitudini prevalenti e le politiche verso le minoranze religiose: a causa dell’uso continuo di un vocabolario legato a polemiche religiose, incluso l’incitamento verso le crociate, le molte condanne di eretici e infedeli, l’attitudine medievale verso gruppi religiosi si trasformò rapidamente. Papi e Re presentarono la battaglia per la supremazia nel mediterraneo in termini religiosi, come un grande sforzo per difendere la “verità” contro “l’infedele”.
Nella Spagna, l’unità cattolica raggiunta tramite conquiste, espulsioni e conversioni fra il 1492 e il 1502, mascherò il dissenso religioso. L’integrazione di ebrei e musulmani convertiti alla religione cattolica nella società spagnola e portoghese rimase il maggior ostacolo durante il xv e XVI secolo all’unità religiosa, come lo fu la persistenza di credenze folkloristiche e i dubbi religiosi fra i “vecchi cristiani” e gli ebrei convertiti.
Per gli ebrei nel XVI secolo rimasti in Spagna e Portogallo era necessario essere cauti nel fingere o scappare se necessario, e vedere la nuova situazione come temporanea. Così videro le alleanze politico-economiche come vitali, ma transitorie, relazioni sempre contingenti rispetto ai bisogni e opportunità personali [1].
I cambiamenti identitari nella diaspora Sefardita
Prima dell’espulsione gli ebrei spagnoli erano un insieme di comunità con un’identità a volte diversa. Il vero retaggio che gli ebrei esuli dalla Spagna portarono con sé, non fu solo una particolare identità ebraica ma anche una serie di tratti culturali, resi evidenti nella costruzione delle strutture sociali, politico, religiose nella diaspora.
Molti ebrei della prima generazione si stabilirono nel mediterraneo occidentale e rimasero spiritualmente legati alla penisola iberica. La ragione principale per il legame con la loro terra di origine fu che l’esclusione degli ebrei dalla Spagna e dal Portogallo fu seguita immediatamente dall’espansione militare di questi Regni nelle terre del Nord Africa, dove molti ebrei avevano trovato rifugio. Le autorità della Chiesa e i Re che erano così intenti a sradicare i cripto ebrei erano, al contrario, molto più disposti ad accettare le loro attività nei loro possedimenti. Così, ebrei e conversos, divennero i benvenuti come mercanti, traduttori e intermediari politici, a dispetto delle restrizioni in atto a Lisbona, Madrid e Roma. La creazione di colonie spagnole nel Nord e nelle Americhe dette anche agli ebrei spagnoli e conversos l’opportunità di riprendere i ruoli che i loro antenati avevano giocato nei secoli precedenti. Le strade da intraprendere erano sempre piene di difficoltà, ricostruire le strutture comunitarie era veramente difficile e ciò costituì una delle più grandi sfide per la sopravvivenza e l’integrità della società ebraica. Gli ebrei dovettero superare l’instabilità e le fazioni, ottenere il rispetto dell’autorità rabbinica, e avere relazioni con i gentili.
Fu la seconda e terza generazione di coloro che avevano lasciato la Spagna nel 1492 che iniziò a trasformare le antiche immagini della terra di “Sefarad” in una società di strutture sociali e politiche identificabili. Le reti sociali, economiche, culturali, che avrebbero dominato la società sefardita nel XVII e XVIII secolo iniziarono a formarsi dopo il 1492. Il loro successo fu dovuto alla perspicacia di mercanti sefarditiin risposta ai vari cambiamenti della vita comunitaria; in un tempo di continui cambiamenti il modello di rete ebbe solo un ruolo limitato nella costruzione della società ebraica in questo periodo e la continua instabilità dell’organizzazione politico–economica ebraica esacerbò la difficile situazione di coloro che abitavano ai margini della stessa società.
Lo sviluppo di una nuova identità sefarditafu aumentata dal riconoscimento di differenze culturali fra i rifugiati come gruppo e gli ebrei nativi nei luoghi dove erano andati a vivere, in cui spesso i rifugiati spagnoli rappresentarono un gruppo coeso definito da un destino comune e problemi comuni.
I legami degli ebrei nel mediterraneo.
Gli ebrei della Castiglia, Aragona e Portogallo comunicavano con la città di Maiorca, l’Italia, il Nord Africa e il Levante per mezzo delle città portuali della Catalogna e Valencia. Le loro fortune nel mediterraneo seguirono il corso generale della società cristiana in cui vivevano.
Dal secolo XV, l’Aragona abbandonò la maggior parte dei suoi interessi politico-mercantili in Nord Africa e cominciò a focalizzare le sue energie nel Mediterraneo cristiano. Come risultato, il commercio e gli schemi di insediamento dei mercanti ebrei si diresse verso l’Italia. Questo cambiamento era talvolta compensato dall’aumento successivo dei contatti commerciali fra ebrei castigliani e il Maghreb,[2] in particolare attraverso i porti dell’Andalusia, di Siviglia, Cadiz e el Puerto de Santa Maria. Le reti commerciali che si erano stabilite fra i mercanti ebrei spagnoli ebbero come consequenza quella di dotarli non solo di mezzi per guadagni economici, ma li aiutò a tessere contatti socio-politici con altre comunità ebraiche e con autorità non ebraiche. Questo facilitò la migrazione ebraica verso e dalla Spagna durante il Medioevo, e divenne particolarmente importante per la sopravvivenza ebraica dopo il 1391 e il 1492 [3].
Gli Ebrei Nel Nord Africa.
Nei primi dieci anni dopo l’espulsione dalla Spagna, le terre ottomane nel Mediterraneo rimasero distanti e inaccessibili per la maggior parte degli ebrei. Viaggiare Nel Nord Africa era sempre un’impresa rischiosa, ed essi scelsero una migrazione su vasta scala solo come ultima risorsa. Coloro che fuggivano dal Portogallo erano spesso attaccati da bande di beduini armati che li spogliavano di tutto quello che avevano, e molti erano obbligati a soffrire anni di privazioni nelle regioni del Nord Ovest africano. Due fattori furono determinanti per l’accettazione degli ebrei spagnoli e portoghesi nel Nord Africa: il primo era costituito della relazione fra le autorità musulmane locali e gli ebrei che abitavano nel luogo, inclusi quelli di origine europea; il secondo era legato all’atmosfera dominante di instabilità politica ed difficoltà economica che colpì la regione per la maggior parte del secolo XVI.
