La Parashah dell’ottavo giorno di Chanukkah (Zot Chanukkah) termina con i versetti in cui H. ordina ad Aharon di accendere la Menorah nel Mishkan (Berakhot 8, 1-4). “Perché – domanda Rashì (ad loc.) – il brano relativo alla Menorah è stato inserito nel testo subito dopo la descrizione dell’inaugurazione dell’altare (chanukkat ha-mizbeach) da parte dei capi tribù? Perché Aharon era rimasto deluso del fatto di non aver partecipato alle offerte insieme a questi ultimi, né lui né la sua tribù. Il S.B. gli disse allora: ‘Giuro che il tuo onore sarà più grande del loro, in quanto tu rinnoverai i lumi e li accenderai ogni giorno’“. Continua il Midrash Aggadah dicendo che i sacrifici avrebbero avuto un limite nel tempo, mentre la Mitzwah dell’accensione avrebbe goduto di una durevolezza maggiore. Tutti i commentatori si domandano a questo punto quale superiorità avrebbe potuto rappresentare per Aharon l’accensione della Menorah rispetto all’offerta dei sacrifici; una volta distrutto il Bet ha-Miqdash sarebbero infatti venuti meno sia l’una che gli altri. Si risponde che i Leviti “sarebbero stati i protagonisti di un’altra Chanukkah con accensione di lumi, compiuta a opera dei figli di Mattatyah ben Yochanan il Kohen Gadol Asmoneo” (cfr. Nachmanide ad v.).
Il libro Ma’adannè Shemuel a nome dell’Alshikh collega questa domanda a un’altra: perché il miracolo di Chanukkah ha riguardato proprio la Menorah e non altri arredi del Santuario? “Disse R. Simon: nel momento in cui il S.B. disse a Israel di realizzare il Mishkan fece un cenno agli angeli che facessero altrettanto e quando fu eretto il Mishkan in basso, sulla terra, ne fu eretto uno corrispondente in alto” (Chaghigah 12b nella versione di R. Bachyè a Shemot 40, 17). Da varie fonti bibliche i Maestri deducono che è esistita un’opera del Mishkan celeste parallela a quella del Mishkan di Moshe: per ciascuno degli arredi del Mishkan terreno ne veniva prodotto uno equivalente in Cielo. In che modo? “Betzal’el (l’artefice del Mishkan e dei suoi arredi) sapeva unire fra loro le lettere con cui erano stati creati il cielo e la terra” (Berakhot 55a; cfr. Maharshà a 33a). Spiega il Ben Ish Chay (P. Wayaqhel, 2° anno, Introd,, commentando Shemot 36, 7) che “con la sua profonda kawwanah Betzal’el riusciva a conferire a ogni azione materiale una luce spirituale” che le avrebbe garantito una dimensione di eternità. Se questo non fosse avvenuto, l’opera materiale sarebbe rimasta caduca e sostanzialmente vuota, destinata a deperire e a finire nel tempo. Gli arredi del Mishkan saranno invece ritrovati intatti con la ricostruzione del Terzo Tempio alla venuta del Mashiach (Yomà 72a).
C’è peraltro una differenza rilevante fra la Menorah e tutti gli altri arredi. Il Midrash racconta che Moshe ebbe serie difficoltà nel realizzare il candelabro; in un primo momento il S.B. glielo mostrò dal cielo, ma neanche questo fu sufficiente, finché “il S.B. gli disse: getta l’oro nel fuoco ed esso si farà da sé” (Shemot 25, 38; Bemidbar 8, 4; Rashì). Mentre gli altri arredi ebbero origine sulla terra e la loro dimensione celeste era solo una conseguenza, la Menorah fu prodotta in cielo e poi portata sulla terra. Il risultato è che una volta distrutto il Tempio gli altri arredi non sarebbero più stati disponibili (almeno fino all’età messianica), perché la loro dimensione celeste non era di per sé sufficiente a farli rivivere in una mutata contingenza storica, mentre la Menorah ebbe un destino diverso: il miracolo di Chanukkah testimonia la sua origine soprannaturale. L’accensione che abbiamo trasferito ed esteso dal Bet ha-Miqdash e che ora compiamo in tutte le nostre case attesta la capacità di resilienza di questa Mitzwah in congruo anticipo rispetto alla redenzione finale. La Menorah è opera di D. e pertanto la sua luce non si spegne mai.
I nostri Maestri affermano che la luce della Menorah è la luce della Torah (Mishlè 6, 23; Bavà Batrà 25b). C’era però nel Mishkan un altro arredo che alla Torah si richiamava direttamente: l’Aron che custodiva le Tavole della Legge (luchot ha-berit). Mentre l’Aron rappresentava la Torah Scritta, la Menorah simboleggia la Torah Orale. Qual è la differenza? La Torah Scritta “non è più in cielo” (Devarim 30, 12), ci è stata consegnata una volta per tutte sul Monte Sinai. La Torah Orale è invece protagonista di una rivelazione continua, permanente. Ogni volta che i Maestri pervengono a una Halakhah o a un Midrash attraverso l’interpretazione di testi attualizzano nuovamente questa rivelazione. La festa di Chanukkah è essa stessa un’istituzione rabbinica, una applicazione della Legge Orale. Allora, come in altri momenti della nostra storia, la Torah Orale ha trovato opposizione non solo da parte dei non ebrei, ma anche di molti correligionari: la cosa non ci ha tuttavia mai spaventato.
Quando recitiamo lo Shemoneh ’Esreh rivolgiamo a D. una lunga serie di richieste. La prima di esse è quella del discernimento, base di tutte le altre: che possiamo sempre mantenere la forza e la capacità di studiare. All’inizio della Berakhah dedicata a questo tema, peraltro, adoperiamo un’espressione introduttiva che non si riproporrà più successivamente, Attah chonen le-adam da’at: “Tu sei colui che fornisci all’uomo l’intelletto”. Per nessun’altra richiesta, che sia la guarigione dalle malattie, la salvezza dai nemici, la prosperità economica e finanche la redenzione, dichiariamo apertamente che D. ne è la fonte, fuorché l’intelligenza. Se per elargirci gli altri benefici D. può ricorrere ad intermediari e a strumenti indiretti, la capacità intellettuale alla base della nostra attitudine ad applicarci ai Testi e a derivarne norme di comportamento è un Suo dono personale e a Lui dobbiamo renderne grazie.
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