בנו והוא רבו מהו?
Qiddushin 33b: Si è posto loro (ai Chakhamim) il problema seguente: Se suo figlio è il suo maestro, deve alzarsi in piedi davanti a suo padre? R. Vieni e ascolta quello che disse Shemuel a R. Yehudah: “Genio che sei, alzati dinanzi a tuo padre”. O. Il caso di Rav Yechezqel (padre e discepolo di Rav Yehudah) è diverso, perché era un benefattore, al punto che lo stesso Shemuel si alzava davanti a lui. D.
E allora che cosa ha voluto dire (Shemuel) a lui (R. Yehudah)? R. Così ha voluto dirgli: Quando capita che (tuo padre) sopraggiunga dietro di me, alzati davanti a lui e non ti preoccupare del mio onore (cioè: del fatto che io, non essendomi accorto di lui, non mi sia alzato a mia volta davanti a lui). – Si è posto loro (ai Chakhamim) il problema seguente: Se suo figlio è il suo maestro, suo padre deve alzarsi davanti a lui? R. Vieni e ascolta quello che ha detto R. Yehoshua’ ben Levì: “Io non sono tenuto ad alzarmi in piedi davanti a mio figlio (perché sono più sapiente di lui), se non fosse per l’onore del casato del Patriarca (di cui ha sposato la figlia). O. La ragione (per cui io non mi alzerei davanti a mio figlio) è perché io sono il suo maestro, ma se fosse lui il mio maestro mi alzerei davanti a lui! R.: Così ha voluto dire: Io non sono tenuto ad alzarmi davanti a mio figlio neanche se fosse il mio maestro, perché io sono suo padre, se non fosse per l’onore del casato del Patriarca (di cui ha sposato la figlia).
Chazon Ish ad loc. (Even ha-‘Ezer 148): Dal linguaggio della Ghemarà si comprende che il dubbio riguarda solo il caso in cui il figlio è proprio il maestro del genitore. E’ invece ovvio che qualsiasi studioso di Torah è tenuto ad alzarsi davanti ai propri genitori.
Commento: La Ghemarà riporta due domande. Per entrambe reca una prova da un detto o un fatto di Chakhamim (“Vieni e ascolta…”) dal quale si evincerebbe la risposta, senonché subito dopo la risposta viene ridotta ad un caso eccezionale (“il caso… è diverso, perché è un benefattore”, “se non fosse per l’onore del casato del Patriarca”) e dunque subisce una limitazione, per cui una risposta valida in generale non viene raggiunta. I Posseqim si dividono. Alcuni si basano sulla risposta data per codificarla in generale senza tener conto del caso particolare (R. Chananel, Maimonide, Meirì), mentre altri ritengono il problema non risolto e adottano per il dubbio una soluzione di rigore (Rosh). Alla base della discussione c’è, secondo alcuni, un problema metodologico: si può portare dal Talmud Yerushalmi una prova nel caso che il Babilonese ci lasci nel dubbio?
Maimonide, Hil. Mamrim 6,4: Anche se il padre è discepolo di suo figlio non è tenuto ad alzarsi davanti a suo figlio, mentre il figlio è comunque tenuto ad alzarsi davanti a suo padre sebbene questi sia suo discepolo.
R. Nissim da Gerona (Ran): Benché il problema non sia stato risolto nella nostra Ghemarà, Maimonide evince la soluzione da quanto è riportato nello Yerushalmi: La madre di R. Tarfon aveva perso una scarpa nel cortile e il figlio le mise le proprie mani sotto le piante dei suoi piedi finché raggiunse il suo letto per evitare che essa le sporcasse a contatto con il terreno. La madre si lamentò con i Chakhamim, dicendo che il figlio esagerava nell’onorarla. Quando raccontò l’episodio i Chakhamim le risposero che in realtà benché possa averlo fatto mille volte egli non raggiungeva il kavòd prescritto nella Torah. Se R. Tarfon in quanto maestro non avesse avuto l’obbligo di alzarsi davanti al proprio genitore sua madre non sarebbe stata autorizzata a ricevere tutto questo da suo figlio. Pertanto Maimonide mette da parte il dubbio della nostra Ghemarà e stabilisce la Halakhah secondo lo Yerushalmi.