Nel XV secolo la condizione generale degli ebrei nel Nord Africa era quella di una prosperosa e “protetta minoranza”; come spesso avveniva la situazione politica del Magreb era molto instabile in questo periodo, e questo significava per gli ebrei un cambiamento nel loro status di comunità “protetta”. Nella regione erano spesso vittime di violenza, a esempio nel 1438 un attacco contro gli ebrei di Fez portò alla formazione di un nuovo e più protetto quartiere ebraico chiamato Fellah, che divenne il prototipo dell’insediamento ebraico nel Nord Africa. Un altro attacco contro gli ebrei di Fez si verificò nel 1465, quando un predicatore del luogo incitò le persone a fare una rivolta popolare contro il sultano, Abdel-Hag ben Said, e il suo visir ebreo. Loro rimasero entrambi uccisi, e gli ebrei rimasti senza la protezione del sultano, furono massacrati, solo qualche ebreo si salvò grazie alla conversione [4].
Gli ebrei che arrivavano dalla Spagna soffrirono molto per l’instabilità politica del luogo e a causa della loro vulnerabilità come rifugiati, furono tassati pesantemente e soffrirono per la fame e le malattie. Essi trovarono comunità ebraiche differenti che avevano appreso a coesistere, senza però arrivare a una piena integrazione. C’erano coloro che, presenti da centinaia di anni, avevano modi di vestire, costumi e lingua non diversi dai loro vicini musulmani. In ebraico erano chiamati Toshavim, termine che li distinguerà dai Megurashim, coloro che erano fuggiti dalla Spagna nel 1391 e dalla Francia dopo l’espulsione del 1394; anche gli ebrei fuggiti nel 1492 dalla Spagna avranno lo stesso nome. Coloro che erano fuggiti dall’Europa mantennero le loro sinagoghe, i propri capi religiosi, la propria lingua, abbigliamento ed usi. Per quei mercanti ebrei e diplomatici che avevano preservato stretti contatti con il Nord Africa e in particolare, con gli ebrei iberici che si erano rifugiati nel luogo, queste comunità furono una parte familiare importante nelle nuove reti sociali, economiche ed intellettuali. Per la maggior parte dei rifugiati spagnoli comunque, il primo gruppo di Megurashim può essere apparso come una comunità chiusa, pronta a un ritorno verso le loro comunità europee di origine, dalle quali mancavano però da centinai di anni. In qualche città gli ebrei esiliati nel 1492 si unirono agli ebrei europei, in altre il retaggio culturale europeo non fu sufficiente a superare le loro diversità culturali, e i nuovi arrivati stabilirono nuove comunità.
Questa tendenza all’atomizzazione continuò a essere un segno dell’insediamento ebraico e dell’organizzazione comunitaria nel Mediterraneo. I luoghi più ambiti per gli insediamenti ebraici erano le città della costa mediterranea e la città di Fez, centro commerciale e luogo dove gli ebrei godevano di misure di protezione. I mercanti ebrei spagnoli avevano da tempo legami con la città algerina di Tlemcen [5] e il suo porto principale, Orano, tanto che dopo il 1492 le due città divennero dei centri guida per l’accoglienza di rifugiati dalla Spagna. Quando le città divennero incapaci di accogliere più rifugiati, molti andarono nella valle, e in qualche distretto rurale. Una ricca famiglia castigliana, comprò una grande parte di terra in campagna, sviluppò il luogo e i suoi membri si sposarono solo fra loro; altrove, il villaggio in montagna di Ait Daud divenne pieno di artigiani ebrei.
Nelle regioni musulmane del Nord Africa gli ebrei furono sempre considerati come Dhimmis,[6] categoria legale riferita a persone di religione non musulmana che in cambio di “protezione” dovevano pagare delle tasse ingenti ed accettare uno stato sociale inferiore.
La storia degli ebrei maghrebini, nativi come nuovi venuti, cambiava dunque con i cambiamenti delle vicende politiche della regione. Il sultano Wahasid, Mulay Muhammed al–Shayakh (1472-1505), concesse a molti ebrei convertiti durante gli assalti del 1465 di ritornare a professare la fede ebraica. La “protezione” concessa agli ebrei dalla dinastia Wahasid, fu l’elemento per il quale una grande comunità di ebrei spagnoli si stabilì a Fez. Il luogo era comunque geograficamente limitato e non capace di ricevere la maggior parte degli ebrei rifugiati: testimoni oculari raccontano di ebrei che stavano soffrendo la fame e per le malattie.
Un fenomeno che si venne a creare per questi esiliati, frequente nella storia ebraica, fu quello di trovarsi in mezzo a guerre interne di musulmani, che formavano varie alleanze per respingere gli spagnoli e i portoghesi in modo da stabilire un punto di appoggio nella regione. Il cronista ebreo Samuel Ibn Danan descrisse come gli ebrei di Fez furono coinvolti in un insieme di battaglie, intrighi e tradimenti fra le forze arabe, turche, cristiane durante la guerra del 1553-54. Quando la battaglia per Fez coinvolse anche il quartiere ebraico, un notabile ebreo proveniente dall’Algeria intervenne a favore della comunità ebraica assediata e ottenne un salvacondotto per gli ebrei dal nuovo sultano turco della città, Muolay Muhammed Saleh.
Poiché il controllo della città passava vicendevolmente dalle forze arabe a quelle turche, gli ebrei erano obbligati a fare pagamenti continui, dovevano pagare un tributo per una successione di governanti per rimanere protetti. Il fatto che i vari governanti musulmani scelsero di accettare questo tributo piuttosto che spogliare gli ebrei e cacciarli, è un’ indicazione di quanto preferissero il metodo dell’accordo con una minoranza a una promessa di benefici a lungo termine.
Gli ebrei nativi ed anche i nuovi arrivati furono oppressi da battaglie senza fine fra forme mutevoli di forze cristiane e musulmane. Nel 1549, per esempio, quando un conflitto ancora una volta colpì la città di Fez e ridusse tutti i suoi abitanti alla fame, centinaia di ebrei fuggirono nella vicina città di Illeknes
Gli eventi non furono meno terribili nella città di Tlemcen, conquistata dalla Spagna nel 1516. Abraham Gavison,[7] un ebreo esiliato così descrisse il destino degli ebrei del luogo nel Sefer Omer ha-Shikhechà, come commento al versetto:
[8]“בִּרְכַּת ה’ הִיא תַעֲשִׁיר, וְלֹא יוסיף עֶצֶב עִמָּהּ”
Fu solo verso la metà del XVI secolo che la situazione nel Maghreb cominciò a stabilizzarsi. Sotto la dinastia Saadian (1549-1650), gli ebrei furono protetti come una parte integrante del commercio di oro del Sahara. Il secondo capo Saadan, Abdalla, trasferì la capitale del Marocco a Marrakesh e vi costruì un nuovo quartiere ebraico.
