La vita di Sara fu di cento anni, venti anni e sette anni: questi furono gli anni della vita di Sara (Genesi 23:1).
Il commentatore Rabbì Shelomò Yztchaqy (Rashy 1040-1105) spiega che i 127 anni della vita di Sara erano tutti egualmente buoni: a 100 anni era come se ne avesse venti riguardo il peccato (il Talmud insegna che fino a venti anni Dio non punisce per le colpe) e a venti anni. per bellezza, era come se ne avesse sette. Ma cosa vuol dire Rashy quando spiega che gli anni di Sara erano “egualmente buoni”?
Su questo concetto si espresse una volta Rav Yosef Chaim Zonnenfeld (1848-1932), cofondatore dell’Edàh Charedì di Gerusalemme, il quale di disse di aver provato grande invidia nei riguardi di Rabbì Aryeh Leib Gunzberg (1695-1785).
Rabbì Aryèh, fu un grande talmudista lituano e rabbino di Metz fino alla morte, noto per i suoi responsa, uno dei quali intitolato “Shaagat Aryeh” (letteralmente “il ruggito del leone”), gli valse come appellativo.
Rav Yosef Chaim Zonnenfeld disse che una volta gli fu raccontato degli ultimi giorni di vita di Rabbì Aryeh. Tutta la città pregava per la sua salute e quando si sparse la notizia che stava in procinto di morire, moltissime persone si radunarono presso la sua casa e furono testimoni di un fatto eccezionale.
Rabbì Aryeh, nonostante fosse nel suo letto agonizzante, prese un trattato talmudico e dopo aver letto alcune pagine, si fece passare dal suo servitore altri trattati. Rabbì Aryeh sfogliava e leggeva velocemente diverse pagine e al momento della richiesta del rav di un altro libro, uno dei presenti fece cenno al servitore di passargli il “Ma‘avar Yabbok” (lett. “il Guado di Yabbok”). Questo libro, opera di Aaron Berakhiah di Modena (rabbino italiano vissuto nel XVII secolo), comprende letture, norme e costumi relativi alla malattia, al letto di morte, alla sepoltura e ai riti funebri, ma anche preghiere di pentimento e di supplica da far recitare a colui che sta per morire.
Ricevuto il libro, Rabbì Aryeh lo ridiede al servitore, lo guardò in modo severo e gli disse perentoriamente: “non mi serve! In tutta la mia vita non ho mai avuto il tempo ne di fare trasgressioni ne di pensarle. In tutta la mia vita sono stato sempre occupato nel mio studio e nel mio insegnamento”.
Rav Yosef Chaim Zonnenfeld concluse il racconto dicendo: “io invidio questa capacità di morire con una confessione di questo tipo”. Questa è la qualità del giusto, i cui giorni della sua vita sono “egualmente buoni”. Occupato nello studio e nell’insegnamento della Torà e soprattutto a viverla, tanto da non avere tempo libero di fare o pensare ad alcuna trasgressione.
I maestri del Talmud insegnano che quando si studia Torà, l’istinto al male non ha potere su di noi. La nostra mente è piena di parole di Torà e la luce della Torà dirada e respinge l’oscurità. Questi sono gli anni della vita di Sara…questi sono gli anni della nostra vita, Shabbat Shalom!