R. Yossef Caro, Kesef Mishneh al Maimonide, Bet Yossef al Tur: Mi sembra strano il commento del Ran, perché anche nella nostra Ghemarà si riporta precedentemente il caso di R. Tarfon: tutte le volte che la madre voleva salire o scendere dal letto il figlio si prestava a farle da sgabello e i Chakhamim hanno commentato: “non sei ancora arrivato a darle metà del kavod che le spetta”. E allora perché non utilizza questo esempio per risolvere il nostro problema e qui dice invece: “Si è posto loro (ai Chakhamim) il problema seguente”? Forse la nostra Ghemarà riporta l’esempio di R. Tarfon in un altro contesto per dirci che esso non è halakhicamente rilevante per codificare un obbligo del figlio, ma solo un diritto del genitore: che cioè se il figlio-maestro desidera comportarsi come R. Tarfon il genitore lo può accettare. Maimonide peraltro non lascia da parte la soluzione dello Yerushalmi a fronte del dubbio nella Ghemarà nostra.
R. Asher (Rosh) a Qiddushin 33b: Le due domande poste dalla ghemarà (se il figlio deve inchinarsi al padre, se il padre deve inchinarsi al figlio) non sono state risolte e si tratta di un dubbio relativo ad una Mitzwah della Torah, per cui si procede secondo rigore. Pertanto ognuno dei due si alzi davanti all’altro. Si racconta di R. Meir da Rothenburg che a partire dal giorno in cui divenne un importante Rabbino non si recò mai da suo padre, né volle che suo padre venisse da lui.
Bayit Chadash (Bach) al Tur: è possibile che il Ran non prenda in considerazione il fatto che l’esempio di R. Tarfon è citato più sopra anche nella nostra Ghemarà perché esso come viene riportato qui riferisce solo di un comportamento privato, mentre ciò che fa la differenza è se il comportamento è pubblico. Se infatti è vero che sia il genitore che il maestro possono rinunciare al proprio kavod, e quindi nel nostro caso non pretendere che l’altro si alzi, è pur vero che in pubblico occorre preoccuparsi della dignità della Torah e della dignità dei genitori e richiedere quindi che entrambi si alzino. La versione della storia di R. Tarfon nello Yerushalmi si riferisce infatti ad un comportamento pubblico (la madre aveva perso una scarpa nel cortile, dove tutti vedevano).
Shulchan ‘Arukh, Yoreh De’ah 240, 7: Il figlio deve alzarsi davanti al proprio genitore e se il genitore è discepolo del figlio ciascuno dei due deve alzarsi davanti all’altro.
Remà ad loc.: Se però il figlio vuole rinunciare al proprio kavod e servire il padre lo può fare (come R. Tarfon), ma solo in privato, ovvero anche in pubblico a condizione che entrambi siano conosciuti in città. Ma se il figlio è grande nella Torah e il padre non è conosciuto in città occorre preoccuparsi della dignità della Torah qualora il figlio-maestro si umili davanti al padre. In tal caso occorre distanziarli affinché nessuno dei due debba rinunciare al proprio kavod nei confronti dell’altro.
R. David Ben Zimra (Ridbaz) al Maimonide: Io dico che Maimonide si riferisce solo al caso in cui il figlio è semplicemente maestro di suo padre senza essere un grande studioso di Torah, ma se invece il figlio è uno studioso di Torah che tutti quanti onorano per la sua sapienza anche suo padre è tenuto ad alzarsi davanti a lui.
R. Menachem ‘Azaryah da Fano, Resp. n. 71: E’ ovvio che si deve stabilire la Halakhah come il Maimonide e non come il Rosh, perché la Ghemarà riporta un fatto (ma’asseh rav) riguardante Shemuel e R. Yehudah e non ci si deve basare sulla successiva limitazione. E’ peraltro logico che ciò è valido esclusivamente nel caso in cui entrambi sono studiosi di Torah, ma il figlio eccelle sul padre. Se invece solo il figlio è studioso di Torah anche il padre è tenuto ad onorarlo e pertanto si comprendono le parole del Rosh.