Fu l’incontro fra forze spagnole, portoghesi e anche ottomane nel Maghreb che contribuì a creare un’atmosfera di politica instabile; durante il secolo XV e gli inizi del XVI secolo la Spagna e il Portogallo cercarono di espandere la loro presenza militare, come un mezzo per proteggere le strade commerciali e acquistare nuovi territori.
I portoghesi si impadronirono del porto mediterraneo di Ceuta nel 1415 e stabilirono una serie di fortezze lungo la costa atlantica del Marocco fra il 1470 e il 1480.
Fu proprio in questo periodo, fra il xvi e xvii secolo, che la “nazione portoghese”, creò una delle più estese e potenti reti economiche dell’inizio dell’epoca moderna. Queste reti compresero numerose imprese mercantili strettamente connesse che avevano come sede le comunità portoghesi fuori del Portogallo. Come altre comunità di commercianti stranieri della fine del medioevo, i portoghesi costituivano una “nazione” e ricevettero i privilegi di una limitata autonomia giuridica accordata ad altre “nazioni” dedite al commercio come quella genovese e fiorentina. Lo storico Studniki-Gizberg osserva:
Studies of trade diasporas highlight the importance of the social ties and exchanges that linked members of the same family, home community, ethnicity, nation, or religion. This economy of affect corresponded closely […] with the core trading partnerships contracted by a given merchant […]merchants of the Portuguese Nação organized their trade in a set of nested groups: among members of a house, first, then among paisanos, and finally among other members of the Nation […] these qualities sprang from the sense of common identity and the intense interactions that prevailed among kinfolk, coreligionists, or members of a same community.[10]
I mercanti erano profondamente segnati dalle loro esperienze di viaggio e spostamenti, ed erano giovani. Un mercante portoghese iniziava la sua carriera lasciando i suoi genitori molto presto. A esempio i mercanti a Bordeaux mandavano i loro figli all’età di cinque sette anni a vivere con i loro nonni o zii che iniziavano a educarli: «il movimento» osserva Studnicki-Gizbert «was an inextricale parto of the lives of merchants of the atlantic diasporas»-
La creazione e l’estensione delle relazioni erano centrali nella vita quotidiana. I nuclei famigliari delle famiglie mercantili non erano grandi, fenomeno che vediamo anche in altre diaspore, come quella degli ugonotti e baschi. Nell’Atlantico le case della Nação portoghese era composte da nuclei familiari multipli, organizzati usualmente in due fratelli o sorelle.
L’interesse del Portogallo per l’Africa orientale era dovuto al commercio d’oro sahariano e alla ricerca di una nuova strada per l’India e il lontano Oriente.
Dal 1471 i portoghesi erano riusciti a stabilirsi sulla costa dell’attuale Ghana, non lontano dalle ricche miniere d’oro dell’interno.
In Spagna il Re Ferdinando aveva ottenuto dal Papa il riconoscimento dei suoi attacchi alle città Maghrebine, come fosse una “crociata”, ma le sue attività nel Nord Africa rimasero legate agli sforzi di bilanciare ’influenza spagnola in Italia. Questo portò i Re spagnoli e i suoi successori a un aperto conflitto con gli ottomani, i quali avevano cominciato la rapida espansione nel Mediterraneo dell’Est. Gli sforzi costanti di espellere gli ebrei furono contrastati dalla simultanea conquista delle terre musulmane che avevano comunità ebraiche. La risposta spagnola di fronte agli ebrei nei loro nuovi territori fu di venderli come schiavi, come nel caso di Orano e Tripoli nel 1509. Il destino di questi ebrei non fu facilmente dimenticato da altri ebrei della regione, e quando l’esercito di Carlo V fu fermato a Algeri nel 1541, gli ebrei composero delle poesie liturgiche, dove ringraziavano Dio per averli salvati dalla distruzione. Da allora essi commemorarono l’anniversario della battaglia con delle celebrazioni.
La reazione portoghese fu più ambivalente: Don Manuel accettò la presenza degli ebrei nelle città del Nord Africa sotto il suo controllo e vi permise l’insediamento ebraico nel 1512 e 1516.Il conte Vasco Countinho de Borba, governatore portoghese della città marocchina di Arzib, proibì però ai rifugiati ebrei e conversos, di stabilirsi vicino alla roccaforte musulmana di Qsar al –Kabir.
Le posizioni degli europei nel Mediterraneo rimasero precarie per decenni e questo determinò la loro posizione riguardo gli ebrei. Una combinazione di bisogni economici e una politica generale disordinata rese possibile che gli ebrei abitassero in queste fortezze iberiche.
Nel secolo XVI la Spagna era nella cristianità il Regno espansionistico di maggior successo e per il momento aveva bisogno del supporto di minoranze e mercanti stranieri che finanziarono il commercio e la conquista.[11] Per molti versi il Nord Africa rappresentava un ampliamento della Reconquista cristiana, e una continuazione di aggressione e accordo fra le diverse culture religiose. Gli ebrei esuli da poco tempo, riconosciuta immediatamente la situazione per quello che era, ripresero subito il loro ruolo tradizionale come intermediari economici e politici fra le due parti avverse.
I conversos che vivevano nelle guarnigioni portoghesi come Sefi e Azemmoun erano capaci di accedere alle strade commerciali del Nord Africa musulmano attraverso i loro legami con i mercanti ebrei che fornirono loro capitale liquido e aiutarono a portare le merci portoghesi e asiatiche da Lisbona ai mercati del Nord Africa, anche se le forze musulmane combattevano per respingere i portoghesi dalla regione. I legami linguistici, culturali e sociali che gli ebrei di origine spagnola e portoghese avevano con i cristiani iberici, vecchi e nuovi, li resero indispensabili ai piani del Re per l’espansione politica nell’Africa e nell’Asia. Lo status ebraico dipendeva da questi sogni di conquista, e i modelli della migrazione ebraica seguirono il corso dei bisogni dell’Impero. Il lungo Regno di Giovanni III, conosciuto come il “Pio”, rappresentò un cambiamento decisivo rispetto alle più pazienti e indulgenti politiche di Manuel I verso i conversos e le loro relazioni con gli ebrei che professavano la fede ebraica nel territori portoghesi d’oltremare.
Gli ebrei spagnoli rimasero nel Nord Africa appartenente ai portoghesi fino alla metà del XVI secolo, quando l’interesse del Re nel preservare i suoi possessi coloniali iniziò a diminuire, e l’attività inquisitoriale nella regione crebbe. Nel 1529 le fortezze portoghesi in Marocco, divennero troppo costose da mantenere, e la Corona iniziò a diminuire il numero di soldati che presidiavano. Dal 1550 la presenza portoghese in Marocco fu ristretta a un porto atlantico, Mazagan, e due città sulla costa del Mediterraneo, Ceuta e Tangeri e i principali centri del commercio dei conversos divennero Istanbul, Anversa e il Nord Italia, prima Venezia e poi Ferrara.
I piccoli insediamenti dei “nuovi cristiani” ed ebrei ancora crebbero per decenni nelle e intorno alle lontane colonie portoghesi dell’India occidentale. Un gruppo di ebrei spagnoli e portoghesi che si erano stabiliti nell’isola di Hormuz nel golfo persiano, aiutò a sviluppare la comunità locale di prosperosi mercanti e banchieri. La comunità funzionava come un legame commerciale fra ebrei ottomani e levantini nell’occidente e coloro che vivevano lungo la costa dell’India dell’Est. I governatori portoghesi in Asia cercarono di limitare l’attività degli ebrei nei territori sotto il loro dominio, ma gli ebrei rimasero parte integrale di queste colonie fino all’ultimo quarto del secolo XVI.
La presenza degli ebrei nei territori portoghesi e la loro stretta relazione con i conversos era ufficialmente qui indesiderabile, ma nella realtà desiderabile. Anche Alfonso di Albuquerque, vedere un noto e virulento nemico degli ebrei, li impiegò come diplomatici fra il personale portoghese in India. Solo alla fine del secolo le politiche di religiosa conformità e esclusione riuscirono a escludere gli ebrei che operavano ai margini del mondo portoghese.
Quando le politiche antiebraiche di Lisbona e Madrid furono attuate anche nei luoghi più lontani dei loro Imperi, gli ebrei dichiarati e i cripto- ebrei ugualmente iniziarono a curare i contatti con la Spagna e si collegarono ai nuovi centri ebraici del Nord Europa. Gli stessi ebrei mantennero alle loro identità spagnole, continuando a considerarsi come membri di una società che era ebraica dal punto di vista religioso, ma culturalmente portoghese. Le loro vite rimasero legate all’impero portoghese in espansione fino a che questo rimase possibile.
L’unione del Portogallo e Spagna avvenuto nel 1580 reintrodusse migliaia di “ebrei” in Spagna nella forma di conversos portoghesi che avevano avuto più successo nell’osservanza nelle pratiche ebraiche di coloro che vivevano in Spagna. Questi cripto-ebrei si stabilirono presto nelle maggiori città del Nuovo Mondo. I conversos rispondevano alla ripresa dell’attività inquisitoriale cercando rifugio nelle vaste zone di frontiera, nelle quali le loro abilità e connessioni mercantili erano più importanti dei loro orientamenti religiosi.
Con il declino delle opportunità nelle colonie spagnole e portoghesi nel Nord Africa e Asia, una nuova onda di mercanti e amministratori conversos si stabilì nelle Americhe. Le vicissitudini che caratterizzarono la vita ebraica nel Mediterraneo nel corso del 1500 si ripeteranno però in molti degli insediamenti di ebrei e conversos nelle Americhe nel secolo successivo. Come nel Mediterraneo, il grado nel quale potevano professare apertamente la fede ebraica, dipese dal sempre mutevole panorama politico delle Americhe
L’Italia
Terza destinazione, dopo Portogallo e Nord Africa, per gli ebrei spagnoli fu l’Italia: dall’Aragona arrivarono ai porti di Napoli e Genova ma la situazione per questi rifugiati si rivelò peggiore di quella del Nord Africa. [12]
Il cronista italiano Stefano Infessura (1436-1500), scrisse che i rifugiati spagnoli furono tenuti fuori dalle mura romane poiché erano malati infetti dalla peste[13]. Insicuri dell’accoglienza che avrebbero potuto ricevere, gli ebrei spagnoli si mossero da città a città.
Probabilmente non sono veritieri i resoconti di Ibn Verga, che ricorda nelle sue cronache gli avvenimenti che si verificarono nella città: riferisce che gli ebrei romani tentarono di impedire a un gruppo di ebrei spagnoli provenienti da Genova di entrare. Nonostante i dubbi sulla storia, questa comunque potrebbe svelare i sentimenti di paura che gli esiliati provocano all’interno di una comunità che viveva in condizioni di instabilità a Roma.
Altra testimonianza proviene dal Rabbino provenzale Isaac ben Immanuel de Lattes,[14] che nel XVI secolo abitava a Roma. Egli parla della mancanza di unione fra gli esiliati ebrei dalla Castiglia e quelli dall’Aragona e Catalogna e nota che dei membri delle tre regioni si erano organizzati creando una sinagoga unificata per la comunità ma che la situazione non era durata a lungo; presto gli ebrei iberici si erano divisi in tre separate congregazioni basate sulle differenti origini geografiche: «In order to maintain the uses and customs of their forefathers, which were distinct».[15] Solo dopo il sacco di Roma nel 1527, nel momento in cui molte sinagoghe erano andate distrutte e il numero degli ebrei si era ormai ridotto, le comunità decisero di riunirsi, ma questo non ebbe come risultato il distinguersi di una particolare Kehillah: gli ebrei aragonesi si riunirono con quelli catalani, i castigliani con gli ebrei di origine francese.
Lo storico Jonathan israel osserva che il riorientamento radicale della metà del secolo XVI fu causato meno dall’influsso dell’immigrazione da Spagna, Portogallo e i Balcani, anche se ne fu uno dei fattori, che dal programma relativo alla realizzazione dei ghetti, lo zelo conversionistico e la propaganda della controriforma cattolica. Israel afferma che rimane da chiarire quanto il processo legato al ghetto abbia influenzato gli immigrati ebrei in Italia:
There is little doubt that the ghetto greatly stimulated the process by forcing Jewish social life to turn inwards and by pressing the Jews entirely in one another. How far this process may also have been influenced by ‘Spanish’, ‘Sicilian’, and ‘German’ immigrants remains unclear.[16]
Nel Nord d’Italia, in Savoia, il duca Carlo Emanuele II cercò di attrarre gli ebrei sefarditi nel porto libero di Nizza. Diramò il suo invito per mezzo dell’ebreo di corte Isaac Avigdor. Nel 1669, quando circa 400 ebrei furono espulsi da Orano, il Duca rinnovò il suo invito. Nonostante che questo tipo di politica fosse simile a quella Toscana, era più restrittiva verso gli ebrei, infatti la maggior parte degli esiliati di Orano, in realtà quelli più poveri, furono obbligati ad andarsene.
Le cambianti fortune politiche dei vari stati italiani significavano che i decreti restringenti riguardo l’immigrazione e l’insediamento degli ebrei spesso erano di breve durata. Genova espulse gli ebrei molte volte nella prima metà del secolo XVI. Lo stesso avvenne a Napoli, da dove gli ebrei se ne andarono dopo momenti difficili e persecuzioni alla fine del 1400, 1514 e 1634,alla fine furono espulsi dalla città nel 1541. In questo periodo gli ebrei continuarono a convertirsi e politiche riguardo l’insediamento degli ebrei in Italia continuarono a cambiare negli anni ‘40, ‘50 del secolo XVI, sotto le opposte influenze della crescente competizione economica fra le città italiane e egli assalti dovuti alla controriforma papale.
Tramite una bolla Papa Paolo III (1534-49) aveva acconsentito ai Portoghesi conversos che erano tornati a osservare l’ebraismo di stabilirsi ad Ancona nel 1547, per stimolare così il commercio con i Balcani, come aveva fatto il duca Ercole II di Ferrara nel 1538. La situazione cambiò con i Papi successivi, Pio IV e Pio V.
Dall’occidente all’oriente.
L’agitata situazione nel Nord Africa e l’Italia coincise e aiutò la formazione dell’insediamento ebraico sefardita nel Mediterraneo dell’Est.
Nel secondo quarto del secolo XVI i rifugiati ebrei spagnoli cominciarono a raggiungere le città dell’impero ottomano in grande numero, dove la situazione appariva migliore che altrove. Dal Portogallo, negli anni compresi fra 1547 al 1567, i conversos andarono soprattutto nelle terre dell’Impero ottomano o altre terre islamiche, come avevano fatto dopo il 1492. Ben presto l’emigrazione però, fu bloccata a causa delle proteste degli ecclesiastici portoghesi in Italia. Questa emigrazione ebraica era però diversa da quella precedente, socialmente, psicologicamente e culturalmente. Questo perché molte di queste persone avevano problemi che non si erano prima presentati, la loro identità costituiva una questione complessa, come lo era il rispetto della legge ebraica e il fatto che un numero considerevole di questi conversos era costituito da figli di matrimoni misti, i cui figli non erano circoncisi, non conoscevano le norme ebraiche e tanto meno la lingua. Le loro motivazioni erano diverse da quelle degli ebrei che erano emigrati dalla Spagna nel 1492, adesso queste persone lasciavano il Portogallo poiché avevano paura di essere arrestati, torturati e rimanere senza beni propri dopo un’eventuale confisca dal parte del Santo Offizio.[17]
Come gli ebrei spagnoli anche quelli siciliani e napoletani si stavano dirigendo verso Est. Dal 1517, la Pax ottomana si era diffusa, all’inizio solo leggermente, nel mediterraneo dell’Est, dalla costa adriatica all’Egitto. Durante il Regno di Suleiman il Grande (1520-68) gli ottomani consolidarono i loro possessi territoriali in Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Qui, nel rapido espandersi dell’Impero turco, gli ebrei trovarono grande prosperità e stabilità più che in ogni altro territorio cristiano o musulmano.
Le cronache dei viaggi degli ebrei rifugiati nelle terre cristiane, in particolare Portogallo e Italia, rivelano esperienze molto diverse da quelle che andarono a vivere nell’Impero ottomano e formarono delle grandi e prosperose comunità.
Il caso più famoso è costituito dalla storia di Doňa Gracia Nasi e suo nipote, Yosef Mendes.[18] I membri di queste due famiglie, fra le più ricche e influenti dell’epoca, erano nati in Portogallo ed erano divenuti dei conversos. Nel 1530 fuggirono di fronte all’inquisizione portoghese e Doňa Gracia con i familiari si diresse verso Anversa e poi a Ferrara, Venezia e Istanbul. A Ferrara queste persone tornarono all’ebraismo, fondarono sinagoghe, aiutarono molti altri ebrei conversos a stabilirsi nelle terre ottomane.
La vitalità economica della società ottomana favorì un’emigrazione continua verso l’Impero di figli e nipoti dei primi rifugiati ma nell’Impero ottomano esistevano pericoli costituiti da cambiamenti politici che potevano influire sulla situazione ebraica.
La conquista dell’Egitto nel 1516-17 causò agli ebrei, inclusi quelli arrivati di recente dalla Spagna, di essere “esiliati” a Istanbul. Agli ebrei era anche ordinato di abitare nelle nuove aree per una serie di fattori, che andavano dalle vicissitudini del nuovo commercio, agli effetti del peso delle tasse e l’instabilità politica. Nuove opportunità politiche si presentavano agli ebrei nei centri di Istanbul, Salonicco e Izmir, come nelle piccole città di Ragusa, Candia e Safed.
Safed era allora una città in cui esisteva l’industria della seta, oltre a essere centro importantissimo dello studio della Qabbalà, dove le ricche comunità di Salonicco ed Istanbul aiutarono a costruire Yeshivot e centri di studio.
La vita itinerante degli ebrei nel mediterraneo nel secolo XVI portò però anche molti di loro indietro, nelle terre cristiane. Nel secondo quarto del secolo, i mercanti ebrei e residenti che tornavano in occidente fu paragonabile al numero di ebrei che cercava rifugio nelle terre ottomane. Le politiche ottomane verso gli ebrei non cambiarono dopo il 1530, ma le opportunità economiche nell’Impero invece diminuirono ed ebbero come risultato il fatto che molti ebrei spagnoli di seconda generazione, andarono a Venezia in cerca di nuove opportunità, come ugualmente fecero i conversos portoghesi che abitavano in Italia, Francia e Olanda.
Un esempio è dato dalla storia del Rabbino Yosef Pardo che nel 1590, dopo che Salonicco era divenuto uno dei più importanti centri commerciali e intellettuali nel mondo ebraico, lasciò la città in cerca di lavoro nell’Europa cristiana. Il Rabbino si stabilì per un periodo di tempo a Venezia, per andare dopo ad Amsterdam. Dalla metà del secolo XVI, i conversos avevano cominciato a insediarsi nelle nuove arre dell’Europa cristiana, in particolare nei Paesi Bassi e in Francia. Nello stesso tempo, i mercanti conversos cominciarono a trarre vantaggio dalla politica francese verso i mercanti stranieri che ottenevano delle lettere patenti ufficiali. Queste stabilivano che i mercanti ed altri portoghesi, i nuovi cristiani, avrebbero avuto tutti i diritti e i privilegi degli abitanti delle città dove avrebbero abitato.[19]
Nell’agosto 1550 infatti il Re Enrico II accordò delle lettere di naturalizzazione e dispense per i portoghesi chiamati Nuovo Cristiani. Rivendicata come la carta fondatrice dalla “nazione portoghese”, di fatto le Nazioni di ebrei, questo testo contiene le motivazioni per le quali queste dispense sono state accordate:
Comme les marchands et autres portugaiz appelléz Nouvaulx Chrétiens nous ayent, par gens exprès qau’ils ont envoyéz par décà, faict entendre que, ayans cougneu, pur avoir depuis quelque Temps en ca traffiqué en nostre royaume, la garnde et bonne justice qui s’exerce en iclluy et le gracieux traitement que ont et recoivent noz bons et loyaulx subjectz, et au contraire quelle unition et démonstation nous faisons faire des perturbateurs du commun reps, de sorte que cella faict que l’entrecours de la manchandise est mené et contuict en telle liberté que, sans aucune suspicio d’iniure, les marchans peuvent aller, traffiquer et fréquenter en telz endroits royaume, pays, terres et seigneuries de nostre obeyssance […]. [20]
Questo atto offre una misura di libertà e giustizia agli ebrei portoghesi che possono essere soggetti alle misure dell’inquisizione stabilita dal 1536. Ne beneficiano degli individui e dei cristiani, dal momento che gli ebrei erano stati espulsi dal Regno nel 1394. L’amministrazione usa dei termini intercambiabili come mercanti portoghesi, nuovi cristiani, nazioni portoghesi, ebrei portoghesi, e questo dimostra la sua voluta elasticità e si rivela piuttosto tollerante riguardo le pratiche religiose.
Questa carta fu rinnovata nel 1574 da Enrico II con l’aggiunta «gli spagnoli e i portoghesi qui [Bordeaux], possano vivere in sicurezza , senza che nessuna inchiesta sia fatta riguardo la loro vita o altro»; mentre non era permesso agli ebrei di professare la fede ebraica e di abitare in Francia, questo sotterfugio, in cui i Re spagnoli erano implicati senza difficoltà, rivela che fossero ben consapevoli delle tendenze religiose dei mercanti che loro chiamavano “nuovi cristiani”. Le “lettres patentes” che gli ebrei ricevevano dalla Corona permettevano ai conversos di stabilirsi dovunque in Francia , ma la quasi maggioranza di loro rimase nel sud ovest del Paese.
Molti conversos portoghesi di seconda e terza generazione scelse di vivere nell’Europa cristiana piuttosto che nei territori musulmani, e di accettare di vivere come cripto- ebrei invece di tornare a professare la fede ebraica apertamente: molti di loro non erano ricchi e solo una parte tornò apertamente all’ebraismo. Molti cercarono di scappare all’attenzione dell’inquisizione lasciando il Portogallo, ma anche aspirarono a mantenere i loro redditizi contatti commerciali con Lisbona. In effetti, il potenziale impatto del boicottaggio di Ancona da parte dei mercanti ebrei era dovuto al fatto che il Sud dell’Italia formava una parte della rete commerciale dei mercanti e banchieri conversos nel corso del secolo XVI. Questa rete, che univa i mercanti ebrei nelle terre ottomane ai mercanti ebrei e conversos nel Nord Italia, Fiandre, e Lisbona, era elemento emblematico delle relazioni ambivalenti che ci conversos portoghesi detenevano con il Portogallo.
[1] J. Ray, After expulsion, cit. p.6
[2] Il nome Maghreb proviene dall’arabo al-Magrib, che significa “il dormiente” o “l’occidente”, a causa della posizione occidentale di questa regione in rapporto al centro del califfato islamico. La regione è situata nell’Africa del Nord. Nel 1553 la regione passa sotto la protezione ottomana.
[3] J. Ray, After expulsion, cit.
[4] Alla fine del XIII secolo la tollerante dinastia di Banu Marin divenne padrona di Fez, e il Sultano Abu Yusuf ebbe l’ambizione di costruire la città regale di Fez. In un’area fortificata fece costruire un Palazzo, molte moschee, giardini, mercati e un presidio per le guardie del Re. Verso il Sud del luogo c’era un terreno paludoso conosciuto come Mellah o luogo salato, dove un certo numero di arcieri siriani avevano le loro caserme. Mellah prese il significato di quartiere ebraico, e in seguito, ogni nuovo quartiere ebraico costruito in Marocco si chiamerà con questo nome.
Verso la metà del secolo XV il potere dei Banu Marin su sostituito dalla dinastia chiamata dei Banu Wattas, che controllavano la maggior parte del Paese. Anche in Fez divenne lottò per prendere il controllo. In mezzo a tali correnti violente si trovarono gli ebrei Fassi, il cui numero era cresciuto ma la cui lealtà era messa in discussione. Quando nel 1437 fu scoperta la tomba del santo fondatore di Fez, il sultano Idris II, il suolo della città fu dichiarato santo e gli ebrei furono obbligati a lasciare la città . Nel 1438 gli ebrei furono uccisi brutalmente, altri obbligati ad accettare la religione musulmana. Questo a causa del fatto che fu trovata una bottiglia di vino in una Moschea e furono accusati gli ebrei. Allora andarono a vivere nella zona chiamata Melah, che divenne ebraica.
Susan Gilson Miller, Attilio Petruccioli, Mauro Bertagnin, Inscribing Minority Space in the Islamic City: The Jewish Quarter of Fez (1438-1912), «Journal of the Society of Architectural Historians», vol.60, 3 (Settembre 2001),pp.310-327.
http://www.jstor.org/stable/991758 (consultato il 17/12/2015
[5] Tlemcen è situata a nord ovest dell’Algeria, vicino alla frontiera con il Marocco ed è l’antica capitale del Maghreb centrale. Nel 1516 il sovrano zianida Abou Abdallah Mohamed II muore senza successori generando così una guerra di successione. Suo zio, Abou Hammou Moussa III diventa sovrano e si allea con gli spagnoli, cosa che provoca l’ostilità della popolazione che chiama in suo aiuto Arudj Barberousse che fa tornare Abou Zelane sul trono. Abou Hammou Moussa fugge e domanda asilo agli spagnoli, che si trovavano a orano. Viene attaccata Themcen da parte del comandade Martin d’Argote, che si serve di un contingente di musulmani. Per breve tempo la città diviene spagnola ma passa sotto dominio ottomano nel 1553.
[6] Dhimmi (letteralmente “persona protetta), si riferisce a persone che vivono in terre musulmane e a cui è garantito uno status special secondo la legge islamica, in cambio del pagamento di tasse.
[7] Abraham Gavison, Rabbino e medico, appartenente alla seconda generazione degli espulsi. Visse e morì a Themcen (1578), ma passò molto tempo in Algeria. Il padre Yacob, medico e Rabbino, era originario di Granada, che aveva lasciato nel 1492 per stabilirsi a Tlemcen; il figlio di Abraham, Yacob, pubblicò la parte poetica del libro e vi aggiunse delle poesie; uno dei suoi discendenti poi pubblicò Omer ha-Shkhechà nel 1748 a Livorno. Cfr. Haim Z. Hirschberg, A History of the Jews in North Africa, Leiden, Brill 1974, p. 12.
[8] Mislè 22.
[9] Abraham ben Yacob Gavison, Sefer Omer ha-Shikhechà:…Sefer Mishlè Be’Divrè ha-Kadmonim Be’Pirushim, Livorno, tipografia Meldola 1748, p. 29b. Pdf. http://www.hebrewbooks.org/6238, p. 64. Nella traduzione inglese: «Tlemcen was captured by the idolaters in the year 5202 (1542) … and about 1,500 Jews were killed or taken prisoner. Some Jews went to Fez to ask the local community to ransom the captives, but they could not redeem all of them because of their great number and of prices that were higher than they were worth. Some of the people had fled prior to being taken, hoping to get away, and were subsequently caught because the inhabitants of the place to which they had fled betrayed them to the idolaters… Some had not fled, but indolently stayed where they were until they were captured. When they arrived Rabbi Judah Uziel ruled that those who had fled and thus done what they could-young fold, children and old people -should be redeemed first»
Il riferimento a una delle invasioni di Tlemcen si trova in un responsum di Simon Duran: «The enemy invaded Tlemcen and all the Kethuboth were lost, and when house of the community who remained had settled down again […] ». Simon b. Zemah Duran, responsa iv/1, n. 16 (7b).
Per quanto riguarda la tipografia Meldola, particolare che sembra interessante, Cfr. David Werner Amram, The makers of Hebrew books in Italy; being chapters in the history of the Hebrew printing press, London, Holland Press, 1963, pp. 398-402. https://ia800206.us.archive.org/18/items/cu31924029498213/cu31924029498213.pdf; e Alfredo Toaff, Cenni storici sulla comunità̀ ebraica e sulla sinagoga di Livorno, Roma, «La Rassegna Mensile di Israel» 9, (1955), p 40.
[10] Daviken Studnicki-Gizbert, La naciòn among the nations: Portuguese and other maritime trading diasporas in the Atlantic, sixteenth to eighteenth centuries. In Richard L. Kagan, Philip Morgan, Atlantic diasporas, cit., p.75-98.
[11] Thomas Benjamin, The atlantic world: europeans, afrcans, indians and their shared history: 1400-1900, Cambridge University Press, New York 2009.
[12] Cfr: David Abulafia, Ferdinand the Catholic and the Kingdom of Naples, in Italy and the European Powers: The impact of War, 1500-1530, Christine Shaw (Ed.), Leiden, Brill 2006, pp.129-58; Miguel Angel Motis Dolader, Diaspora de los judios del reino de Aragon en Italia, in XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, vol. 4, Sassari, Delfino 1993. Cfr. anche Minna Rozen, Strangers in a Strange Land: the extraterritorial status of the jews in Italy and the Ottoman Empire in the Sixteenth to the Eighteenth Centuries; in Ottoman and Turkish Jewry: Community and Leadership, Aron Rodrigue (Ed.), Bloomington, Indiana University 1992, pp. 123-166, e 126.
[13] Stefano Infessura, Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, Roma, Forzani e.c. 1890. Infessura nacque a Roma verso il 1440, ed è cronista romano. Nel 1467 fu nominato da Paolo II giudice delle provincie di Campagna e Marittima. Era lettore in diritto civile nello Studium Urbis. Il suo diario della città di Roma , per la seconda metà del quattrocento romano è la più importante fonte narrativa scritta nella prospettiva della Roma dei Romani. Copre un periodo che va dal 1294 al 1494, si basa sulla tradizione orale romana.
[14] Itzchak ben Immanuel mi-Lattes, rav e dayan a Ferrara nel secolo XVI, nacque in Provenza. Suo padre Bonet de Lattes, aveva lasciato Aix-en-Provence per l’Italia prima del 1490, probabilmente a causa del degrado della situazione degli ebrei in Provenza dopo gli attacchi ad Arles nel 1494. Itzchak, chiamato ha-chakham ha-Provenzali, fu anche medico del Papa nel 1543; partecipò a diverse discussioni nel periodo in cui visse, e alcune di esse furono stampate nel libro She’elot we-Teshuvot di rav Itzchak miLattes; si occupò inoltre della stampa di libri ebraici. Nel 1567 fu l’insegnante del figlio di don Itzchak Abravanel a Ferrara. Sugli ebrei di origine francse a Roma, vedere i Responsa sulla comunità ebraica a Roma dopo il 1527, dove gli ebrei di origine provenzale erano stati assorbiti dalle congregazioni sefardite. Cfr. Schwarzfursch, Controversie nella Comunità di Roma agli inizi del secolo XVI, in Scritti in memoria di Enzo Sereni, Daniele Carpi, Attilio Milano e Umberto Nahon (a cura di), Gerusalemme, 1970, pp. 95-100.
Cfr. Isaac ben Immanuel de Lattes, She’elot we-Teshuvot, Max Herman Friedländer (Ed.), Vienna, I. Knöpflmacher 1860. Reperibile on-line: http://www.hebrewbooks.org/1170.
[15] J. Ray, After expulsion. Cit., p. 84
[16] J. Israel, European Jewry, cit. p. 72, 196.
[17] La bolla papale che stabiliva il Santo Offizio nel regno del Portogallo fu pubblicata a Evora, dove il re portoghese, Giovanni III (1521-1557) risiedeva, nel 1536.
[18] Doña Gracia Nasi (c. 1510–1569) nacque in Portogallo in una famiglia convertita con la forza. Probabilmente i suoi avevano lasciato la Spagna nel 1492, per poi divenire nel 1497 la famiglia “de Luna”, un cognome cristiano, la cui figlia fu chiamata Beatrice. Nel 1528 Beatrice sposò Francisco Mendes Benveniste, un mercante converso di Lisbona, che aveva fatto fortuna nel commercio nelle Indie Orientali. Francisco morì nel 1535, lasciando la responsabilità dell’amministrazione della sua fortuna a sua moglie e a suo fratello e socio in affari Diogo, un mercante che viveva ad Anversa e che dal 1525 era divenuta una figura importante nel commercio delle spezie. Nel 1536 fu istituita l’Inquisizione in Portogallo e le famiglie Nasi e Mendes, che avevano mantenuto l’osservanza secreta dei precetti ebraici, si resero conto che avrebbero potuto essere arrestati e i beni confiscati. Beatrice lasciò dunque Lisbona con Diogo Mendes e si recò ad Anversa, sotto dominio spagnolo, dove aveva giurisdizione l’Inquisizione. Diogo fu arrestato nel 1532 e rilasciato solo dopo l’intervento del Re del Portogallo Giovanni III. I membri delle due famiglie cercarono dunque di trasferire la propria fortuna in luoghi più sicuri. Accuse di osservare in segreto l’ebraismo furono ben presto mosse contro Francisco Mendes, con lo scopo sicuramente di impadronirsi della sua enorme fortuna. Dopo aver pagato una grande somma di denaro all’Imperatore Carlo V, Beatrice fuggì a Venezia nel 1544 con la famiglia. Carlo V accusò quindi Beatrice e sua sorella di apostasia e pose l’embargo delle proprietà che avevano lasciato a Anversa. Il nipote di Beatrice, João Micas (conosciuto poi con il nome di Yosef ha-Nasì), iniziò delle lunghe negoziazioni per arrivare a una soluzione e riuscì a recuperare una parte delle proprietà, per poi partire per Venezia, dove arrivò nel 1546. A Venezia Beatrice e la famiglia continuarono a mantenere esteriormente la fede cattolica e a praticare l’ebraismo in segreto. Da Venezia la donna si trasferì poi a Ferrara, dove Ercole II desiderava che la famiglia trasferisse i suoi affari. A Ferrara i membri familiari vissero apertamente come ebrei per la prima volta. Beatrice si occupò nella città della stampa dei libri ebraici (l’opera più famosa, la Bibbia di Ferrara del 1553, in giudeo spagnolo, tradotta dall’ebraico fu scritta da Abraham Usque e Yom Tov ben Levi Athias e ne furono stampate due versioni). Nello stesso anno Samuel Usque pubblicò la sua opera in portoghese, Consolaçam as tribulaçoens de Ysrael, dedicato a Doña Gracia, anima della “nazione portoghese”. Presumibilmente Grazia Nasi usò i suoi contatti in Portogallo e Nord Europa per raccogliere informazioni e fornire fondi a chi ne aveva bisogno per fuggire verso terre più ospitali. Qualche tempo dopo Grazia tornò a Venezia per rendere visita a un emissario Turco. I tempi della Controriforma si rivelarono subito ostili e nel 1552 Doña Gracia e i membri familiari partirono per Costantinopoli, dove erano stati trasferiti parte dei capitali. Gracia Nasi, nella città assunse presto il ruolo di leadership fra la popolazione sefardita del mondo ottomano: aiutava gli esuli spagnoli, forniva capitali per il riscatto di ebrei e supportava Yeshivot e ospedali. Uno dei suoi interventi in favore degli ebrei fu il boicottaggio del porto di Ancona nel 1556. Nella città il Papa aveva garantito la protezione agli ebrei spagnoli per incoraggiare il commercio fra Ancona e l’impero Ottomano e anche degli agenti di Grazia Nasi erano attivi nel territorio. Nel 1555 la storia cambiò: Paolo IV iniziò un processo inquisitoriale contro quegli ebrei che erano stati conversos e la comunità intera degli ebrei portoghesi a Ancona fu arrestata. Grazia riuscì a convincere il Sultano ad intervenire diplomaticamente: fu inviata una lettera con la richiesta del rilascio degli ebrei arrestati, dal momento che erano sotto la protezione turca. Il Papa accettò però solo di restituire le proprietà confiscate. Alcuni prigionieri fuggirono, ma più di 50 furono processati. Fra la primavera e l’estate del 1556, 24 ebrei furono bruciati, fra cui Yacob Mosso, un agente di Grazia ad Ancona. Come protesta alcuni mercanti che erano fuggiti a Pesaro, pensarono di deviare il commercio ebraico da Ancona verso Pesaro. Grazia Nasi e suo nipote Yosef fecero pressioni perché i mercanti ebrei dell’Impero ottomano boicottassero il porto di Ancona e cercarono il supporto dei Rabbini. I rischi di tale impresa erano difficili, i rabbini e le comunità non riuscirono a trovare un accordo e il boicottaggio fallì. Cfr. Libby Garshowitz, Gracia Mendes: Power, Influence and Intrigue, in Jennifer Carpenter and Sally Beth MacLean (Ed.) Power of the Weak: Studies on Medieval Women, Urbana, 1995, University of Illinois Press, pp. 94-125; e anche Herman Prins Salomon, Aron di Leone Leoni, Mendes, Benveniste, De Luna, Micas, Nasci: The State of the Art (1532–1558), «Jewish Quarterly Review» 88 (1998), pp: 135–211.
[19] Cfr. Gérard Nahon, From New Christians to the Portuguese Jewish Nation in France, in Moreshet Sepharard: The Sephardi Legacy, Haim Beinart (Ed.), Jerusalem, Magnes Press, 1992, pp. 336– 337.
[20] Gérard Nahon, Litteratures des Nations Portugaises de l’Ancienne France, in: Studi sul mondo sefardita in memoria di Aron Leoni Firenze, Pier Cesare Ioly Zorattini, Michele Luzzati, Michele Sarfatti (a cura di), Firenze, Leo S. Olschki, pp. 127-150, p. 128.